Ci conoscemmo alla sezione lombarda dell’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente (IsMEO), incredibilmente abolita da uno scriteriato intervento di spending review come ente inutile (mentre si manteneva perfettamente, tant’è vero che sussiste tutt’ora come Civica scuola di lingue orientali). I corsi di arabo erano affollati.
Da quei corsi sono usciti non pochi appassionati e studiosi che avrebbero dato buona prova di sé in seguito. Eravamo all’inizio degli anni Ottanta e ancora si poteva sperare in un qualche ruolo italiano nel Mediterraneo, se non in diplomazia, almeno attraverso l’Eni, aspettative destinate ad andar totalmente deluse. Non tutti erano animati da grandi ambizioni, qualcuno era semplicemente reduce da un viaggio o aveva amici nordafricani o mediorientali, magari tra i non ancora numerosi ma comunque presenti nelle avanguardie della migrazione che sarebbe di lì a poco aumentata progressivamente, Né mancavano giovani che semplicemente si avvicinavano alla lingua del Corano per qualche affare di cuore. Passati i primi mesi di scrematura, durante i quali i meno determinati lasciavano dopo lo scontro con l’elegante ma complessa grafia dell’alfabeto o di fronte a qualche suono non esattamente orecchiabile, rimaneva per anni la minoranza degli irriducibili, testardi o appassionati che, anche grazie ad alcuni docenti validi e motivati, perseveravano in un ambiente vivace e stimolante. Del resto si trattava già dell’idioma di un’area ‘interessante’, prossima e travagliata, rimasta tale nei decenni a venire legandosi a problematiche sempre più vaste e meno distanti, come la già accennata migrazione che proprio allora stava subendo una significativa trasformazione. Trascorsa la prima fase che ha visto prevalere giovani maschi soli, pendolari tra le due sponde del Mediterraneo per occupazioni stagionali o temporanee, si è passati ai ricongiungimenti familiari, alla nascita di figli che avrebbero prevalentemente frequentato le nostre scuole e appreso l’italiano come lingua principale di comunicazione e apprendimento (i vari dialetti parlati a casa non hanno forma scritta, quindi l’arabo classico non è la madrelingua di nessuno) e quindi anche al proliferare di ‘centri culturali islamici’, eufemismo obbligato fino a oggi per definire sale di preghiera musulmane, cioè moschee, termine ancora da evitare a causa dell’irresponsabile inerzia giuridico-amministrativa di un Paese certamente impreparato alla rapidità ed ampiezza del fenomeno, ma non per questo meno colpevole di mancata gestione (non pretendiamo dire ‘soluzione’) di una sfida tanto mediatizzata quanto nella realtà trascurata se non lasciata del tutto a se stessa.
Di formazione eminentemente storico-filosofica, Massimo Campanini ha non poco incrociato nella sua ampia attività divulgativa anche molte comunità islamiche nostrane, ma il suo è stato soprattutto un percorso di studio, coronato dopo delusioni e amarezze, ai giusti riconoscimenti accademici. Ha infatti insegnato in varie università:a Urbino, all’Orientale di Napoli, a Trento, al San Raffaele di Milano, all’Iuss di Pavia. Alessandro Palazzo, collega di Trento, lo ha così ricordato in questi termini: “Massimo Campanini ha segnato una tappa importante per il corso di laurea in Filosofia, per il Dipartimento di Lettere e filosofia e per l'intera comunità accademica di Trento. È stato uno dei maggiori esperti a livello mondiale di filosofia e cultura islamica, dalla filosofia classica araba fino alla storia contemporanea dei paesi arabi. Malgrado la grave malattia, ha lavorato fino alla fine. È stato un uomo autentico, deciso, convinto dei suoi ideali. Ha fatto della ricerca una ragione di vita».
