Elezioni europee: Olanda. Il politico Pim Fortuyn, il regista Theo Van Gogh, l’esponente del gruppo estremista islamista Hofstad, il marocchino-olandese Mohammed Bouyeri,
la politica e saggista Ayaan Hirsi Ali e, ora, ultimo della serie, il leader del Partito per la libertà, Geert Wilders. Sembrerebbe la lista dei protagonisti di un nuovo capitolo del fortunato libro di Ian Buruma, Assassino ad Amsterdam (Einaudi, 2007), e invece sono i protagonisti della tumultuosa scena politica olandese degli ultimi anni. Nel saggio-thriller di Buruma, nel quale l’autore descrive i profondi e radicali mutamenti sociali intervenuti nel paese, il racconto dell’ascesa di Pim Fortuyn - leader populista ucciso da un animalista fanatico “per ragioni di principio” nel maggio del 2002 alla vigilia di elezioni legislative - ha non pochi punti di contatto con quella di Geert Wilders, nuova figura cardine della scena politica olandese all’indomani delle europee del 6 e 7 giugno.
Al centro del dibattito pubblico olandese oggi c’è questo discusso personaggio, sotto processo per istigazione all’odio razziale per la sua battaglia politically incorrect contro il radicalismo islamico: figura televisiva popolare nelle televisioni al di là dell’Atlantico è autore di un cortometraggio, “Fitna”, che mostra il lato “fascista” del Corano, comparandolo al “Mein Kampf” di Hitler (anche qui forti similitudini con un altro cortometraggio, “Submission”, di Theo Van Gogh, assassinato da Bouyeri ad Amsterdam nel novembre 2004). Contro la “catastrofica islamizzazione” dell’Europa, contro l’ingresso della Turchia nell’Unione, “per ridare “l’Olanda agli olandesi” e contro le istituzioni come il Parlamento europeo, che vuole “abbattere dall’interno”, Geert Wilders, presentandosi per la prima volta alle elezioni dell’Europarlamento, ha ottenuto un importante risultato: il Pvv – Freedom Party (il Partito per la libertà) ha raggiunto il 17 % dei voti, conquistando 4 seggi sui 25 complessivi, triplicando il 5,6%, ottenuto alle politiche del novembre 2006.
Davanti alla formazione di Wilders si trova solo il partito cristiano-democratico del premier Jan Peter Balkenende che ha ottenuto il 20.3% (5 seggi), scontando un ridimensionamento rispetto al 25% delle ultime elezioni europee. Netto calo a sinistra del Labour Party - PvdA che, con il 12,1% dei consensi, ha raccolto solo 3 seggi, 4 in meno rispetto all’ultima consultazione europea. Risultato positivo, invece, per i liberali di sinistra di D66 (Democraten 66, dove la cifra corrisponde all’anno di nascita del partito), formazione più convintamente europeista dello scenario politico olandese che con l’11,3% dei consensi conquista 3 seggi (2 in più rispetto al 2004).
Considerando il successo del partito dell’astensione (il 40% degli olandesi il 4 giugno non sono andati a votare), le cifre appena presentate indicano in maniera inequivocabile come l’euro-scetticismo che gli olandesi avevano espresso nel giugno 2005, quando bocciarono per via referendaria il Trattato costituzionale europeo, non abbia conosciuto battute d’arresto ma abbia ancora il vento in poppa. L’esito del voto del 4 giugno e l’affermazione prepotente sulla scena politica olandese di una figura come Geert Wilders, obbligano ad interrogarsi sul futuro di questo paese, già patria di Erasmo e dell’illuminismo tollerante, e che – all’indomani delle elezioni politiche che si terranno nel 2010 – potrebbe essere guidato da un leader dichiaratamente xenofobo e anti-europeo.
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