Sia in Italia sia a livello internazionale, l’opera di Stefan Zweig (1881-1942) sta vivendo un revival di dimensioni impressionanti. Tutti matti per Zweig, titolava recentemente «la Repubblica», mentre il «New York Times» registrava in modo analogo una vera e propria «Zweigmania». Da due anni a questa parte il mercato editoriale italiano viene letteralmente inondato di ristampe e nuove traduzioni delle opere di Zweig: la famosa Novella degli scacchi, ad esempio, è stata pubblicata in ben tre edizioni differenti (Garzanti, Einaudi, SE). Mentre la maggior parte degli editori approfitta, dal febbraio del 2012, della scadenza dei diritti d’autore, Adelphi è già da tempo impegnata a riproporre in eccellenti traduzioni i racconti e le novelle più celebri. Nello stesso tempo vengono riproposte anche le raccolte di saggi sugli «architetti del mondo» e le più note biografie, tra cui quella su Romain Rolland, tradotta per la prima volta in italiano. All’interno di questa renaissance, la più significativa impresa editoriale è stata comunque realizzata in Francia, dove la Pléiade ha riproposto in due pregevoli volumi la prosa in forma integrale, corredata di preziosi commenti. Per quanto riguarda la ricerca, nel 2008 è stato fondato a Salisburgo, la città dove Zweig visse dal 1919 al 1934, un centro studi con il compito di promuovere la diffusione delle sue opere e di incentivare gli studi specialistici (www.
stefan-zweig-centre-salzburg.at).
Il fascino che emana dalle opere di Zweig è legato anzitutto alla nostalgia per il «mondo di ieri» che le sottiene. Nell’autobiografia che lo ha reso famoso (Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo, trad. it. Mondadori, 1993), lo scrittore celebra la magia della Felix Austria, rappresentata come l’epoca della sicurezza e della stabilità che va in frantumi allo scoppio della Prima guerra mondiale. Lo scrittore rimpiange un mondo in cui «ognuno sapeva quanto possedeva e quanto gli era dovuto, quel che era permesso e quel che era proibito, in cui tutto aveva una sua norma, un peso e una misura precisi». Prende commiato definitivamente da un’Europa senza frontiere, in cui era possibile spostarsi da un Paese all’altro senza mostrare il passaporto e il singolo si godeva indisturbato il massimo della libertà individuale. Il lento declino del continente europeo culmina poi nella barbarie del nazismo, responsabile della distruzione della civiltà e del nuovo conflitto mondiale.
Riproduciamo qui l'incipit del Profilo di Stefan Zweig scritto da Arturo Larcati, pubblicato sul «il Mulino» n. 6/14, pp. 991-998.
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