La Corte suprema degli Stati Uniti è sul punto di togliere alle donne il diritto di controllare il proprio corpo. Per quasi cinquant'anni, la Corte ha permesso l'aborto prima della vitalità del feto (circa 24 settimane dopo il concepimento), contrastando le leggi che mettono un «onere indebito» sulla capacità di adempiere a questo diritto. La Costituzione rimane la stessa, l'opinione pubblica è ancora per lo più favorevole all'aborto ma le barriere all'uguaglianza continuano. Dopo l’episodio dello Stato del Texas, ora un gruppo di giudici di parte è disposto a mettere in secondo piano i precedenti in materia, noti come il principio dello stare decisis, per deliberare a favore dello Stato del Mississippi in Dobbs contro Jackson Women's Health.
A essere cambiata è la composizione della Corte. Sei dei nove giudici sono cattolici, e la maggior parte di loro ritiene che la vita inizi al concepimento e che l'aborto equivalga a un omicidio. Due delle loro nomine (Neil Gorsuch e Amy Coney Barrett) sono frutto delle manovre del leader repubblicano di maggioranza al Senato degli Stati Uniti, Mitch McConnell, colui che negò al presidente Barak Obama una nomina mesi prima delle elezioni del 2016 e ne affrettò un’altra per il presidente Donald Trump alcune settimane prima delle elezioni del 2020 (il presidente nomina, ma il Senato conferma i giudici della Corte suprema). Altri due giudici sono stati confermati nonostante le accuse di molestie sessuali (Clarence Thomas, nel 1991) e di aggressione sessuale (Brett Kavanaugh, nel 2018), mettendo in dubbio la loro neutralità in materia di diritti delle donne.
La legge del Mississippi in questione anticipa a 15 settimane la data limite per l'interruzione di gravidanza, senza eccezioni per lo stupro o l'incesto, sfidando così direttamente la storica decisione Roe contro Wade (1973) e Planned Parenthood contro Casey (1992), il caso che ha riaffermato Roe e l'ha trasformato in un «super precedente», con cui non si interferisce con facilità. Casey ha mantenuto l'equilibrio tra la privacy, l'autonomia e i diritti di libertà delle donne e l'interesse dello Stato a proteggere la vita futura, fissando al momento in cui un feto può vivere da solo il limite per abortire (tranne che per salvare la vita alla donna).
Negli Stati Uniti non ci sono referendum nazionali; non c'è nemmeno una protezione costituzionale per le madri o una politica nazionale della famiglia. Tra le nazioni industriali avanzate, gli Usa sono un caso a parte
A differenza dell'Italia, negli Stati Uniti non ci sono referendum nazionali; non c'è nemmeno una protezione costituzionale per le madri o una politica nazionale per la famiglia. Tra le nazioni industriali avanzate, gli Stati Uniti sono un caso a parte quando si tratta di congedi familiari pagati e assistenza sovvenzionata all'infanzia. La discriminazione in gravidanza, anche se illegale, penalizza ancora l'occupazione, così come la maternità abbassa i guadagni per tutta la vita. Lo stallo politico rende improbabile che il Congresso possa correggere una Corte che lascia che i propri pregiudizi generino sentenze dannose, approvando una legislazione nazionale. E negli Stati Uniti i tribunali sono gli arbitri finali, quindi qualsiasi legge del genere sarebbe soggetta all'interpretazione della Corte suprema.
Il caso Roe ha agito come un freno alle azioni legislative degli Stati, che attualmente presentano un mosaico di leggi e regolamenti quando si tratta di questioni relative alla salute e alla riproduzione, dopo anni di politiche antiabortiste. Il luogo in cui vive una donna incinta – città o campagna, Nord o Sud, Stato «rosso» (cioè controllato dal Partito repubblicano) o «blu» (controllato dal Partito democratico) – ha un forte impatto sulla possibilità di abortire. Le variazioni di accesso a una interruzione di gravidanza dovute alla razza e alla classe portano ad altre disuguaglianze. Se Roe cade, le donne incinte con più mezzi si recheranno negli Stati dove l'aborto rimane legale, come la California e lo Stato di New York. Le più povere – che in posti come il Mississippi sono in grande maggioranza di pelle nera – dovranno invece portare a termine una gravidanza indesiderata, così come quelle incapaci di interrompere rapidamente una gravidanza secondo leggi che vietano l'aborto prima ancora che molte di loro si possano rendere conto della loro condizione.
Durante le argomentazioni espresse davanti alla Corte il 1° dicembre scorso, gli avvocati hanno ripetuto posizioni note: il procuratore generale del Mississippi, Scott G. Stewart, ha ripreso le vecchie obiezioni secondo cui Roe e Casey «non hanno basi nella Costituzione. Non hanno casa nella nostra storia o tradizione» (trascrizione orale, Corte suprema degli Stati Uniti, Thomas E. Dobbs vs. Jackson Women's Health, n. 19-1392, 1° dicembre 2021, 4). Dal momento che la Costituzione (come scritta dai Padri fondatori alla fine del XVIII secolo) non fa alcuna menzione dell'aborto, secondo tali rigidi standard costruttivisti o originaristi la Corte aveva sbagliato a trovare una giustificazione della privacy nella pletora di diritti impliciti nel Quattordicesimo emendamento (ratificato nel 1868). Infatti, il giudice Samuel Alito ha fatto girare la memoria legale presentata dall'American Historical Association e dall'Organization of American Historians che ha dettagliato un'accettazione da parte del diritto comune dell'aborto prima dell'accelerazione della metà del XIX secolo. Egli ha dichiarato che, poiché l'aborto non era legale al tempo dell'emendamento, non poteva sostenere il diritto di interrompere una gravidanza.
