«Bello» può esprimere ciò che riconosciamo piacevole ai sensi («una bella canzone») o ciò che suscita ammirazione e soddisfazione («una bella serata»). Come sostantivo, «il bello» designa invece il concetto astratto, la specificità stessa della bellezza. Se però andiamo oltre il senso comune occidentale, scopriamo che non è ovunque così. La cultura cinese, per esempio, non distingue fra l’attributo concreto e il valore astratto, anche se poi ha finito per importare la nostra idea di bello proprio quando, alla fine dell’Ottocento, in Occidente se ne decretava la morte. Da questo decisivo scarto linguistico Jullien prende le mosse per condurre una raffinata riflessione sul valore relativo, i limiti e la specificità delle categorie di pensiero più consolidate.
François Jullien, filosofo e sinologo, insegna all’Università Paris Diderot (Paris 7). Fra le sue opere tradotte in italiano ricordiamo, pubblicate da Laterza, «Pensare l’efficacia in Cina e in Occidente» (2008) e «L’universale e il comune» (2010).
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