La Legge di Bilancio rappresenta una svolta senza precedenti per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Con uno stanziamento per il 2024 di 780 milioni di euro, e un'autorizzazione complessiva di spesa pari a 11,63 miliardi, Salvini è riuscito in un’operazione politica che neanche Berlusconi era stato capace di portare fino a questo punto. Davvero sembrano esserci tutte le condizioni per cui questa sia la volta buona, dopo infinite discussioni sul progetto e polemiche sulla fattibilità tecnica e finanziaria. Per questo vale la pena capirne di più, a prescindere da come la si pensi rispetto a un’opera che da ogni punto di vista si può considerare unica.

La prima questione da approfondire riguarda il progetto. Grazie alle risorse assegnate, infatti, il prossimo anno si potrà arrivare a chiudere la fase di progettazione e poi di definitiva approvazione. Il ministro, per evitare ulteriori perdite di tempo, ha deciso di ripartire dal progetto elaborato dal Consorzio Eurolink, che nel 2005 aveva vinto la gara per la realizzazione dell’opera. Nel frattempo, è stata fatta ripartire la Società Stretto di Messina, rimettendo in sella come amministratore delegato Pietro Ciucci, che l’aveva guidata fino alla decisione del governo Monti di fermare l’opera per ragioni tecniche e finanziare nel 2012. L’articolo 56 della Legge di Bilancio dettaglia con precisione gli stanziamenti, anno per anno, fino al 2032, quando l’opera dovrà essere completata. Per evitare contenziosi e superare le osservazioni fatte dall’Anac sulla necessità di andare a una nuova gara, è stata indicata con chiarezza la spesa finale prevista che rientra nei limiti fissati dalle norme Ue per evitare di dover effettuare una nuova procedura d’appalto, nel caso di superamento di oltre il 50% del costo originario di 8 miliardi. E, per “attrarre” in questa operazione le migliori teste di cui il Paese (ma non solo) dispone, ad agosto è stato approvato un provvedimento che prevede che per chi lavorerà al Ponte non si applichi il tetto di 240mila euro di stipendio annuo previsto per “amministratori, titolari e componenti di organi di controllo, dirigenti e dipendenti pubblici”.

Non sono più previsti contributi privati per il finanziamento. Sarà infatti lo Stato a pagare tutte le spese

Una novità dell’operazione, rispetto al progetto approvato dal secondo governo Berlusconi nel 2003, con l’allora ministro delle Infrastrutture Lunardi, è che non sono più previsti contributi privati per il finanziamento. Sarà infatti lo Stato a pagare tutte le spese. Si proverà ad accedere a risorse europee e stanziamenti da parte delle due regioni coinvolte, Calabria e Sicilia. Il primo comma dell’articolo 56 stabilisce che la cifra prevista a bilancio sia un costo massimo e che eventuali altre risorse che dovessero rendersi disponibili non vadano ad accrescere questa cifra, ma a ridurre l’impegno statale. Si è discusso poco di questo cambiamento nell’operazione, soprattutto se si considera quanto all’epoca fosse forte nelle tesi a favore dell’opera la possibilità di accedere a capitali italiani e stranieri di investitori che erano pronti a entrare nel progetto.

La scelta del governo Monti di fermare l’opera, quando al ministero delle Infrastrutture sedeva Corrado Passera, fu determinata in particolare da due questioni. La prima era di tipo tecnico: le prescrizioni al progetto preliminare erano numerose e costose, come si addice a un progetto che non ha paragoni al mondo per complessità. Per fare solo un esempio, i due pilastri sulla sponda siciliana prevedono una gigantesca attività di escavazione in un’area posta tra il mare e i laghi di Ganzirri, habitat prioritari tutelati dall’Unione europea. Dove garantire la tutela della falda e quella sismica in cantieri che dovranno essere aperti tra centinaia di case costruite negli ultimi decenni, e con tante da demolire, per fare spazio alle attività e alle fondamenta. La seconda era di tipo finanziario, in un momento difficile per l’economia del Paese – come si ricorderà, Monti fu chiamato al governo in una delle fasi più difficili per le finanze pubbliche, con lo spread alle stelle – non esistevano le condizioni per porre una garanzia pubblica e quindi dare il via libera a un cantiere di questa dimensione.

