Se Atene piange, l'Ue non ride. La Commissione Europea ha espresso parere favorevole al programma di risanamento presentato dal governo greco di George Papandreou, che prevede di riportare il deficit, attualmente al 12,7%, sotto il tetto del 3% nel 2012. Bruxelles sarà, però, pronta a sanzionare ogni ulteriore infrazione da parte di Atene, che sarà sottoposta a un monitoraggio costante e dovrà presentare resoconti dettagliati ogni tre mesi. Pur se formalmente è stata avviata la procedura di infrazione, la Grecia può dirsi ben soddisfatta per il trattamento ricevuto da parte di Bruxelles: non ci sono sanzioni immediate e alla Repubblica ellenica si consente di usufruire da subito dei Fondi strutturali per circa 16 miliardi di euro, ossigeno vitale per il rilancio dell’economia. È opportuno precisare che l’appoggio europeo non può essere semplicemente inteso come desiderio di salvare la terra dove “la democrazia è nata”, sentimento nobile che spinse i filelleni del XIX secolo (Byron, Santarosa e altri) a combattere per l’indipendenza greca nei primi decenni dell’Ottocento. Stavolta l’Europa aiuta Atene per ragioni molto più prosaiche, fondate sulla geopolitica: il salvataggio della Grecia è essenziale per il ruolo economico e politico che essa ricopre nei Balcani. Poiché il paese ellenico è il principale investitore in molti Stati della regione, il crollo finanziario di Atene avrebbe conseguenze disastrose in tale area, dove gli equilibri sono da sempre in bilico. La Ue, cosciente di quanto l’instabilità dei Balcani abbia inciso (negativamente) sulla storia europea, ha scelto di sostenere la nazione ellenica per evitare rischi peggiori.
A fronte della rinnovata fiducia di Bruxelles, Atene non può gettare via questa nuova apertura di credito. Prima di tutto, l’esecutivo del Pasok dovrà restituire al paese un livello di credibilità a livello internazionale. La diplomazia ellenica, guidata dallo stesso Papandreou che detiene l’interim degli Esteri, sta lavorando intensamente per rassicurare le cancellerie di tutto il mondo e i mercati internazionali. Dopo le promesse, l’esecutivo di Atene dovrà mostrare con i fatti che intende mantenere fede agli impegni presi. In tal senso, la priorità assoluta sarà la realizzazione immediata di un’agenzia nazionale indipendente di statistica, che non sia più soggetta al controllo del governo. La creazione di tale organismo è condizione necessaria per conferire attendibilità ai dati relativi alle finanze pubbliche troppe volte risultati non veritieri, talvolta per negligenza (leggasi errori tecnici di rilevazione) altre volte per dolo, allorché i numeri sono stati addirittura “camuffati”.
Il governo di Papandreou è di fronte a una sfida decisiva, destinata a segnare in modo indelebile la storia della Grecia contemporanea. Come ha dichiarato lo stesso premier ellenico, il paese è vittima di un sistema mal gestito, minato da clientelismo e corruzione, cause principali del dissesto delle finanze statali. Per evitare il peggio, la Repubblica ellenica dovrà fare di necessità virtù e cogliere l’occasione per compiere riforme drastiche del sistema fiscale, del pubblico impiego e della previdenza sociale. Per intervenire in tali settori, Papandreou dovrà godere di un sostegno molto ampio. Al riguardo, buone notizie giungono dal fronte della politica. Antonis Samaras, nuovo leader del partito di centrodestra, Nea Demokratia, si è detto disposto a supportare il governo nel suo piano di risanamento. Un’immediata conferma del clima collaborativo instauratosi è giunta con la rielezione al primo turno, con un’ampia maggioranza, di Karolos Papoulias come presidente della Repubblica. Questa intesa con Nea Demokratia è quanto mai necessaria per l’implementazione di quello che si presenta come un vero “piano di emergenza” per evitare la bancarotta. A tal fine, il leader del Pasok ha di fatto rivolto una “chiamata alle armi” ai suoi concittadini con un appello televisivo, chiedendo a tutti di collaborare nel nome dell’interesse nazionale. La nazione ellenica è giunta a un bivio e non può permettersi di imboccare il sentiero sbagliato. In caso di recidiva, Atene potrebbe addirittura vedersi commissariata dalla Ue e vedere limitata la sua sovranità. Sarebbe davvero una grave onta per un paese caratterizzato da un forte sentimento nazionalista. Da Papandreou ai vertici di Bruxelles, sono in molti a confidare nell’orgoglioso popolo ellenico per scongiurare un tale pericolo.
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