L’eterno ritorno della Dynasty socialista greca. Le elezioni del 4 ottobre in Grecia hanno segnato una chiara vittoria per il Movimento Socialista Panellenico (Pasok), che ha ottenuto il 43,92% dei voti. Un successo perfino superiore alle aspettative per il Pasok e per il suo leader George Papandreou, nuovo premier del Paese Ellenico, che potrà contare su una confortante maggioranza in Parlamento: 160 seggi su 300 totali. La consultazione ha sancito un’autentica disfatta per il premier uscente Costas Karamanlis e per Nea Demokratia, che non va oltre il 33,48%.
Il partito di centrodestra, che ha governato il Paese negli ultimi cinque anni, è stato punito per una serie di scandali legati a episodi di corruzione che hanno visto protagonisti suoi esponenti. Altri tre partiti sono riusciti a superare la soglia del 3% e conquistano seggi in Parlamento: le due formazioni di stampo comunista Kke e Syriza, che ottengono rispettivamente il 7,54% e il 4,60%; il partito di estrema destra Laos, che si attesta al 5,63%.
Un’analisi comparata del voto, prendendo come parametri di riferimento le elezioni legislative del 2007 e le europee di giugno 2009, ci fa comprendere come il panorama politico ellenico sia radicalmente mutato nell’arco di appena due anni. Rispetto alle legislative del settembre 2007, il Pasok guadagna 300mila voti, passando dal 38,10% a 43,92%. Nea Demokratia, invece, ha perso in due anni 700mila voti e otto punti percentuali. Perdono alcune migliaia di elettori i due partiti comunisti: il Kke passa da 583mila a 517mila; Syriza da 361mila a 315mila. Aumenta sia in termini di voti che di seggi il Laos: dalle 271mila preferenze del 2007 alle 386mila della recente tornata. Spunti di riflessione ancora più interessanti emergono dalla comparazione con le europee di giugno. In quella circostanza c’era stata una forte astensione, emblema di disaffezione e delusione verso tutte le forze politiche elleniche. Stavolta l’affluenza è stata molto maggiore: dai 5,2 milioni di votanti delle europee si è passati a oltre sette milioni. A beneficiare di ciò è stato il Pasok, che nell’arco di pochi mesi ha conquistato oltre un milione di voti: da 1,8 milioni delle europee di giugno agli oltre 3 milioni della consultazione del 4 ottobre. Una crescita travolgente, proporzionalmente molto superiore a quella registrata dagli altri partiti: Nea Demokratia è cresciuta di 600mila voti; Kke di 80mila; Syriza di 75mila; Laos di appena 20mila. Come da tradizione, l’elettorato greco ha palesato la tendenza a rafforzare il partito al quale venivano attribuite maggiori possibilità di vincere, al fine di evitare una situazione di ingovernabilità. L’opinione pubblica ellenica ha visto nel partito socialista l’alternativa idonea per costituire un governo riformista di stampo moderato.
A differenza di quanto era avvenuto in passato, in questa occasione il popolo ellenico ha concesso fiducia a George Papandreou. Il leader socialista ha finalmente compiuto il salto di qualità e diventa così il terzo membro della famiglia a guidare il governo di Atene, dopo il nonno George e il padre Andreas, fondatore del Pasok e più volte premier dal 1981 al 1996 (anno della sua morte). È opportuno precisare che il rampollo della dinastia è del tutto diverso rispetto al padre, ricordato ancora oggi per il suo carisma e per le sue doti oratorie. George Papandreou è un moderato, ha scarso carisma, non urla, usa toni educati. Ciò non significa che non possegga la necessaria determinazione per affrontare un compito che si presenta molto arduo. Il neopremier, che ha presentato il proprio governo in appena 48 ore, appare deciso ad agire in modo energico per affrontare i problemi prioritari: lotta alla corruzione e all’evasione fiscale, sviluppo della “green economy”, riduzione del debito pubblico. Per ciò che concerne la politica internazionale, Papandreou, che ha tenuto per sé il dicastero degli Esteri, ha annunciato un imminente viaggio in Turchia per incontrare il suo omologo turco Erdogan, al fine di discutere i molti dossier che vedono contenziosi aperti fra Atene e Ankara: Cipro ed Egeo in primis.
Guardando al futuro, nessuno può prevedere se Papandreou riuscirà a governare meglio di Karamanlis. Tuttavia rassicura il fatto che la Grecia disponga finalmente di un esecutivo supportato da una larga maggioranza. L’avere determinato un vincitore netto è la migliore base per il rilancio della Repubblica Ellenica, che dopo molti anni di crescita e sviluppo vive una fase delicata, lacerata da tensioni sociali, disordini, attentati, scandali legati alla corruzione. Dalla tornata elettorale esce una Grecia pronta ripartire.
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