Il volume di Sergio Fabbrini, Which European Union? Europe after the Euro Crisis, recentemente pubblicato da Cambridge University Press, si inserisce nel filone di studi sul processo di istituzionalizzazione dell’Unione europea. Il titolo è deliberatamente vago. «Quale Unione europea?», infatti, è una domanda che l’autore articola in tre sensi diversi. In un primo senso, Fabbrini si chiede quali siano, alla luce dallo stress-test della recente crisi economica, le caratteristiche dell’Ue come sistema politico. In un secondo senso, si chiede quali siano le varie visioni circa la natura e il futuro dell’Unione presenti nel dibattito attuale e supportate dai diversi attori istituzionali e Stati membri. In un terzo e ultimo senso, si chiede quali siano le prospettive future per la Ue e quale sia la soluzione istituzionale verso la quale la Ue dovrebbe muovere. Il libro di Fabbrini è un rigoroso e sofisticato tentativo di rispondere a queste tre domande ed è organizzato quindi in tre parti.
Nella prima, vengono ricostruite le principali caratteristiche della Ue come sistema politico, risultato di un compromesso fra le tensioni intergovernativo e sovranazionali che hanno dato forma al suo multi-lineare processo di istituzionalizzazione. La recente crisi dell’euro ha rafforzato ulteriormente le istituzioni intergovernative (Consiglio europeo e Consiglio dei ministri) a scapito di quelle sovranazionali (Commissione e Parlamento), alterando definitivamente l’equilibrio «duale» creato col Trattato di Lisbona. Nella visione di Fabbrini, quindi, la crisi economica non solo ha annichilito le speranze di una graduale convergenza fra l’unione intergovernativa e quella sovranazionale, ma ha persino reso più difficile la stessa convivenza fra le «due unioni».
La seconda parte del libro è dedicata all’interpretazione delle diverse prospettive circa la natura ed il futuro dell’Unione presenti all’interno del dibattito politico e adottate da diversi attori istituzionali e Stati membri. Ad un occhio attento, sostiene l’autore, più che di un’Europa a più velocità, il processo di integrazione europea dovrebbe essere visto come muoversi verso «più di una Unione» (p. XXIV). Il processo di istituzionalizzazione della Ue è infatti spiegabile come risultato di una negoziazione implicita fra almeno tre diverse visioni. La prima visione interpreta l’Ue esclusivamente quale «comunità economica». Questa prospettiva è adottata da quegli Stati membri che mantengono posizioni più forti circa la preservazione della sovranità nazionale ed hanno scelto di non entrare nell’Unione monetaria. La seconda e la terza visione, invece, definiscono la Ue come una «unione politica», sebbene con declinazioni diverse circa la direzione da prendere. La seconda visione identificata da Fabbrini descrive la Ue come una «unione intergovernativa». I sostenitori di questa prospettiva – la Francia, in particolare – favoriscono un metodo di coordinamento centrale delle politiche, che vanno definite collegialmente a Bruxelles piuttosto che tramite accordi bilaterali fra governi nazionali. La terza visione consiste nel rafforzamento di una «unione parlamentare». I sostenitori di questa prospettiva – tradizionalmente la Germania, oggigiorno l’Italia – spingono per una ulteriore parlamentarizzazione delle procedure decisionali come mezzo per muovere verso un sistema sovranazionale più democratico e responsabile.
La terza e ultima parte del libro consiste nel tentativo di proposta, da parte dell’autore, di una soluzione istituzionale per la Ue che sia allo stesso tempo ragionevole ed effettivamente applicabile. Nella visione di Fabbrini, alcuni dei problemi che la Ue affronta non possono trovare soluzione all’interno dell’attuale setting istituzionale. Allo stesso modo, tuttavia, è difficile immaginare che la Ue e le sue istituzioni troveranno maggior forza nell’attuale contesto politico-economico, mentre sono esposte a tensioni centrifughe. Fabbrini sostiene che un primo passo verso una soluzione a questo tipo di problema possa essere rappresentato da una separazione formale fra gli Stati membri e non membri dell’Eurozona. Ovvero, fra quelli interessati a spingersi verso un rafforzamento dei legami dell’unione e quelli che scelgono di mantenere intatte più ampie sfere di sovranità nazionale. Le relazioni con gli Stati fuori dall’Eurozona dovrebbero consistere nel mantenimento e rafforzamento di una comunità economica inclusiva. Dall’altro lato, gli Stati all’interno dell’Eurozona dovrebbero lavorare verso la costruzione di una vera e propria unione politica, formalizzata attraverso la formulazione e approvazione di una costituzione federale.
La risposta di Fabbrini alla domanda «Quale Unione europea?» consiste quindi nella proposta di istituzionalizzazione di una unione federale, definita quale unione di Stati e cittadini. L’Unione europea, egli sostiene, deve essere interpretata e di conseguenza istituzionalizzata nei termini di una «democrazia composita», ovvero un modello di democrazia caratterizzato da un sistema di istituzioni separate che condividono potere decisionale, come esemplificato dai casi degli Stati Uniti e dalla Svizzera. La democrazia composita rappresenta l’unico modello di unione politica che permetterebbe una riconciliazione fra interessi dei governi (a livello intergovernativo) e interessi dei cittadini (a livello sovranazionale).
In conclusione, secondo la prospettiva di Fabbrini, il futuro dell’Ue deve consistere nell’istituzionalizzazione di un’integrazione a livelli o «profondità» differenti. La formalizzazione della separazione dei rapporti fra Stati membri dentro e fuori dall’Eurozona permetterebbe la creazione di un’unione federale più stretta – a closer union – fra i primi, e allo stesso tempo la creazione di una comunità economica inclusiva con i secondi. Di conseguenza, permetterebbe di creare un’unione politica dotata di una vera e propria identità costituzionale per l’area euro e al contempo di espandere il mercato unico in un framework inclusivo per tutti gli Stati europei (membri e non membri dell’Ue).
I punti di forza del volume di Fabbrini sono, senza dubbio, la profondità della sua analisi, basata su categorie analitiche sofisticate, e l’attenta ricostruzione storica dei meccanismi di potere che hanno caratterizzato il processo di integrazione europeo. Quello che maggiormente contraddistingue questo contributo dal resto della vasta letteratura sull’integrazione europea è il suo riferimento all’approccio storico-istituzionale, supportato dall’esperienza dell’autore nell’ambito dello studio comparato della politica e dei sistemi federali. Dal punto di vista analitico, la proposta per il futuro dell’Unione contenuta nel libro è certamente attraente, e destinata ad animare il dibattito accademico e politico. Tuttavia, alcuni dubbi rimangono circa l’effettiva attuabilità di una proposta di questo genere.
Se le decisioni che presiedono i processi d’integrazione e d’istituzionalizzazione della Ue sono nelle mani di quegli stessi attori che hanno sino ad ora privilegiato e rafforzato gli aspetti decisionali intergovernativi a scapito di quelli sovranazionali, sembra difficile aspettarsi che gli stessi si muovano verso soluzioni che includono il loro impegno a cedere più larghe sfere della propria sovranità nazionale a istituzioni sovranazionali dotate di maggiori poteri.
[L'articolo è disponibile in lingua inglese su euvisions.eu]
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