La carica dei 143. Nel film di Nanni Moretti tra poco in arrivo nelle sale, Habemus Papam, il pontefice neo-eletto cade vittima della depressione – una malattia professionale che si manifesta già dal primo giorno di lavoro – e uno psicologo viene chiamato dai cardinali a leggere la mente (se non l’anima) del papa di Roma. Nella Chiesa reale, invece, papa Benedetto XVI sembra godere molto dell’esercizio del suo ministero: ad aver bisogno di un sostegno sono invece i teologi che vedono il “papa teologo”, Joseph Ratzinger, emarginare dalla vita ecclesiale il ruolo della teologia dei teologi.
Questo e molto altro c’è nell’appello lanciato dai teologi cattolici tedeschi all’inizio di febbraio, intitolato Chiesa 2011: una svolta necessaria (http://www.memorandum-freiheit.de, con traduzioni in varie lingue). Firmato da tutti i grandi nomi della teologia universitaria (tra cui Peter Hünermann, Hans Küng, Dietmar Mieth, Jürgen Werbick), l’appello affronta le questioni-chiave che dalla fine del concilio Vaticano II sono ancora irrisolte: 1) la creazione di strutture di partecipazione di tutti i fedeli alla vita ecclesiale; 2) la ridefinizione delle strutture ecclesiastiche in modo che esse siano a misura d’uomo; 3) un maggiore rispetto della cultura dei diritti e del diritto all’interno della Chiesa; 4) il rispetto della libertà di coscienza dei fedeli (specie circa le decisioni in materia di unioni omosessuali); 5) la creazione di un clima di riconciliazione nella Chiesa (in particolare per i divorziati risposati); 6) per una liturgia che non sia tradizionalismo.
Firmato all’inizio da 143 teologi, l’appello è circolato velocemente dalla Germania alla Svizzera e all’Austria, e poi ad altri Paesi europei e quindi oltreoceano, raccogliendo alcune centinaia di adesioni (tra cui quella di Giuseppe Ruggieri in Italia e di Jon Sobrino in El Salvador). La prima risposta dei vescovi tedeschi tramite il loro portavoce è stata misurata, quasi accogliente rispetto all’appello, salvo poi moderare gli “entusiasmi” nei giorni successivi. La risposta di Roma è stata un prevedibile silenzio, se si eccettua un articolo dell’ormai pensionato (ma ancora attivo teologo) cardinale Walter Kasper, il quale ha preso atto dell’appello, ma ha anche indicato ai colleghi che la crisi della Chiesa non si deve alla mancata risposta a queste questioni strutturali, ma a una più generale “crisi della fede”.
La dichiarazione del 2011 non è un precedente assoluto, se si ricorda la Dichiarazione di Colonia per una cattolicità aperta del 1989, in reazione a una nomina episcopale, quella del cardinale Meisner alla diocesi di Colonia, voluta da un Giovanni Paolo II non meno combattivo di Benedetto XVI di fronte alla teologia “progressista” tedesca. A essere senza precedenti è invece la crisi della Chiesa cattolica tedesca, alle prese con le ricadute dello scandalo degli abusi sessuali commessi dal clero in Germania. In una Chiesa che vive della celebre “tassa ecclesiastica”, finora pochi cattolici si dimettevano dal cattolicesimo per motivi fiscali (cioè per pagare meno tasse). Ma nel corso dell’ultimo anno, cioè dalla crisi degli scandali degli abusi sessuali in poi, in Germania il numero degli abbandoni è salito in modo esponenziale.
Tutto questo prepara un periodo difficile nei rapporti tra la Chiesa tedesca e il papa tedesco, alla vigilia del viaggio pastorale di Benedetto XVI a Berlino nel settembre prossimo, quando il papa terrà un discorso al Bundestag. La teologia cattolica tedesca delle università vede Joseph Ratzinger come un rifugiato a Roma, esule in senso non solo geografico ma anche culturale da quella teologia d’Oltralpe che fece buona parte del concilio Vaticano II. La posizione dei teologi tedeschi rappresenta il primo vero tentativo di porre la crisi della Chiesa cattolica (tedesca e non solo) su un livello diverso da quello puramente legale o di pubbliche relazioni in difesa dallo scandalo degli abusi sessuali. Da Roma si ribatte che il problema dell’esercizio dell’autorità nella Chiesa rimane un problema molto più sentito nelle vecchie e semivuote Chiese cattoliche dell’Occidente che nelle giovani e vivaci Chiese del nuovo universo cattolico. Ma è la sola questione su cui il Vaticano di oggi ha il coraggio di estraniarsi dalle sue radici occidentali.
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