Non il divario salariale, non la rappresentanza delle donne in politica o nelle cariche di potere, ma è l’amore – inteso come la relazione di coppia eterosessuale – a essere sotto accusa come luogo di abuso strutturale: l’intimo viene chiamato in causa come campo principale della battaglia per l’uguaglianza di genere nell’ultimo saggio della giornalista franco-svizzera Mona Chollet (Réinventer l’amour. Comment le patriarcat sabote les relations hétérosexuelles, Zones, 2021).
Mona Chollet è un po’ una star, con i pro e i contro che questo comporta: ha il pregio di riuscire a divulgare – senza perdere nulla in erudizione – i grandi temi del femminismo e delle questioni di genere. I numeri parlano chiaro: il suo Beauté fatale (Zones, 2012) ha venduto in Francia 88 mila copie; Sorcières, il suo bestseller (pubblicato sempre da Zones e in Italia da Utet con il titolo Streghe. Storie di donne indomabili dai roghi medievali a #MeToo) è stato tradotto in 15 lingue e, solo in Francia, ha venduto oltre 250 mila copie. Parlando di saggi, sono numeri importanti.
Non ho i dati di vendita di Réinventer l’amour ma è esposto tra i best seller (insieme a La France n’a pas dit son dernier mot di Eric Zemmour – che cosa ci racconta del mondo questa coincidenza?) e in metropolitana ogni giorno vedo una donna china sul testo.
In Francia, l’amore e la coppia sono sotto i riflettori da qualche anno: nel 2017, la giornalista Titiou Lecoq ci ha detto che la lotta femminista inizia davanti al cesto della biancheria sporca, perché l’intimità della vita amorosa è un fatto politico in sé (Libérées!: Le combat féministe se gagne devant le panier de linge sale); nel 2019 la fumettista Emma ha coniato l'espressione «carico mentale ed emotivo» per indicare quanto la gestione e la cura della coppia, della famiglia, della casa pesino, in generale, sulle spalle della donna (La charge émotionnelle et autres trucs invisibles).
La lotta femminista inizia davanti al cesto della biancheria sporca, perché l’intimità della vita amorosa è un fatto politico in sé
Poi è arrivato il #MeToo e il tema delle violenze sulle donne è entrato con forza (e come un’evidenza) nel discorso pubblico. Violenza commessa da uomini che spesso sono persone vicine, spesso i partner. Perché sì, dice la femminista e militante lesbica Alice Coffin (il cui dibattutissimo Le Génie Lesbien è uscito nel 2020 per Grasset), sono gli uomini che stuprano e uccidono. E Judith Duportail si chiede, in Dating Fatigue (L'Observatoire, 2021), se le donne possono ancora volere una relazione (eterosessuale) ed essere femministe: come costruire una relazione basata sull’uguaglianza nell’intimo quando le nostre società non sono egualitarie?
Insomma. Che cosa fare con l’amore? La coppia eterosessuale è in sé una forma di oppressione? Essere lesbica è l'unica via d'uscita per smarcarsi dai meccanismi di una società dominata dai maschi e per combattere il sistema patriarcale?
Questa è la risposta di tante donne, tra cui la scrittrice Virginie Despentes, citata nel testo di Chollet: «Uscire dall'eterosessualità è stato un enorme sollievo. [...] Prima, c’era sempre qualcuno che poteva farmi notare che non ero abbastanza… In un secondo, questo peso è saltato, la preoccupazione non esiste più. Sono libera dalla seduzione eterosessuale e dai suoi diktat!». Già Monique Wittig aveva parlato dell’eterosessualità come di un «regime politico» negli anni Settanta.
Mona Chollet arriva nel settembre 2021, riprende le fila di questo dibattito vecchio e nuovo e ci dice, invece, il contrario: non ha intenzione né di rinunciare alla sua eterosessualità né, soprattutto, all'amore. Anzi, celebra l’amore: «Intrecciando due vite, l'amore mette insieme saggezza accumulata, storie, risorse, eredità, i modi di godere della vita, gli amici, i Paesi. Moltiplica le connessioni e le possibilità. Apre porte nella nostra identità che non sapevamo nemmeno esistessero. Ci apre alla possibilità di una nuova vita».
E proprio questo amore tanto difeso e voluto – e nelle strutture nelle quali entriamo dopo l’incontro amoroso – Chollet vede la fonte della maggior parte delle sofferenze e delle violenze, nonché il primo terreno di emancipazione. Mentre passa in rassegna alcune delle costruzioni sociali e psicologiche più classiche – l’attenzione costante e vigile delle donne alle emozioni degli uomini, la cura, il rapporto tra amore e morte, il cliché della donna fragile e debole, l’erotizzazione del corpo, l’erotizzazione razziale delle minoranze e, naturalmente, la violenza fisica e psicologica – Chollet continua a difendere l’amore.
Che cos’è l’amore romantico? Che peso hanno i cliché che lo costituiscono, incastonati di stereotipi di genere, nel costruire la nostra vita affettiva? In che modo la disuguaglianza strutturale delle relazioni d’amore eterosessuali mina le fondamenta stesse di una vita di coppia soddisfacente? Come questi rapporti basati sulla dominazione erotizzano il nostro immaginario? (Il «perverso narcisista» è una deviazione, si chiede, o è solo il «figlio sano del patriarcato»?).
