Ovattata, come la nebbia fuori stagione, un giorno dopo l’altro scivola via una campagna elettorale che a posteriori, forse, si potrà definire storica. A Ferrara potrebbe infatti verificarsi il primo cambio di timoniere al vertice dell’amministrazione cittadina. Eppure i toni della campagna elettorale restano soft e, a pochi giorni dal voto, ancora il dibattito langue. La Lega, data per favorita, non ha interesse a forzare il moto pigro e inerziale. Ha il vento a favore e la strada apparentemente spianata. Il candidato sindaco, Alan Fabbri, quarantenne, laureato in Ingegneria, è un ragazzone con alle spalle dieci anni da primo cittadino a Bondeno, il comune di 20 mila anime in cui ancora abita (“Non riuscirei a vivere altrove”, ha confidato a un quotidiano online), a una ventina di chilometri dal capoluogo che ora tenta di espugnare. Da cinque anni è capogruppo regionale della Lega. Appassionato di musica, suona la batteria, ora però è silente anche lui. Non è uno sprovveduto, e forse tace per non svegliar il can che dorme… Ha condensato il suo messaggio iconico nei manifesti che lo raffigurano con lo sguardo proiettato al futuro, un’espressione serena e consapevole, il codino raccolto sulla nuca e orgogliosamente mostrato come tratto distintivo. Ecco: la “petta” (così qui si definisce questo tipo di acconciatura) del sindaco in pectore inquieta qualche locale benpensante tanto quanto i programmi e la presenza come capolista di un singolare personaggio con condanna penale sul groppone (Nicola Lodi, per tutti semplicemente “Naomo”, un tribale appellativo che ben riassume la sua focosa personalità).

Ma non solo per questo la campagna elettorale appare anomala, con pochi contenuti e tiepide idee. Ad animarla sono state, per esempio, le ripetute entrate a gamba tesa da parte del (ferrarese) Vittorio Sgarbi, pluri-assessore di rapido corso in varie amministrazioni locali sparse per l’Italia. Dapprima ha contestato un progetto di riassetto funzionale del palazzo dei Diamanti, varato dalla giunta uscente, sortendo un plateale effetto, poiché il ministero ha negato l’autorizzazione a lavori già validati e proprio nell’ultimo giorno utile per la revoca; e poi lo stesso Sgarbi ha riproposto il medesimo schema, creando analogo scompiglio e ugual esito anche per un intervento previsto nel vicino palazzo Massari, altra storica sede di collezioni d’arte.

È su episodi come questi, più che sui rari confronti politici fra i candidati, che pare appuntarsi l’attenzione e la curiosità di molti ferraresi: basti dire che il primo confronto plenario, organizzato dall’Uisp e incentrato ovviamente su tematiche sportive, si è risolto con una sostanziale “melina” generale. Toni soft da fine stagione, più che da svolta epocale.

A margine della pigra campagna elettorale affiora dunque il gossip, che si alimenta dei classici topoi declinati in salsa locale. Ed ecco, allora, la portavoce del sindaco (Tagliani, Pd) che ammicca proprio con la famiglia Sgarbi (il guastafeste Vittorio e l’Elisabetta della Nave di Teseo), e qualcuno sussurra che il di lei marito (geometra-scrittore che pubblica con l’editrice) sarà assessore alla Cultura dell’ipotetica giunta Fabbri.

O, ancora, la parabola di due noti giornalisti, artefici di audaci piroette politiche, transitati dalla sinistra alla destra leghista: si tratta dell’ex responsabile per la comunicazione dell’Università di Ferrara, che dopo avere assistito i prodiani rettori Conconi e Bianchi (quest’ultimo ora assessore regionale alla Cultura) ha sposato con passione causa e felpa salviniane. Accanto a lui il presidente della locale associazione stampa, con una mossa che ha creato imbarazzo fra i suoi colleghi, che avrebbero auspicato, se non le dimissioni, quantomeno l’autosospensione dalla carica.

Ma tutto questo è contorno. Al sodo, in cabina gli elettori troveranno sulla scheda otto candidati a sindaco e diciassette liste a sostegno: ben cinque appoggiano il leghista Fabbri (fra queste Forza Italia e Fratelli d’Italia); quattro (inclusa quella del Pd) a supporto dell’attuale assessore ai Lavori pubblici, Aldo Modonesi, di formazione democristiana come il sindaco in carica; altre tre appannaggio dell’assessora (all’Urbanistica) Roberta Fusari, sostenuta, fra gli altri, dai Radicali di +Europa. Il Movimento 5 Stelle, dopo molte incertezze, che parevano preludere alla desistenza, ha infine rotto gli indugi ed è rappresentato da un insegnante, Tommaso Mantovani. Mentre i transfughi grillini di “Italia in Comune – Ferrara Concreta” (che fanno riferimento al movimento creato dal sindaco di Parma, Pizzarotti) hanno scelto l’intraprendente avvocato siciliano Alberto Bova.

Poi ci sono i civici: Andrea Firrincieli (“InnovaFe”), uomo molto attivo nel sociale, presidente del Jazz club, vicepresidente del Palio e colonnello dei Carabinieri, vicino al centrosinistra; e l’ortopedico Giorgio Massini (“Ferrara libera”) con propensione per il centro-destra. A destra invece si colloca Francesco Rendine, candidato sindaco della lista Gol (“Giustizia, onore, libertà”), ricordato soprattutto per lo striptease che inscenò anni fa in Consiglio comunale quando per protesta rimase in canottiera.

A prevalere sul chiacchiericcio sono comunque i silenzi. La “sinistra diffusa” nei mesi scorsi aveva cercato finalmente un’intesa, propiziata da lodevoli sforzi di alcuni gruppi civici (Il battito della città, La città che vogliamo, Addizione civica), ma ancora una volta, al dunque, si è riscoperta frazionista e inconcludente.

Il Pd, dal canto suo, è apparso confuso e quasi rassegnato. Ha incomprensibilmente rinunciato alla candidatura di maggior peso, Alessandro Bratti (figlio della miglior tradizione del vecchio Pci, dodici anni da assessore, dieci da deputato, un biennio come direttore dell’Arpa regionale e ora direttore generale di Ispra – l’istituto per la protezione e la ricerca ambientale – nonché vicepresidente europeo dell’agenzia ambientale), uomo stimato e decisamente attrattivo. E ha invece ripiegato sulla divisiva candidatura di un fremente petalo di Margherita. La stessa segretaria cittadina, Ilaria Baraldi, in autunno inaspettatamente catapultata al vertice del partito – secondo i maligni come vittima sacrificale in previsione del patatrac – alla fine, dopo avere a lungo caldeggiato l’ipotesi di un candidato civico appoggiato dal Pd, pur vedendo sconfessata la sua linea su tutto il fronte, si è supinamente riallineata in appoggio alla tesi prevalente, quella che ha premiato l’ambizione di Aldo Modonesi, l’unico a non mostrare incertezza né dubbi, fiduciosamente proiettato verso una poltrona alla quale ambisce da almeno un decennio.

L’arrivo, ormai, è dietro la curva, la distanza è breve, ma ancor non si comprende se sulla linea del traguardo per lui ci siano fiori oppure solamente ortiche.

 

[Questo approfondimento sulle amministrative di maggio tocca le quindici città più popolose in cui si rinnovano i Consigli comunali: BariBergamoCesena, Ferrara, FirenzeFoggia, Livorno, Modena, PerugiaPescara, PratoReggio Emilia, insieme a Cagliari e Sassari dove, in ragione dell’autonomia dell’Isola, si voterà il 16 giugno.]