La filosofia politica contemporanea trova terreno fertile nel mondo anglofono, tra gli Stati Uniti e il Regno Unito. La sua storia è segnata da un anno, un autore e un libro in particolare: 1971, John Rawls, Una Teoria della Giustizia. Ma di che cosa si occupa la filosofia politica? Di che cosa si dovrebbe occupare, oggi, la filosofia politica? Si apre il sipario, la storia che viene raccontata è densa, complessa, costellata di personaggi: una storia delle idee dal taglio quasi enciclopedico, un prezioso contributo per il mondo accademico.
Katrina Forrester è Assistant Professor of Government and Social Studies all’Università di Harvard. In The Shadow of Justice, Postwar Liberalism and the Remaking of Political Philosophy è il suo primo libro. Pubblicato nel 2019 da Princeton University Press, l’anno successivo ha ricevuto l’Organization of American Historians’ Merle Curti Award 2020 e il Society for US Intellectual History’s Book Award 2020 (S-Usih). Il titolo rivela l’audacia del progetto e la sfumatura critica rende il libro non solo una ricostruzione storica, ma anche una proposta di metodo per guardare sia al passato sia al futuro. È l’ombra della giustizia, l’ombra di John Rawls, quella con cui si confronta Forrester. La storia che racconta è quella del liberalismo, a partire dal secondo Dopoguerra. L’approccio, però, non è solo quello storico: l’autrice guida il lettore in una dettagliata ricostruzione dei principali dibattiti filosofici, scegliendo il problema e gli autori che si sono dimostrati più incisivi nell’affrontarlo.
Tre punti chiave segnano il fil rouge dell’opera: John Rawls, il percorso che lo ha portato a realizzare la teoria della giustizia e il contesto storico in cui ha maturato le sue idee, insieme all’analisi dell’influenza che ha avuto negli autori successivi. Un altro elemento fondamentale è la ricerca degli eventi politici e dei cambiamenti storici che hanno segnato le generazioni di filosofi politici nella seconda metà del Novecento: la Guerra del Vietnam, la Guerra fredda, la sovrappopolazione, il cambiamento climatico, la battaglia per i diritti civili. Infine, è particolarmente importante il rapporto tra l’astrazione e la concretezza, tra la filosofia e la vita delle persone.
Tre punti chiave segnano il fil rouge dell’opera: John Rawls, il percorso che lo ha portato a realizzare la teoria della giustizia e l’influenza che ha avuto negli autori successiviOtto i capitoli in cui si articola il testo, insieme a una preziosa prefazione e a un indispensabile epilogo. Il primo capitolo è dedicato al giovane Rawls, con spunti biografici volti a presentare l’autore immerso nel suo contesto storico. Segue un approfondimento del tema dell’obbligo, della disobbedienza dei cittadini e uno spazio dedicato alla guerra e alla responsabilità. Il quarto capitolo offre una ricostruzione dei tentativi di confronto con il successo dell’opera di Rawls, in particolare la critica di Robert Nozick e il dibattito che ne scaturì. L’autrice affronta quindi gli stravolgimenti degli anni Settanta: una nuova consapevolezza pubblica della fame nel mondo e delle crisi umanitarie portarono all’attivismo per l’autodeterminazione dei popoli e all’anticolonialismo, con un’apertura internazionale sulle questioni di giustizia, eguaglianza e distribuzione. Insieme a questo ampliamento in orizzontale, la filosofia dovette confrontarsi con la sfida della giustizia intergenerazionale legata anche alle preoccupazioni per il cambiamento climatico. Nel settimo capitolo l’autrice presenta l’avvento della Nuova destra e il ritorno del marxismo, per poi mettere in luce i limiti della filosofia nel capitolo di chiusura.
Forrester è esplicita, il suo obiettivo è quello di rompere la cornice in cui si è sviluppato il liberalismo, mostrando le esigenze storiche per le quali esso è nato. Questo significa scardinare l’impalcatura che ha raccontato e inteso l’egemonia di Rawls come un successo, mettendone in luce i limiti e ripensando la sua opera, come un «capitolo della storia del pensiero politico», giunto in un momento in cui si sentiva il bisogno e la speranza di realizzare un accordo sociale. Ritornare alle radici, ai bisogni che hanno prodotto determinate opere, è un punto di partenza per cambiare il modo di concepire il pensiero politico. Forrester spera in un legame più attento e profondo tra la filosofia e le scienze sociali, in un incontro con gli studi storici, facendo sì che la filosofia si ponga le domande giuste e cerchi le risposte più efficaci e profonde per i reali bisogni delle nostre società.
