Questo articolo fa parte dello speciale Amministrative 2019
In Umbria il clima politico continua a essere avvelenato. Dopo gli effetti politici delle indagini giudiziarie che hanno condotto alla decapitazione dei vertici regionali del Partito democratico e agli arresti domiciliari dei massimi dirigenti dell’assessorato alla sanità e dell’ospedale di Perugia, il 7 maggio l’Assemblea legislativa regionale
– chiamata per statuto ad esprimersi sulle dimissioni della presidente Marini, anch’essa indagata nell’ambito dell’inchiesta volta ad accertare presunti condizionamenti nel corso del regolare svolgimento di alcuni concorsi pubblici – ha deciso di posticipare il dibattito. L’obiettivo è “proteggere” la consiliatura in carica, se possibile, portandola fino al compimento della sua scadenza naturale, in modo da presentarsi alle elezioni del 2020 in condizioni meno problematiche rispetto a quelle attuali. Tutto ciò, non senza conflitti interni al Pd e in netto contrasto con le indicazioni provenienti dal “partito romano” di Nicola Zingaretti, convinto della necessità di avviare le procedure per l’interruzione anticipata dell’azione di governo.
Intanto, in Umbria, parallelamente alle cronache giudiziarie, si sta portando a termine la campagna elettorale programmata per il rinnovo delle istituzioni municipali. Tra le città chiamate al voto c’è anche Perugia, attualmente governata da una giunta di centrodestra che, per la prima volta nella storia democratica, nel 2015 è riuscita a vincere le elezioni comunali. Oltre a Perugia, il 26 maggio si vota anche a Foligno, Gubbio, Bastia Umbria, Castiglion del Lago, Gualdo Tadino, Marsciano, Orvieto e in molti altri comuni più piccoli. La domanda fondamentale che attraversa le piazze della politica locale è volta a comprendere il potere di condizionamento degli eventi giudiziari sul comportamento dei cittadini in cabina elettorale.
Sicuramente, il vento che spira è un vento di cambiamento. Dopo anni di grande equilibrio e di forte continuità amministrativa, ora l’Umbria appare davvero contendibile. In questo quadro di profonde trasformazioni, le opzioni politiche messe in campo sono due e mezza. La prima è quella del “salvataggio” in extremis, con riferimento alla quale, nonostante tutto, il centrosinistra potrebbe mantenere inalterate le posizioni acquisite (o la maggioranza delle città chiamate al voto). Questa possibilità, però, qualora realizzabile, presenta oggi, più che in passato, una caratteristica del tutto inedita. Infatti, al di là del consenso elettorale che potrà essere acquisito, alle forze umbre di governo e ai partiti “rossi” della “terza Italia” è venuta a mancare l’affiliazione storica a una fitta rete istituzionale (costituita da sindacati, gruppi di interesse, strutture assistenziali, enti culturali e associazioni ricreative), capace di controllare con modalità verticistiche gli equilibri politici locali e, con essi, la formazione di un “blocco storico” di riferimento in grado di garantire la stabilità del voto. Per di più, qualora lo schieramento progressista riuscisse a mantenere i rapporti di forza elettorali a suo vantaggio, in Umbria, potrà farlo ricorrendo sovente a energie esterne, che soprattutto nelle città più grandi e a maggior valore simbolico fanno riferimento a una generazione di homines novi, che – come nel biennio 1993/95 – debbono la propria visibilità a caratteristiche individuali legate alla loro traiettoria di carriera professionale piuttosto che a meriti politici pregressi. Due esempi su tutti. A Perugia, il candidato di centrosinistra che sfida Andrea Romizi, sindaco uscente, è Giuliano Giubilei, giornalista Rai, senza un pregresso politico, ma capace di dare voce a un progetto di centrosinistra, fondato, innanzitutto, sulla sua autorevolezza personale. A Foligno, terza città dell’Umbria, il candidato del centrosinistra, Luciano Pizzoni (sostenuto anche da liste di sinistra-sinistra), è un manager dell’Umbria-Group (una delle principali industrie del comportato della meccanica di precisione, fiore all’occhiello del tessuto industriale regionale), anch’egli alla sua prima esperienza politica. Eventuali risultati positivi ascritti a nome di questi candidati sarebbero attribuiti alle persone prima ancora che ai partiti.
