Il governo sta per cancellare i test Invalsi anche quest’anno, almeno in parte. Il ministero dell’Istruzione sta infatti per emanare un’ordinanza che prevede l’annullamento dei test Invalsi previsti per il secondo anno delle superiori; il Consiglio superiore della pubblica istruzione ha dato il suo parere favorevole e ha anzi consigliato di estendere il provvedimento alle prove previste per tutti gli altri anni (seconda e quinta primaria, terza media, quinta superiore). Attualmente sono in corso le prove degli ultimi anni e stanno partendo le altre. La motivazione per sospendere quelle della seconda superiore sarebbe il sovraccarico di lavoro per le scuole: a causa delle misure di contenimento della pandemia, infatti, le prove vengono scaglionate su un periodo piuttosto lungo; l’avvio di quelle di seconda potrebbe creare gravi difficoltà organizzative nella parte finale dell’anno scolastico.

annullare anche per quest’anno, come per l’anno scorso, le prove Invalsi in generale, come propone il Cspi, sarebbe un errore gravissimo; ed è un errore molto grave anche annullare solo quelle delle seconde superiori. Vediamo perché

Queste motivazioni sono sensate, ma annullare anche per quest’anno, come per l’anno scorso, le prove Invalsi in generale, come propone il Cspi, sarebbe un errore gravissimo; ed è un errore molto grave anche annullare solo quelle delle seconde superiori. Vediamo perché.

Le prove Invalsi servono a misurare i livelli di apprendimento degli studenti italiani e a valutare il sistema di istruzione e formazione nel suo complesso. Sono quindi essenziali per conoscere lo stato di salute della scuola e migliorarlo. Ne abbiamo bisogno sempre. Ma ne abbiamo bisogno più che mai nella situazione creata dalla pandemia, che ha imposto lunghi periodi di didattica di emergenza, lontano dalle aule e dalla vita ordinaria della comunità scolastica: abbiamo bisogno di strumenti per misurare quanto è stato perso dagli studenti italiani. Il dibattito sulla «perdita di apprendimenti» è inasprito proprio dalla mancanza di dati. Se nel 2020 non è stato possibile fare i test Invalsi, non possiamo permetterci lo stesso errore adesso. Non è quindi ricevibile l’idea di annullarli tutti anche quest’anno.

Per ora si parla comunque di sospendere solo le prove del secondo anno delle superiori. Sarebbe anche questo un grave errore. Il primo biennio delle superiori è l’anello debole dei cicli scolastici, quello in cui esplodono le carenze accumulate prima e in cui gli studenti patiscono maggiormente le debolezze formative, vengono bocciati e infine espulsi dal sistema di istruzione. Sappiamo tutti che i due sintomi fondamentali della malattia del nostro sistema sono la dispersione scolastica e il basso livello degli apprendimenti. Se guardiamo i dati, vediamo che il primo biennio delle superiori è il passaggio più fragile.

Le bocciature sono un primo segnale del rischio dispersione: sono del tutto marginali nella scuola primaria, 0,2% su tutto il quinquennio; salgono nella secondaria di primo grado, attestandosi intorno al 2,1%, ma restando sempre piuttosto circoscritte (Mi, Esiti dell’esame di Stato e degli scrutini nella scuola secondaria di I grado. Anno Scolastico 2018-2019, marzo 2020). Il vero salto avviene nel secondo ciclo: nei primi quattro anni delle superiori infatti la media delle bocciature è dell’8,3%; ma la percentuale di respinti è ben più alta nel biennio, soprattutto al primo anno, 11,8% (Mi, Esiti degli scrutini del secondo ciclo di istruzione. Anno Scolastico 2018-2019, aprile 2020). Come è noto, c’è una forte correlazione tra bocciature e dispersione scolastica. Anche questa colpisce soprattutto nel biennio delle superiori, molto più che in ogni altro segmento del percorso scolastico: la dispersione nei cinque anni delle superiori, infatti, secondo gli ultimi calcoli resi disponibili dal Mi, è del 3,8%; al primo è anno è molto più alta, arrivando fino al 6,2%, un aumento di oltre il 60% rispetto alla media di tutti e cinque gli anni (Mi, La dispersione scolastica nell’a.s. 2016-17 e nel passaggio all’a.s.2017-18, luglio 2019).

i due sintomi fondamentali della malattia del nostro sistema sono la dispersione scolastica e il basso livello degli apprendimenti. Se guardiamo i dati, vediamo che il primo biennio delle superiori è il passaggio più fragile

A questi dati si possono accostare quelli relativi ai livelli di apprendimento. Il Rapporto nazionale prove Invalsi 2019 osserva che «i risultati in italiano e in matematica dal grado 2 [seconda primaria] al grado 13 [quinta superiore] e in inglese dal grado 5 [quinta primaria] al grado 13 calano progressivamente dal Nord al Sud»; «in terza secondaria di primo grado […] i punteggi medi delle macro-aree [geografiche] tendono a divergere significativamente tra loro, tendenza che si consolida ulteriormente nella scuola secondaria di secondo grado, riproducendo il quadro che emerge anche dall’indagine internazionale Pisa (Programme for International Student Assessment), dove il Nord ottiene risultati superiori sia alla media italiana sia alla media Ocse, il Centro ha un risultato in linea con la media dell’Italia, più bassa della media Ocse, e il Sud e le isole hanno risultati inferiori sia alla media italiana sia alla media Ocse». In sintesi: i profondi divari territoriali nei risultati di apprendimento, evidenziati dalle rilevazioni Ocse e Invalsi, e segno vistoso delle difficoltà del nostro sistema di istruzione, si aggravano nel passaggio dal primo al secondo ciclo, cioè dalla terza media al biennio delle superiori.

Questi dati ci dicono che le maggiori criticità si concentrano nel primo biennio delle superiori, cosa confermata dall’esperienza di molti docenti. Dopo un anno intero di emergenza è di vitale importanza capire con precisione quante ulteriori perdite di apprendimento si siano verificate, e con che distribuzione, per aree geografiche, indirizzi scolastici e classi sociali.

Per tutte queste ragioni, non possiamo assolutamente rinunciare alle prove Invalsi del secondo anno delle superiori, come non possiamo rinunciare a nessuna prova Invalsi, per nessun grado previsto. Sarebbe stato possibile evitare i problemi organizzativi denunciati dal ministero dell’Istruzione e dal Cspi se si fosse deciso di fare le prove, per quest’anno, a campione e non su base censuaria, come proposto da Marco Bollettino circa due mesi fa. Non sono in ogni caso problemi insormontabili. La soluzione più semplice sarebbe quella di «rimandare» queste prove, invece di annullarle: si potrebbero fare a settembre, per gli studenti di terza superiore, prima che inizino le attività del nuovo anno scolastico. Ci si farebbe comunque un’idea della situazione.

 

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