È affascinante immaginare un giovane Rawls che si confronta con il lavoro di Ludwig Wittgenstein, Alexis de Tocqueville e David Hume, oppure intento a sottolineare con tre colori diversi l’opera di Frank Knight. È il periodo di nascita ed elaborazione di alcune delle idee chiave di Una Teoria della Giustizia. Forrester racconta anche la svolta degli anni di Oxford, dal 1952 al 1953, l’incontro con J.L. Austin, Herbert Hart, P.F. Strawson, Isaiah Berlin, Stuart Hampshire, E. Anscombe, per citarne solo alcuni. È, infatti, nel vedere la nascita del dibattito su diseguaglianza, proprietà e libertà che Rawls prende coscienza del ruolo politico che la sua teoria avrebbe potuto avere. Nel corso del decennio successivo, si dedica poi all’elaborazione matura dei concetti chiave di Una Teoria della Giustizia, la posizione originaria, la struttura di base ed i principi di giustizia.
Negli anni Sessanta nasce la Society for Ethical and Legal Philosophy (Self). Tra i componenti Rawls, Michael Walzer, Robert Nozick, Thomas Nagel, T. M. Scanlon, Ronald Dworkin, Judith Jarvis Thomson. Si incontrano nella speranza di dare al mondo risposte efficaci e immediate alle proteste che infiammano gli Stati Uniti durante la Guerra del Vietnam. Forrester presenta il contributo di Michael Walzer a proposito di democrazia e pluralismo, insieme alla teoria della guerra giusta suggerita congiuntamente anche da Rawls. Il contesto storico burrascoso vedeva al centro il tema della stabilità delle democrazie e la possibilità di trovare un punto di incontro tra pacifismo e realismo.
Forrester fa notare come la Guerra del Vietnam segni un altro cambiamento fondamentale per la filosofia. Di fronte all’inadeguatezza dell’utilitarismo, associato a pericolosi e crudi calcoli sulla vita delle persone, nasce l’etica applicata moderna, con il suo uso di esperimenti mentali: Elizabeth Anscombe e la dottrina del doppio effetto, Philippa Foot e il tema dell’aborto, Judith Jarvis Thomson e il trolley problem.
La ricostruzione degli anni immediatamente successivi alla pubblicazione di Una Teoria della Giustizia riesce a rendere l’idea di quanto questa opera sia stata importante per la filosofia: Forrester fa notare come Rawls diventi una vera celebrità, con la mole degli scritti a lui riferiti, ma soprattutto come il suo libro segni uno spartiacque con i dibattiti precedenti. Non mancarono le critiche: tra tutte, la più importante fu quella di Robert Nozick. Secondo Forrester, infatti, è proprio di fronte alle problematiche poste da Nozick che l’egualitarismo liberale stabilì i suoi punti fermi.
Non fu soltanto una spinta interna al dibattito filosofico a mettere in discussione la teoria di Rawls, ma furono anche le questioni internazionali e intergenerazionali a fare pressione dall’esterno Per Forrester, non fu soltanto una spinta interna al dibattito filosofico a mettere in discussione la teoria di Rawls, ma furono anche le questioni internazionali e intergenerazionali a fare pressione dall’esterno per avere risposte dalla teoria della giustizia. Questa si rivelava apparentemente inadeguata per il carattere contrattuale e statale, da un lato, e per il vincolo contrattuale, dall’altro. È in questo contesto che trovarono spazio due percorsi di studio: Peter Singer pose le questioni della morale individuale e degli obblighi dei cittadini oltre i confini statali; con Ragioni e Persone, nel 1984, Derek Parfit discusse i concetti di identità personale e di etica delle popolazioni, aprendo le riflessioni della filosofia politica al futuro.
È attorno ai concetti di eguaglianza, proprietà e responsabilità che Forrester approfondisce il ritorno di una vena marxista e socialista nel panorama filosofico. L’analisi continua con la presentazione di autori come Ronald Dworkin, G. A. Cohen, David Miller, Amartya Sen e Brian Barry. Nella conclusione, Forrester affronta il liberalismo degli anni Ottanta, il sorgere di nuove critiche a Rawls, rappresentate in modo particolare dal lavoro di Bernard Williams e Michael Sandel.
Per studenti e docenti di Filosofia, per chi fosse interessato a conoscere la storia delle dottrine che hanno formato il pensiero politico contemporaneo, per gli appassionati di politica, interessati al futuro della democrazia, questo libro può rappresentare un esclusivo supporto di studio, approfondimento e arricchimento.
[Sulla figura di John Rawls ricordiamo il «profilo» scritto da Antonella Besussi su «il Mulino», n. 1/2010, pp. 105-112, acquistabile qui]
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