Sulla vita e sull’opera di Susan Sontag (1933-2004) molto è stato scritto e detto, tanto da rendere estremamente facile – o, al contrario, molto difficile, poiché la disponibilità di fonti implica sempre il dovere del riscontro e la verifica dell’attendibilità – una ricognizione cronologica del suo cammino intellettuale. L’attivista politica, la critica letteraria, l’autrice di reportage dalle zone in cui si è scritta la storia del secolo scorso (Cuba, Vietnam, Israele, Bosnia), l’etnologa della vita quotidiana, la scrittrice di fiction, la regista: tutte queste figure, e molte altre ancora, danno un’idea soltanto parziale della varietà prospettica con cui Sontag ha affrontato il compito assai ambizioso che aveva posto a guardia del suo lavoro: l’insaziabilità intellettuale, l’interrogazione sul significato delle linee di frontiera (geografiche e simboliche), il dovere incondizionato di cercare una comprensione dell’umano sempre a contatto con la realtà delle sue contraddizioni.Insaziabilità intellettuale, l’interrogazione sul significato delle linee di frontiera (geografiche e simboliche), il dovere incondizionato di cercare una comprensione dell’umano sempre a contatto con la realtà delle sue contraddizioniLa complessa articolazione della sua opera, estesa nell’arco di oltre cinquant’anni con ben poche pause dal lavoro, fa pendant con uno stile di scrittura versatile e diretto, la cui forma elettiva è senza dubbio il saggio. Molti fra i suoi testi più commentati sono pubblicati in origine su riviste che hanno dato un nuovo impulso all’editoria americana del dopoguerra. Su tutte basterebbe citare la «New York Review of Books», la «Partisan Review» e il «New Yorker». Nella sua lunga esperienza di pubblicista, Sontag contribuì a diffondere un linguaggio capace di arrivare al lettore, riscuotendo un successo di pubblico e un riconoscimento diffuso che tuttavia non colmarono la sua ambizione intellettuale, la sua passione per la complessità della vita, il suo desiderio di andare avanti e continuare a conoscere, leggere, scrivere, amare, vivere. Uno stile di scrittura estremamente personale, che non concede nulla all’estetismo fine a se stesso e al desiderio della contemplazione artistica, costruendo al contrario ponti e connessioni fra avvenimenti, epoche e discipline in nome di un principio di avanguardia operante in campo teorico, artistico e politico.
[L'articolo completo, pubblicato sul «il Mulino» n. 4/17, pp. 623-628, è acquistabile qui]
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