Proprio la sera prima della sua morte, collegati sul sito della Casa della Cultura di Milano, abbiamo presentato il suo ultimo libro dedicato a Muhammad, profeta di Dio, e alle sue biografie antiche e moderne... qualche ora dopo ci ha lasciato per un improvviso attacco di cuore. Ora, crediamo, la cosa migliore per ricordarlo è dare spazio alle sue opere, nelle quali si è accostato con estremo rispetto, ma anche con rigore scientifico a moltissimi temi che lo appassionavano e che offrono un'idea dell'ampiezza e della profondità dei suoi interessi. Il Corano, anzitutto, già con La Surah della Caverna. Meditazione filosofica sull'Unicità di Dio (Pubblicazioni della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Milano, n. CXXV, La Nuova Italia, 1986) fino ai più recenti Il Corano e la sua interpretazione (Laterza, 2004) e L’esegesi musulmana del Corano nel secolo Ventesimo (Morcelliana, 2008), un Testo sacro dunque di 'altra' tradizione ma ciò nonostante seriamente preso in considerazione e indagato nell'ambito del più generale tema del monoteismo, che lo accomuna ma anche lo distingue dalla 'rivelazione' ebraico-cristiana, seguito da studi sull'esegesi islamica classica e fino a nuove possibili ermeneutiche che faticosamente si stanno affacciando anche tra studiosi musulmani, alcuni dei quali Massimo conosceva personalmente. A veri e propri giganti del pensiero religioso islamico si è inoltre dedicato, sia proseguendo e ampliando il ventaglio degli approfondimenti coranici, come in Le perle del Corano (Rizzoli, 2000) e I Bei Nomi di Dio: Teologia e filosofia in al-Ghazali (“Rivista di Storia della Filosofia”, n. 1/2006, pp. 55-66) sia pubblicandone e commentandone opere, alcune delle quali non ancora disponibili in italiano: al-Ghazali, La Bilancia dell’azione ed altri scritti (Utet, 2005), Averroè, Il Trattato Decisivo (Bur, 1994), Averroè, L'Incoerenza dell'incoerenza dei filosofi (nei Classici della filosofia Utet, 1997).
Fondamentali sono stati anche altri suoi contributi più specificamente filosofici e storici Introduzione alla filosofia islamica (Laterza, 2004, tradotto in spagnolo e in inglese); La teoria del socialismo in Egitto (Centro Culturale al-Farabi, 1987); L’Egitto di Mubarak. Problemi politici attuali e prospettive (“Nuova Rivista Storica”, n. 1/1993, pp. 55-76), Storia dell’Egitto contemporaneo (Edizioni Lavoro, 2005, tradotto anche in arabo), Storia del Medio Oriente (1798-2005) (Il Mulino, 2006), Arcipelago Islam. Tradizione, riforma e militanza in età contemporanea (Laterza, 2007, con K. Mezran); Islam e politica, (Il Mulino, 2003, tradotto in spagnolo); Ideologia e politica nell’Islam. Tra utopia e prassi (Il Mulino, 2008); L'alternativa islamica (Bruno Mondadori, 2012), Quale Islam? Jihadismo, radicalismo, riformismo (La Scuola, 2015), L'Islam, religione dell'Occidente (Mimesis, 2016) e. Recentemente, La politica nell'Islam. Una interpretazione (Il Mulino, 2019).
Insieme anche a molti interventi in convegni, seminari e conferenze Massimo Campanini ha mostrato, oltre alla competenza, una profonda empatia per l'argomento di cui trattava, cosa che gli è stata a volte ingiustamente rimproverata: non sarebbe neppure auspicabile che chi ha dedicato una vita intera a qualcosa non abbia anche sviluppato almeno un con-sentire, senza il quale non crediamo sia neppure immaginabile un autentico 'capire'. Il fatto è che si è trattato di uno studioso anche impegnato, militante, col quale si poteva essere in disaccordo per differenti approcci o valutazioni, ma sempre disposto a confrontarsi, ascoltando e tornando a cercare. Qualità rara in genere, ma in modo particolarissimo oggi per tutto quanto riguarda l'islam e i musulmani, tema quanto mai controverso che spesso suscita reazioni tanto partigiane quanto superficiali. Riprendere in mano i suoi scritti potrebbe far bene a molti, non soltanto per ricordarlo e tributargli un giusto riconoscimento, ma per approfittare di quanto ha saputo fare, fino all'ultimo, con ammirevoli dedizione e capacità.
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