Visto che la Costituzione è «neutrale» sull'argomento, come ha affermato il giudice Brett Kavanaugh, allora la questione non dovrebbe appartenere agli Stati o al Congresso? Per Stewart, le sentenze precedenti avevano scavalcato il processo democratico. L'aborto doveva essere determinato all'interno degli Stati.
Per confutare questa tesi, il procuratore generale degli Stati Uniti Elizabeth B. Prelogar, intervenendo per i convenuti (Jackson Women's Health), rispose che i diritti fondamentali non potevano essere «lasciati alle legislature statali per decidere se onorarli o meno». L'avvocato della Jackson Women's Health, Julie Rikelman del National Women's Law Center, ha spiegato: «Che uno Stato prenda il controllo del corpo di una donna ed esiga che affronti la gravidanza e il parto con tutti i rischi fisici e le conseguenze che ne derivano è una fondamentale privazione della sua libertà» così come della sua autonomia e privacy. Rikelman e Prelogar hanno ricordato alla Corte che le donne avevano pianificato la loro vita intorno a queste sentenze per mezzo secolo e che la discriminazione sessuale, specialmente per i poveri e i neri, significava ancora che non tutte le donne avevano uguale accesso alla salute riproduttiva, compreso l'aborto.
Se l'avanzamento dei diritti delle donne dal 1973 a oggi rappresentasse una circostanza abbastanza potente da portare a un ripensamento, si originerebbero due nuove affermazioni. In primo luogo, il procuratore generale del Mississippi Lynn Fitch ha spiegato che le donne ora possono conciliare la vita lavorativa e quella domestica grazie a maggiori opportunità economiche e impieghi flessibili e che non hanno bisogno dell'aborto per avere pari diritti sul lavoro – una verità parziale che riflette solo alcune condizioni e non altre. Inoltre, il giudice Amy Coney Barrett ha ricordato l'alternativa delle leggi sul «paradiso sicuro», che permettono di abbandonare un neonato in una stazione dei pompieri o in un ospedale senza fare domande - leggi che gli antiabortisti hanno sollecitato sin dagli anni Novanta.
Separando gravidanza e genitorialità, Barrett ha ipotizzato contro ogni danno da parte dello Stato di far passare altre 15 settimane circa dopo la vitalità per poi rinunciare a un bambino. Rikelman ha ricordato che l'adozione era disponibile quando la Corte ha deciso Roe e che la gravidanza stessa pone dei rischi per la salute e può interferire con la capacità di prendersi cura della famiglia e continuare a lavorare.
Sia che questa Corte rovesci apertamente Roe e Casey o semplicemente sostenga Dobbs, la scommessa è che permetterà a tutti gli effetti agli Stati di criminalizzare l'aborto
Paragonare Roe a Plessy contro Ferguson (1896), il caso della segregazione «separata ma uguale», rappresentava uno dei modi in cui gli oppositori dell'aborto cercavano di esercitare i diritti civili per difendere il feto; tale ragionamento razziale in precedenza era appartenuto alle femministe, che cercavano di fondare le loro rivendicazioni in Brown contro Board of Education (1954), il caso che rovesciò Plessy. I difensori del diritto all'aborto hanno sottolineato che in nessun'altra occasione in cui la Corte ha corretto una precedente sentenza ha ridotto i diritti. Come ha ribadito il giudice Stephen Breyer, ci doveva essere «una ragione molto convincente per riesaminare una decisione spartiacque»; qualsiasi altra strada avrebbe minato la legittimità della Corte. Stewart è stato più diretto nel sostenere che lo stare decisis non poteva reggere perché le sentenze «coinvolgono l'interruzione intenzionale di una vita umana». Un tale argomento ha fatto cadere la separazione tra Chiesa e Stato, ha risposto il giudice Kagan. Il presidente della Corte Suprema John Roberts ha cercato una via d'uscita: ha messo in dubbio la centralità dello standard di vitalità per sostenere la legge del Mississippi senza ribaltare i precedenti. Non era chiaro se avrebbe potuto raccogliere i voti per una tale opinione, che avrebbe di fatto, se non nella legge, rovesciato Roe e Casey.
Sia che questa Corte rovesci apertamente Roe e Casey o semplicemente sostenga Dobbs, la scommessa è che permetterà a tutti gli effetti agli Stati di criminalizzare l'aborto. Le decisioni, come le elezioni, hanno conseguenze: minando il ragionamento legale dietro Roe, metterà anche a rischio i casi che proteggono «l'integrità corporea e la capacità di prendere decisioni relative alla famiglia, al matrimonio e alla procreazione», come ha sottolineato Rikelman.
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