C'è una qualche speranza che la prossima spending review si occupi anche dell'efficienza del nostro sistema universitario? Dove per efficienza deve intendersi proprio ciò che la parola dice, cioè la capacità di produrre ai costi minori possibili l'attività desiderata, che è quella di dotare i propri studenti di competenze adeguate.

Anni fa, chiesi al Rettore di una nostra università, perché non avesse mai pensato di far esaminare tutti gli studenti, di ciascuna classe, nella terza settimana di giugno, come è normale nel resto del mondo. La risposta fu illuminante: l'università non dispone di aule sufficienti per far sedere tutti gli studenti iscritti. Quindi è bene che gli esami avvengano più volte all'anno, che molti esami siano orali, gli studenti potendo sostenere gli esami scegliendo fra tante diverse date, per ciascuna materia.

Molte nostre università possono sopravvivere solo se accettano l'iscrizione di molti più studenti di quanti possono regolarmente frequentare le lezioni.

Sembra un paradosso, ma non è l'unico di cui dovrebbe occuparsi la spending review. Pensate alla riforma che anni fa introdusse anche da noi le cosiddette lauree triennali. Doveva servire a due obiettivi principali : evitare i tanti studenti che si iscrivono "per sbaglio", cioè stanno all'università un anno o due, e poi se ne vanno. E soprattutto, evitare i cosiddetti "fuori corso" cioè quegli studenti che impiegano anni e anni a laurearsi.

La riforma ha avuto successo? Ben poco. Il numero di quanti si iscrivono un anno e poi cambiano idea, non si è molto ridotto. In compenso, è cresciuto il numero degli anni che in media gli studenti passano all'università. Prima i corsi duravano 4 anni; adesso ci sono due moduli: una prima laurea triennale, cui segue quella “magistrale”, di altri due anni. E cosa fa 3+2? In molti casi, si arriva a 8, essendo noi anomali rispetto al resto del mondo da ben 3 punti di vista: troppi studenti proseguono con la laurea magistrale; nessuno o quasi consegue a giugno del terz'anno la prima laurea; e anche la seconda laurea pochi la conseguono a giugno del relativo biennio.

Insomma, la laurea dei più bravi ( che pure ci sono) è largamente sussidiata non solo dal contribuente, ma anche dalle tante famiglie che affidano all'università i loro figli per anni e anni, senza alcun prodotto utile al Paese.

Qual é il rimedio più efficiente a tutto ciò: aumentare di molto le tasse scolastiche (soprattutto al 1 anno, e ai fuori corso); oppure chiudere le università dove queste anomalie sono più vistose?