Israele e Turchia: aria di crisi tra ex amici. Il viaggio in Turchia a fine gennaio del ministro degli Esteri israeliano, Ehud Barak, ha rappresentato l'incontro ufficiale di più alto livello e forse {C}maggiormente distensivo tra i due paesi nell'ultimo anno e mezzo, caratterizzato invece da tensioni senza precedenti. Tuttavia, il Primo Ministro Recep Tayyip Erdoğan e il Presidente Abdüllah Gül, non sono stati disponibili a incontrare Barak, ufficialmente per impegni assunti in precedenza. L'importanza dell'evento va considerata alla luce dell'incredibile episodio avvenuto pochi giorni prima, quando l'ambasciatore turco a Tel Aviv, Oğuz Çelikkol, ha subito un trattamento umiliante da parte del vice ministro degli Esteri di Israele, Dany Ayalon, esponente dell'estrema destra. Lunedì 11 gennaio Ayalon, dopo aver convocato l'ambasciatore turco e averlo fatto attendere per quasi un’ora, aveva detto a telecamere accese, rivolgendosi in lingua ebraica alla troupe, di far sedere Çelikkol su una poltroncina più bassa rispetto alla sua, di fronte all'unica bandiera esposta, quella israeliana, al fine di non farlo apparire sorridente. L'ambasciatore turco ha successivamente dichiarato: «Non mi era mai accaduto niente di simile in trentacinque anni di carriera. Sarei uscito dalla stanza, se capissi l'ebraico o se avesse osato parlare in inglese». Di fronte a questa umiliazione Ankara non ha tardato a presentare le sue rimostranze, ma Ayalon si è limitato ad affermare che non era sua intenzione insultare l'ambasciatore, pur confermando le critiche al governo turco e all’energico ministro degli Esteri di Ankara, Ahmet Davutoğlu. Le scuse formali inviate da Israele in seguito alle pressanti richieste di Gül, non hanno tuttavia chiuso l’incidente: la stampa israeliana ha riportato la notizia che Çelikkol avrebbe chiesto ai suoi superiori ad Ankara di essere trasferito in altra sede diplomatica (notizia smentita dall'interessato). Il fatto ha destato grande scalpore sia in Turchia che in Israele, dove il comportamento di Ayalon è stato giudicato inaccettabile anche dai principali media dello stato ebraico. Ed è giunto al termine di un’escalation apertasi con l’operazione lanciata da Israele nella Striscia di Gaza nel dicembre 2008. Proseguita poche settimane dopo in occasione del vertice di Davos, in Svizzera, quando Erdogan aveva attaccato il presidente israeliano Peres, dicendogli che gli israeliani sanno bene come uccidere. Ed estesa anche all’ambito militare, incrinando un’alleanza considerata inossidabile (spesso all'ostilità dell’opinione pubblica turca nei confronti di Israele non corrisponde quella dei militari), quando la Turchia, nell’autunno 2009, ha escluso Israele dall’esercitazione militare Nato denominata «Aquila Anatolica».

Le relazioni turco-israeliane sono state buone fin dalla fondazione dello stato di Israele, soprattutto sul piano militare e dell'intelligence, anche se non molto vistose (per una questione di buon vicinato con il mondo arabo). Naturalmente ci sono stati molti momenti difficili, come durante la crisi di Suez del 1956 o in occasione della Guerra dei sei giorni, nel 1967. Una svolta si è determinata nei primi anni Novanta a causa di una complessa serie di fattori, tra cui gli Accordi di pace di Oslo. Nel novembre 1994, Tansu Çiller fu il primo premier turco a visitare ufficialmente Israele. La seconda metà degli anni Novanta è considerata, pertanto, il periodo d'oro dei rapporti tra i due paesi, con una serie di importanti accordi firmati nel 1996. Da allora, però, molte cose sono cambiate in Turchia. Le ultime due elezioni politiche hanno visto prevalere il partito islamico per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) e le relazioni con i vicini musulmani del mondo arabo e con l'Iran sono migliorate, quelle con Israele si sono invece complicate. I rapporti con Gerusalemme hanno toccato il punto più basso un anno fa, durante l'offensiva «Piombo fuso», lanciata da Israele contro la Striscia di Gaza e più volte criticata da Erdoğan. Dopo l'attacco a Gaza, oltre alle condanne ufficiali del governo turco, il ministero dell'Istruzione ha imposto che si osservasse un minuto di silenzio nelle scuole elementari per commemorare i bambini uccisi, mentre l'emittente di stato TRT ha trasmesso una serie televisiva nella quale venivano mostrati soldati israeliani nell'atto di uccidere bambini palestinesi. A complicare ulteriormente la situazione è l’evoluzione complessiva degli equilibri diplomatici, dettata dalla volontà di Ankara di ridimensionare il ruolo degli Stati Uniti nella regione. Uno degli obiettivi di Erdoğan e di Davutoğlu, è quello di affermare la centralità della Turchia nello scacchiere mediorientale e la premessa di questo è stata individuata dal governo turco nell’affrancamento progressivo dalla dipendenza rispetto a Washington e ad una politica giudicata troppo filo-israeliana e «oil-oriented».