La Grecia in rivolta. Il sindaco di Zacinto, Stelios Bozikas, lo dice a chiare lettere: il sistema resta marcio. Perché non è ammissibile che vengano conferite pensioni di invalidità, ben 107 su 350 residenti complessivi, a un numero così elevato di cittadini (che proprio non vedenti del tutto non erano), così come è accaduto nell’incantevole isola ionica tanto cara a Ugo Foscolo. Uno, dieci, cento, mille esempi presi a campione dalla quotidianità ellenica, per raccontare una crisi che si muove in lungo e in largo per il Paese, non più sotterranea né silenziosa, bensì assordante e con riverberi sociali pericolosi. Una crisi che ne ha devastato le fasce più deboli e indifese, ne ha messo a nudo le criticità e gli sprechi, che sta destabilizzando un continente intero e che, è l’auspicio, potrebbe rappresentare proprio l’inizio di una rinascita europea (ma solo se anticamera di un cambiamento totale).
Settembre e ottobre 2012, in Grecia, fanno rima con scioperi. Numerosi, toccano tutte le categorie a cui si rivolge la terza misura imposta dalla Troika, con il sostegno del premier Samaras, per tagliare altri 11,5 miliardi di euro tra stipendi, pensioni, indennità e Welfare. Incrociano le braccia i docenti delle scuole superiori e delle università, insieme ai rettori, i medici ospedalieri (garantendo solo le emergenze da codice rosso), i trasporti della capitale e i farmacisti, che vantano crediti con l’erario per 70 milioni di euro. Tutti accomunati dal “no” a un’altra riduzione, che si concentra, per la terza volta in due anni, solo sul pubblico impiego, già oggetto di una decurtazione media del 20%. C’è poi l’esile comparto industriale che manifesta ulteriori criticità su più fronti, a causa di politiche mirate (tali solo sulla carta), praticamente dall’avvento del governo socialista di Andreas Papandreou, negli anni Ottanta, a oggi.
Si prenda il trasporto marittimo, vero fiore all’occhiello della Grecia, che trainava quasi il 20% degli incassi complessivi del Paese alla voce “turismo”: oggi si stima che a causa di gravi perdite potrebbero addirittura non essere rinnovate le flotte. Significativo è anche il dato circa la spesa per l’olio combustibile per navi convenzionali, che nel 2012 è stata pari a 500 milioni di euro, quando invece era di 480 milioni nel 2011 e di 380 nel 2010. Numerose, poi, sono le navi ritirate dal servizio, come dimostrano i numeri delle quattro grandi aziende greche Anek lines, Nel, Minoan e Attica. Si valuta che abbiano perso, nel loro fatturato del primo semestre del 2012, più di 55 milioni di euro, mentre le perdite totali sono stimate a 94 milioni. Nel suo report annuale, la società di navigazione Xrtc rileva che “la probabilità di un fallimento delle imprese è ancora forte, ed è anche a causa della mancanza di liquidità che si rischia di non adempiere agli obblighi di debito”. L’industria greca sconta decenni di mancati investimenti, che avrebbero potuto convogliare i prodotti disponibili sul territorio, forte di una predominanza agricola, all’interno di un circuito produttivo degno di questo nome. Invece si è preferito rafforzare in massa l’importazione.
Ancora sul versante occupazione, dall’inizio della crisi a oggi sono stati licenziati circa 15mila giornalisti, anche in virtù di un crollo del 70% delle vendite dei quotidiani. Al contempo, però, si scopre che il canale televisivo della Camera dei deputati rappresenta una specie di riserva dorata, con sessanta dipendenti e tecnologie avanzatissime che costano tre milioni al disastrato erario ellenico. C’è poi la lista dei 54mila cittadini greci che avrebbero portato fuori dal Paese capitali per circa 22 miliardi di euro. Una notizia, questa, che è stata ufficializzata di recente, ma che circola ufficiosamente ormai da anni, con dettagli sulla “composizione” di quell’elenco in cui pare ci sarebbero anche deputati e alti prelati. Una politica coraggiosa e responsabile avrebbe dovuto, al contrario, tentare di chiudere un accordo con la Svizzera, come ad esempio è stato fatto lo scorso anno dalla cancelliera tedesca Merkel, ma ben prima di annunciarlo sui media, così da evitare di offrire la possibilità a qualcuno di trasferirsi da un paradiso fiscale all’altro.
Ecco dunque che ritornano le parole del primo cittadino di Zacinto. Quando mette l’accento su un sistema “marcio fino in fondo”, vuol dire che a nulla serve scoprire la frode, se non vi è al contempo una pena severa anche per il medico che certifica la cecità di chi ne ha beneficiato senza averne diritto e, in termini di restituzione coatta, di quanto frodato. Passaggio, questo, che serve a educare l’intero sistema, attorno al quale gravitano le condotte dei singoli cittadini e degli amministratori, oltre agli organi preposti al controllo. E ammette amaro: “È come se qualcuno lanciasse migliaia di palline ma lo Stato avesse solo un piccolo vaso per raccoglierle tutte”.
Riproduzione riservata