Il secondo tema di riflessione riguarda il ruolo che l’opera avrà nel rilanciare i trasporti e l’economia del Sud. L’operazione politica di Salvini ha un obiettivo chiaro: dimostrare l’attenzione che il governo ha per questa parte del Paese che ha visto negli ultimi decenni peggiorare tutti i parametri economici e sociali. E, dunque, fare del Ponte la leva per una nuova stagione di sviluppo, attrazione di investimenti privati e pubblici che potranno contare su una più veloce connessione tra la Sicilia, la Calabria e il resto d’Italia e d’Europa. Al momento non è chiaro come la nuova infrastruttura si inserisca nel disegno di riduzione dei tempi degli spostamenti ferroviari, perché il ministero ancora non ha presentato programmi aggiornati. Di sicuro, si sta intervenendo sulla linea tra Salerno e Reggio Calabria con 2 miliardi di euro di risorse del Pnrr per realizzare 35 chilometri ad alta velocità tra Battipaglia e Romagnano, mentre sono in progettazione e da finanziare i restanti 400 chilometri che potranno consentire, secondo le Ferrovie, di ridurre a 4 ore i tempi tra la capitale e Reggio Calabria, dalle 5 ore e 30 che oggi ci mette il treno più veloce. Lato Sicilia, sono in corso alcuni importanti cantieri lungo la complessa linea costiera tra Messina e Palermo, che consentiranno di ridurre gli attuali tempi di percorrenza (2 ore e 45 minuti per il treno più veloce). Sono invece ben 11 miliardi di euro gli investimenti in corso sulla direttrice Messina-Catania, che sarà raddoppiata e ridurrà i tempi di percorrenza a 45 minuti (con una riduzione di 30 minuti rispetto ad oggi), e sulla nuova linea tra Palermo e Catania, che ridurrà i tempi di percorrenza da 3 ore a 2.

Nella prospettiva di realizzazione del Ponte sullo Stretto è evidente l’importanza di una regia rispetto alle priorità degli interventi in corso e da finanziare, che sono anche di elettrificazione delle linee, perché chi si sposta guarda ai tempi di percorrenza e mette a confronto il treno con aereo, nave, auto, pullman. Un tema importante sarà capire quali e quanti treni circoleranno sulle nuove e vecchie linee ferroviarie del Sud nei prossimi anni. Perché i treni regionali, ossia quelli che si muovono tra le città capoluogo e che sono frequentati dai pendolari, sono finanziati attraverso un fondo nazionale che si è ridotto del 20% dal 2009, con la conseguenza che in Calabria e Sicilia circolano meno treni che in passato e, ad oggi, non esiste un impegno a invertire questa tendenza. Quanto alle Frecce di Trenitalia e ai treni ad alta velocità di Italo sono a mercato, per cui bisognerà chiedere alle imprese se avranno interesse a mettere nuovi treni, quanti e quando. Purtroppo, la differenza di offerta di treni oggi è enorme tra Nord e Sud del Paese, considerando anche i tagli avvenuti negli ultimi dieci anni al servizio Intercity.

In Calabria e Sicilia circolano meno treni che in passato e, ad oggi, non esiste un impegno a invertire questa tendenza

Salvini ha il merito di aver dimostrato che dove c’è la volontà politica le risorse si possono trovare nel grande bilancio dello Stato. È una lezione per chi è stato al governo negli anni passati e non è riuscito a recuperare risorse per il servizio di trasporto pubblico regionale e locale. Ma è una sfida anche per il governo Meloni perché ancora è da chiarire dove troveranno copertura le risorse previste per il Ponte fino al 2032. L’Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori, in audizione in Parlamento sulla Manovra ha sottolineato come questa disponga nuovi stanziamenti infrastrutturali per i prossimi tre anni che per oltre i 3/4 andranno alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. E che “tale quota raggiunge l’87% dei fondi stanziati se si considera la totalità degli stanziamenti pluriennali previsti fino al 2038”. La richiesta dell’Ance è di non fare del Ponte l’opera calamita di tutti i fondi destinati alle Infrastrutture nei prossimi anni. Altrimenti, nonostante il Pnrr, si rischia di togliere possibilità alle opere urgenti e diffuse nei Comuni italiani. Altrettanto importante sarà la fattibilità tecnica del progetto e la credibilità della stima dei costi finali per evitare che si vada oltre le previsioni di spesa fissate in Manovra. In una risposta a una richiesta di accesso agli atti sul progetto, fatta negli scorsi giorni dal Wwf, l’amministratore delegato della Società Stretto di Messina Pietro Ciucci ha chiarito che il procedimento di aggiornamento del progetto è “in fase di istruttoria ed esame da parte degli uffici della società al fine di verificarne la completezza generale e la congruità” anche “con riferimento alla componente ambientale”. I tecnici del Servizio Bilancio del Senato hanno inoltre sottolineato la necessità di aggiornare i prezzi, che risalgono a dieci anni fa, e di valutare gli oneri delle opere di Anas e Rfi a terra di collegamento all’opera che dovranno essere quantificate e inserite a Bilancio. Di sicuro ha pochi precedenti nella storia del Paese che un’opera venga finanziata per intero ancora prima che il progetto sia approvato, e dunque con enormi margini di incertezza rispetto a costi e tempi.

Finora l’opposizione è stata silente rispetto a questa svolta impressa dal governo Meloni, ma sarà importante garantire la massima trasparenza rispetto alla procedura e anche l’indipendenza da parte di chi sarà chiamato a valutare il progetto. Perché con risorse di questa entità è evidente il rischio di forzature e conflitti di interesse, e scongiurare che si rinunci a misure importanti e urgenti per la sanità e la scuola, per metro e tram nelle città, perché le risorse sono bloccate per il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina.