Lo scorso marzo, il Comitato europeo dei Diritti sociali del Consiglio d’Europa ha riconosciuto che l’Italia, alle condizioni prescritte dalla legge 194/1978, viola i diritti delle donne che intendono interrompere la gravidanza. Questo pronunciamento accoglie i reclami della Ong International Planned Parenthood Federation European Network- IppfEn (n. 87/2012) e della Cgil (n. 91/2013), che segnalano l’elevato e crescente numero di obiettori nelle strutture sanitarie e le conseguenti carenze di personale non obiettore. Uno stato di cose che ha come effetto lunghe liste di attesa, procedure d’urgenza, mancata assistenza pre e postoperazione e, a volte, impossibilità di accedere all’interruzione volontaria della gravidanza (Ivg) tramite il Servizio sanitario nazionale (cfr. www.coe.int/T/DGHL/ Monitoring/SocialCharter/). La situazione esposta dall’IppfEn sembra confermata dalla recente denuncia, attraverso l’Associazione «Luca Coscioni», di Valentina Magnanti che, ricoverata per un aborto terapeutico all’ospedale Pertini di Roma, sarebbe stata lasciata sola durante il travaglio per assenza di personale non obiettore – e dalla reazione a catena di altre donne che hanno subito trattamenti simili.
Per quanto preoccupanti, queste notizie hanno però il merito di aver rinvigorito il dibattito, in realtà mai sopito, sulla legge 194 e la sua applicazione, e aver rimesso in discussione alcune constatazioni contenute nella più recente relazione ministeriale in materia (13.9.2013). Le stime Istat per gli anni 2011-2012 indicano che il numero di Ivg su tutto il territorio nazionale è diminuito rispetto agli anni precedenti. Secondo il ministero, questo suggerirebbe che il cospicuo numero di obiettori (stimato per i ginecologi al 69,3% a livello nazionale, con un picco di oltre l’85% in alcune regioni meridionali) non sia poi così preoccupante e vada anzi rivalutato in considerazione della diminuzione di Ivg, tale per cui il personale non obiettore sarebbe adeguato a garantire l’assistenza prevista dalla legge. La relazione ministeriale riconosce, tuttavia, che l’iniqua distribuzione territoriale di obiettori e non obiettori fa in modo che in alcune regioni l’applicazione della legge 194 sia effettivamente critica. Inoltre, mancano i dati riguardanti gli aborti clandestini, che potrebbero dare indicazioni sul fatto che la diminuzione delle Ivg, soprattutto in quelle regioni dove l’obiezione di coscienza (Odc) è più frequente, non sarebbe un indice del successo delle politiche preventive, ma della difficoltà di accesso per vie legali e in strutture pubbliche.
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Riproduciamo qui l'incipit dell'articolo di Emanuela Ceva e Maria Paola Ferretti, 194 e obiezione: è vera coscienza?, pubblicato sul “Mulino” n. 3/14, pp. 390-398.
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