Smontare l’amore, attaccare l’amore, trasformare l’amore. Per salvarlo. Lo scopo «poco femminista» di Mona Chollet – «scegliendo questo soggetto, so che mi sto condannando a rotolare miseramente ai piedi del podio del radicalismo femminista» – è quello, scrive, di salvare le relazioni amorose eterosessuali dagli effetti «afrodisiaci della disuguaglianza», immaginare un’eterossessualità che tradisca il patriarcato e soprattutto trovare un modo per – ed è la formula che più ho apprezzato nel suo testo – «erotizzare l’uguaglianza». Essere «autenticamente eterosessuali» per Chollet è amare le donne non per quello che rappresentano in questo immaginario, ma per quello che sono e per quello che possono diventare.
«L'amore è una specie di giardino segreto. Non vogliamo necessariamente mettere in discussione le rappresentazioni che abbiamo. Vogliamo credere che tutto sia spontaneo, che sfugga alle leggi sociali e ai rapporti di potere. Ed è difficile rendersi conto che non è così. È una realtà che non vogliamo necessariamente guardare», ha detto Chollet a «Le Devoir». Il dibattito è aperto per tutti – uomini e donne – ma non solo i ruoli restano spesso invariati ma, più pernicioso, le fantasie erotiche e affettive, i canovacci intorno ai quali costruiamo la nostra vita affettiva non si modificano.
Copioni di genere totalmente sbilanciati, nei quali nessun personaggio è felice. Gli archetipi nelle nostre danze d'amore – quello dell'uomo distante, riluttante a impegnarsi, a disagio nell'esprimere le sue emozioni (e costantemente erotizzato) e quello della donna attenta, piena di attenzioni, che porta tutto il carico emotivo della relazione, che vuole «parlare» e impegnarsi – non sono coincidenze individuali, ma aspettative sociali. «I partner che si conformano alla lettera ai loro rispettivi copioni di genere rischiano di rendersi reciprocamente molto infelici», dice Chollet.
Chollet smonta questi concetti con termini semplici e con una ricchezza di esempi e di riferimenti teorici importanti e inevitabili (da Eva Illouz a bell hooks, da Gloria Steinem a Kate Millett…), dalla cultura più «pop» (Cheryl Strayed o Marlon Brando), dalle serie Tv, dal cinema e dalla letteratura (con una stroncatura definitiva di Bella del Signore di Albert Cohen, per esempio). Un po’ come nelle Mythologies di Roland Barthes, Chollet guarda, analizza, smonta e ricontestualizza.
Il testo dedica spazio alla decostruzione dell’immaginario culturale romantico che ha nutrito e che nutre il nostro immaginario personale (Harvey Weinstein, una condanna a 23 anni di prigione per aggressione e stupro, ha esercitato per molto tempo un potere immenso sull'immagine dell'amore trasmessa da Hollywood, ad esempio); o come la pittura ci ha abituato a rappresentazioni lascive di donne, oggetti desiderabili offerti allo sguardo maschile; o ancora il ruolo l’immaginario coloniale nell’appropriazione sessuale del corpo femminile, dall’esotizzazione del corpo fino al turismo sessuale.
Il libro dedica spazio alla decostruzione dell’immaginario culturale romantico che ha nutrito e che nutre il nostro immaginario personale
Non è un saggio in senso stretto, non è nemmeno un’analisi storica o sociologica: è tutte queste cose, insieme alla riflessione di una donna che si è fatta delle domande a partire dal suo vissuto e dai suoi sentimenti e che ha cercato di smontare i pezzi di quello che in prima persona ha vissuto, per guardare, uno a uno, i fantasmi che si nascondono dietro le forme che prendono le nostre relazioni. Struttura e sovrastruttura. Partendo dal sé, per tentare una cosa molto semplice: essere più felici, appaganti nelle nostre relazioni amorose.
Réinventer l’amour è un testo figlio del suo tempo, è la «divulgazione» di un dibattito profondo, iniziato da tempo, ma che non aveva spazio presso il grande pubblico. Lettori o lettrici già interessati all’argomento troveranno questo testo un piacevole compendio, con qualche sorpresa. Al contrario, lettori o lettrici che si accostano alla questione per la prima volta usciranno da questa lettura pieni di domande, voglie, questioni, spunti di lettura. L’aspetto per me più interessante – e anche il più fecondo per una discussione – è la posizione «scomoda» di Chollet: la difesa dell’amore romantico, monogamo, eterosessuale da un lato e l’intransigenza «femminista» dall’altro.
«Per me, il sapore dell'amore è indissolubilmente legato al dare un posto privilegiato nella propria vita a qualcuno e occupare un posto simile nella propria, distinguere l'altro ed essere distinti da lui o lei, così che il poliamore è semplicemente al di là della mia capacità di comprensione. [...] Credo che l'esclusività in amore possa portare piaceri insostituibili; credo che ogni persona sia abbastanza grande per contenere tutto il mondo e offrirlo all'altro, e che non abbiamo mai finito di conoscere qualcuno».
Difesa dell’amore fatta non – come spesso accade oggi – sull’attacco al femminismo e alla sua critica all’esistente, sulla rivendicazione della «libertà a importunare», ma proprio sulla base della critica femminista della società. La mancanza di radicalità – se è un difetto – è certamente una caratteristica di questo testo, che funziona, a mio avviso, come porta di entrata in un dibattito fondamentale. Quello di Chollet, insomma, è un «femminismo mainstream» che ben venga. Non a caso, Chollet è tra gli autori che vengono proposti in lettura in alcuni licei francesi.
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