Un punto di osservazione inconsueto. La carta d’Europa che tutti noi italiani abbiamo nella mente è quella appesa nelle aule scolastiche, invariabilmente centrata sul Mediterraneo, in un punto tra la penisola italica e quella ellenica: l’Occidente sta a sinistra e l’Oriente a destra, mentre le Alpi fanno da cerniera tra Nord e Sud.
Sono reduce da una conferenza a Bergen, dove il ministro degli Affari esteri norvegese, per spiegare le linee della politica estera del suo Paese, ha proiettato una carta con al centro il polo Nord. Il mondo, e l’Europa, visti da quel punto di osservazione sono diversi, per noi è un punto di osservazione inconsueto, quasi bizzarro, per i norvegesi è “naturale”. Al centro c’è l’Artico, un mare, anzi un oceano, fatto di una immensa distesa di ghiaccio (che sembra peraltro in via di graduale scioglimento) sul quale si affacciano la Groenlandia (territorio oltremare assegnato alla Danimarca), l’Islanda, il Canada, gli Usa, la Russia (la Svezia e la Finlandia, non si affacciano sull’Artico). Per la Norvegia (meno di cinque milioni di abitanti) il vicino “artico” più prossimo è niente meno che la Russia, con la quale c’è un confine lungo circa 200 chilometri e un confine di mare ancor più importante. Ma anche la Cina è una parte interessata e, infatti, complice anche lo scioglimento della calotta, quest’estate un rompighiaccio cinese ha aperto una rotta polare che potenzialmente in futuro potrebbe collegare la Siberia con l’Islanda e la Groenlandia.
Non sorprende che l’Arctic council, un organismo internazionale, sia per la Norvegia di cruciale importanza. Non tanto militare e strategica. Da questo punto di vista, per la piccola Norvegia l’alleanza atlantica è irrinunciabile. L’Artico è importante sul piano economico. Sembra che sotto i ghiacci si estendano i giacimenti di gas e di petrolio che negli ultimi quarant’anni hanno fatto ricca la Norvegia. Poi il mare di Berens è molto pescoso e la pesca per i norvegesi è da sempre (cioè da più di un millennio) l’attività prevalente, visto che il territorio non si presta favorevole all’agricoltura.
La questione delle acque territoriali e, soprattutto, delle risorse che stanno sotto i ghiacci, diventa cruciale. Non c’è Paese che guardi con più preoccupazione ai cambiamenti climatici che impattano sui ghiacci, gli oceani e le loro correnti della Norvegia. E non c’è Paese che sia più interessato delle Norvegia a mantenere con la Russia rapporti ben lubrificati. È un Paese che ha tutto l’interesse a evitare un confronto duro, tanto meno armato.
L’Ue ha chiesto di essere ammessa come osservatore nell’Arctic council. Certo, per la Norvegia non è un partner irrilevante, anche perché quasi la totalità del gas norvegese è pompato verso i Paesi dell’Unione (e costituisce il 50% di tutte le esportazioni). Le riserve del Mare del nord hanno giocato un ruolo non indifferente nella decisione della Germania di abbandonare l’energia nucleare e di affidarsi alle energie alternative. Qualora non bastassero, oltre al carbone e alla Russia, c’è sempre la Norvegia.
Per quanto decisiva sul piano commerciale, l’Europa, vista dall’Artico, è comunque lontana e il Mediterraneo è un mare un po’ esotico dove passare le vacanze, un’alternativa ai Carabi e alle Maldive. Ho capito come mai una maggioranza (risicata) di norvegesi, quando è stata chiamata ad esprimersi sull’adesione all’Ue, abbia votato per il no. A parte il Sud, la regione intorno a Oslo, e alcune città maggiori, dove i “sì” hanno vinto, nel Nord e nei centri minori la stragrande maggioranza vede l’Europa come una terra lontana, dove inviare spedizioni, come hanno fatto i vichinghi, ma popolata da vicini (come svedesi e danesi) da guardare con qualche sospetto. L’Europa è la fonte della ricchezza nazionale e, se l’Europa dovesse crollare, anche la Norvegia ne soffrirebbe. I rapporti devono restare buoni: con l’Europa i norvegesi sono giocoforza costretti a condividere i rischi, basta che l’Europa non pretenda di condividere anche le loro ricchezze.
È da vedere se i fattori geopolitici che hanno condizionato la posizione della Norvegia potranno durare a lungo. Sui cambiamenti climatici, la piccola Norvegia, da sola, non può fare granché, ma su quelli non basta neppure che si muova l’Europa. Per il momento, tuttavia, i fattori geopolitici sembrano ancora decisivi.
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