Il secondo responso delle urne, invece, potrebbe rappresentare un elemento di cambiamento, con la vittoria dei rassemblement di centrodestra. Stando alle due città più importanti, a Perugia si tratterebbe di una conferma, con Romizi che dimostrerebbe di conservare il gradimento registrato cinque anni prima. A Foligno, invece, la vittoria del centrodestra guidato da Stefano Zuccarini, candidato sindaco in quota Lega, sarebbe percepita alla stregua di un vero e proprio terremoto. In questo quadro, con Terni già governata da un sindaco leghista, eletto dopo il commissariamento del Comune ai tempi dell’ultima giunta di centrosinistra, se a Perugia dovesse confermarsi la vittoria del centrodestra in alleanza con la Lega, e se a Foligno si instaurasse un’amministrazione guidata dalla Lega, lo slogan dell’Umbria “cuore verde” d’Italia acquisterebbe un rinnovato significato politico. Gli effetti simbolici di questa seconda possibilità (con le elezioni regionali alle porte, che al momento vedono in crescita il partito di Salvini) sarebbero senz’altro utilizzati dal “Carroccio” per mostrare l’ulteriore svolta politica nazionale.
L’ultima “mezza” opzione possibile, apparentemente zoppa ai nastri di partenza, è quella interpretata dal Movimento 5 Stelle. Infatti, restando su Perugia e Foligno, i candidati pentastellati sembrerebbero partire con qualche svantaggio, almeno stando al clima di opinione diffuso in città. Su Perugia la battaglia per la scelta del candidato a primo cittadino ha spaccato in due il Movimento, con Francesca Tizi (candidata ufficiale) e Cristina Rosetti (ex capogruppo uscente in Consiglio comunale), estromessa a vantaggio della prima, ma comunque presente con una lista elettorale autonoma. A Foligno, David Fantuzzi, apprezzato professionista, sembrerebbe scontare un deficit originario di visibilità e un appeal elettorale più scarso rispetto ai suoi avversari. Certamente, in caso di sconfitta, in entrambe le circostanze, ad un eventuale turno di ballottaggio il comportamento degli elettori “grillini” sarà determinante per la vittoria dell’uno o dell’altro schieramento politico.
Una cosa è certa. In questa fase, complessa e delicata per gli equilibri politici regionali, l’Umbria è diventata una regione contendibile. E a dimostrarlo sarebbe l’impegno profuso dai principali leader nazionali, presenti in Umbria in queste settimane di campagna elettorale come mai si era visto prima in occasione del rinnovo delle istituzioni municipali. Ovviamente, però, agli occhi dell’analista e dell’osservatore esterno, nessun cambiamento è positivo di per sé. Perché ciò possa realizzarsi, il nuovo schieramento politico che si candida a governare la Regione e le sue città più importanti sarà chiamato a risolvere due questioni fondamentali. La prima è formare velocemente una classe dirigente affidabile dopo molti anni di opposizione ai governi locali. Da questo punto di vista, la riprova sta nella capacità di confermare i governi uscenti di centrodestra, sia dopo il loro primo mandato elettorale (è il caso di Perugia) sia laddove i sindaci uscenti sono costretti a lasciare dopo la fine della seconda consiliatura (tra questi, Bastia Umbria e Montefalco). La seconda questione che terrà impegnata un’eventuale nuova classe politica in Umbria è trovare una linea di discontinuità sia nei confronti dei propri avversari di centrosinistra sia rispetto ad alcune difficoltà interne registrate fuori dall’Umbria (vedi il caso della regione Lombardia, le difficoltà del comune di Roma ai tempi del M5s, o i fatti di cronaca giudiziaria che hanno coinvolto e coinvolgono esponenti della Lega).
[Questo approfondimento sulle amministrative di maggio tocca le quindici città più popolose in cui si rinnovano i Consigli comunali: Bari, Bergamo, Cesena, Ferrara, Firenze, Foggia, Livorno, Modena, Perugia, Pescara, Prato, Reggio Emilia, insieme a Cagliari e Sassari dove, in ragione dell’autonomia dell’Isola, si voterà il 16 giugno.]
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