La grandeur di Ankara. Tra il rapporto dell'Ue e l'inizio dei lavori per la nuova Costituzione, nonché la sua importanza sempre più forte a livello internazionale, la Repubblica di Turchia sta dimostrando una grande e positiva dinamicità. C'è chi teme un suo allontanamento dall'Occidente a causa della sua notevole popolarità in Medio Oriente e gli atteggiamenti poco incoraggianti dell'Ue. Un timore questo che può tuttavia essere contraddetto dalle dichiarazioni del ministro addetto ai rapporti con l'Ue, Egemen Bağış. Il fatto che abbia sottolineato che per la Turchia l'obiettivo finale non può fermarsi a una semplice "partnership", ma deve coincidere con la piena adesione all'Ue, fa pensare in realtà a una politica internazionale basata su una strategia di realismo politico ed economico, e non su qualche spettro di scontro tra civiltà, cavallo di battaglia degli xenofobi contrari all'ingresso nell'Ue. Un altro punto a favore dell'attuale governo turco è dato dalle sue nuove aperture nei confronti delle minoranze: val la pena ricordare la decisione di restituire le proprietà immobili confiscate alle comunità religiose di minoranza durante il primo periodo della Repubblica. E questo fa onore al governo del partito di Sviluppo e Giustizia (Akp) di Erdoğan, nel senso che sa offrire buone risposte diplomatiche a livello di politica interna ai non tanto "diplomatici" attacchi della comunità internazionale, ad esempio per ciò che concerne il cosiddetto "genocidio armeno", citato dal presidente francese Sarkozy durante la sua visita in Armenia.
L’ultimo progress report dell'Ue sulla Turchia ha registrato una situazione stagnante per quanto riguarda diritti umani, la libertà di stampa ed il trattamento delle minoranze. Segnale negativo di sicuro, che però deve essere considerato senza dimenticare che la Costituzione in vigore rimane quella progettata dalla giunta militare del golpe del 1980, modificata parzialmente dal referendum voluto dal governo Akp del 12 settembre del 2010. Proprio nei giorni scorsi il parlamento turco ha iniziato i lavori per la stesura della nuova Costituzione. E malgrado gli scontri tra autorità e il Pkk, la decisone del partito di Pace e Democrazia (Bdp) filo-curdo di prestare giuramento, non può che essere percepito come un segnale positivo, nel senso che la nuova costituzione dovrà per forza tenere da conto anche la situazione dei curdi a sud-est. Un fattore importante per i rapporti turco-europei è il fatto che la parte greca di Cipro assumerà la presidenza semestrale dell’Ue nella seconda parte del 2012. Le autorità turche hanno già espresso la propria preoccupazione a riguardo, temendo che la situazione possa peggiorare, acuendosi così la pesante situazione – e sensazione – di stallo che già ora viene percepita.
Sembra che per sbloccare questa situazione la Turchia sia già in marcia. Ora spetta all'Ue ed alla comunità internazionale accogliere i segnali positivi di quella che è una democrazia vivace e in continua evoluzione: sebbene sussistano problemi riguardanti restrizioni dei media, è anche vero che fino a qualche anno fa non ci si sarebbe mai immaginati una tale apertura per quanto riguarda temi come la situazione curda, la questione armena, i diritti delle minoranze e il ruolo dell'esercito, quest'ultimo un problema fondamentale per la democratizzazione della Repubblica. Secondo l"Occidente", l'esercito turco è il difensore dei valori di democrazia e laicità in Turchia. Tuttavia democrazia vuol dire anche controllo civile su quello militare, ed il governo Akp è il primo ad avere iniziato a mettere l'esercito "al suo posto". Gli elementi concreti che abbiamo a disposizione per il momento non fanno pensare ad una reazione politica guidata da ideologie islamiche, né alla Turchia come il "cavallo di Troia" del radicalismo islamico in Europa, come certe parti politiche vorrebbero dare a credere. Sebbene ci sia ancora lavoro da fare, il governo Akp sta dimostrando l'intenzione di voler stare al passo coi tempi, mettendo in difficoltà chi vuole vedere gli sviluppi di politica internazionale attraverso la lente dello "scontro di civiltà".
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