La geopolitica dell'energia. Il mar Caspio è morfologicamente un lago che, per la sua estesa superficie di 371.000 kmq, ha assunto comunemente il nome di mare. Si tratta però di un mare interno, suddiviso politicamente a partire dal 1991 tra cinque stati rivieraschi che lo circondano: Russia, Turkmenistan, Azerbaigian, Kazachistan e Iran.Al momento, lo status giuridico dell’intero Caspio è ancora ufficialmente regolato da alcuni trattati internazionali risalenti al 1921, 1935 e 1940 quando gli unici stati ad affacciarsi sul mar Caspio erano Iran ed Unione Sovietica. Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991 lo status giuridico del Caspio è rimasto tuttavia sospeso tra i vecchi trattati sovietico-iraniani – che definiscono il Caspio un lago interno e quindi, secondo il diritto internazionale vigente, soggetto ad un regime giuridico di sfruttamento comune delle risorse situate oltre il limite rappresentato dalle 12 miglia delle acque territoriali – e alcuni trattati bilaterali recentemente firmati tra alcuni degli stati rivieraschi successori dell’Unione Sovietica, che definiscono il Caspio un mare interno e ne fissano la suddivisione. Ciò ne muta, almeno parzialmente, lo status giuridico da un regime di condivisione delle risorse energetiche ad uno di suddivisione in base alle linee confinarie esistenti oltre il tradizionale limite giuridico delle 12 miglia costituito dalle acque territoriali dello Stato in questione. Il parziale mutamento di status giuridico del Caspio, ovviamente, favorisce alcuni stati mentre ne danneggia altri. Esso può aiutare alcuni stati rivieraschi di recente indipendenza a sviluppare le loro economie e ad emanciparsi dalla preponderanza energetica russa nell’area, ma né Russia né Iran, i principali beneficiari dal punto di vista economico e politico dello status giuridico che si rifà ai vecchi trattati, sono particolarmente interessati ad un rapido quanto definitivo suo mutamento. Su posizioni opposte, invece, oltre ad alcuni stati rivieraschi, si trovano le compagnie petrolifere europee e statunitensi che ricaverebbero sensibili vantaggi economici e commerciali da un superamento dell’attuale contenzioso giuridico.
L’Ue ha messo in atto a partire dal 2004 una graduale politica di inclusione del Caucaso meridionale nella sua Politica di Vicinato, soprattutto nell’ottica di assicurarsi una diversificazione delle fonti energetiche situate in zone politicamente instabili, tra cui rientrano appunto quelle provenienti dal Mar Caspio, che occupano il terzo posto per importanza, dopo quelle del Golfo Persico e quelle russe, con una produzione di circa 3 milioni di barili giornalieri e buone prospettive di crescita per il futuro. Le risorse energetiche provenienti dal Caspio passano prevalentemente attraverso la Georgia e l’Azerbaigian, ma anche per la Cecenia, che si trova in territorio russo. L’intero Caucaso, sia quello settentrionale che quello meridionale, rappresenta un fondamentale snodo energetico che dal mar Caspio raggiunge il mar Nero e poi l’Europa. L’Ue è sempre più convinta della necessità di diversificare i suoi fornitori energetici per non dipendere eccessivamente da un unico Paese come la Russia, da cui proviene circa il 40% dell’intero fabbisogno europeo di gas. Su posizioni simili anche gli Usa, contrari al regime di semi-monopolio imposto da Mosca. La Russia, al contrario, intende impedire nei limiti del possibile la diversificazione delle fonti dei suoi principali clienti, mantenendo un regime di monopolio energetico facendo passare gli oleodotti esclusivamente attraverso il proprio territorio. Il mar Caspio rappresenta quindi una importante fonte di approvvigionamento energetico per l’Ue anche per il futuro, ma l’instabile situazione politica dell’area costituisce comunque un serio motivo di preoccupazione che essa tenta di stabilizzare con appropriate misure politiche ed economiche, di concerto o in competizione con le altre principali potenze regionali dell’area.
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