"Un libro che non si può non leggere" (Andrea Casalegno).
Lungi dal costituire un episodio della storia millenaria dell'antisemitismo o un incidente di percorso, una barbara ma temporanea deviazione dalla via maestra della civilizzazione, l'Olocausto è inestricabilmente connesso alla logica della modernità così come si è sviluppata in Occidente. Nella spietata analisi di Bauman, quanto accadde nei campi di sterminio non costituisce una sorta di "malattia" sociale, ma un fenomeno legato alla condizione "normale" della società. La razionalizzazione e la burocratizzazione tipiche della civiltà occidentale sono state condizione necessaria del genocidio nazista, che fu l'esito dell'incontro fra lo sconvolgimento sociale causato dalla modernizzazione, con il suo portato di angosciose insicurezze, e i poderosi strumenti di ingegneria sociale creati dalla modernità stessa. Una lezione che va appresa nella sua radicalità, specie in un mondo ancora una volta travagliato da problemi di convivenza fra culture ed etnie.
Zygmunt Bauman è professore emerito nell'Università di Leeds. Tra le sue opere pubblicate dal Mulino ricordiamo "La società individualizzata" (2002) e "Vite di corsa" (2009).
Collana "Biblioteca paperbacks", Bologna, Il Mulino, pp. 280, euro 12.
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