Nel 2018 cade il secondo centenario dalla nascita di Karl Marx. Si tratta di una data essenziale per ripercorrere gli studi marxiani degli ultimi decenni, a cui tuttavia se ne devono aggiungere altre. La prima è il triennio 1989-1991 che, oltre ad aver sancito il fallimento del socialismo reale, sembrava anche aver decretato anche la catastrofe del pensiero al quale esso faceva riferimento. La seconda è il 2001 quando, con la prima crisi politica della globalizzazione capitalistica, l’opera di Marx viene riscoperta per la centralità che essa riconosce al mercato mondiale nella costituzione stessa del capitalismo. Il 1989 aveva peraltro segnato anche la crisi della gestione «sovietica» della pubblicazione delle opere complete di Marx e Friedrich Engels (la Marx-Engels-Gesamtausgabe, «Mega»), che negli anni Novanta è proseguita su basi profondamente rinnovate anche dal punto di vista delle scelte editoriali. In verità, già a partire dai Settanta era iniziato un processo di revisione dell’opera marxiana che, con intenti profondamente diversi da quelli del revisionismo classico, aveva finito per rompere definitivamente l’unità sistematica che le veniva attribuita dall’ortodossia dominante.
Due volumi lontani nel tempo e negli intenti, ma con titoli quasi simili, valgono come momenti di questo processo. Il primo è Marx oltre Marx di Antonio Negri, che segna il punto di arrivo della stagione del marxismo teorico operaista in Italia inaugurata da Operai e capitale di Mario Tronti; il secondo è il più recente Über Marx hinaus, che raccoglie i contributi di diversi studiosi e mira a mettere l’opera di Marx di fronte alle trasformazioni dei rapporti di lavoro nel XXI secolo. Rileggendo Marx, questa nuova revisione si assegna il compito di mostrare i limiti del suo pensiero e di liberare Marx dal marxismo, spingendone la lezione oltre i limiti della sua epoca per collocarla all’interno del mondo globalizzato, postcoloniale, neoliberista e postsocialista. Se il nuovo ordine mondiale si presenta come un sistema chiuso e privo di alternative plausibili, al punto da pretendere persino di rappresentare la fine della storia, gli spettri di Marx, come scrive Jacques Derrida, si ripresentano come un’ossessione impossibile da esorcizzare, perché impedisce di affermare che il presente è contemporaneo a se stesso.
[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 2/18, pp. 347-352, è acquistabile qui]
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