Oltre ad affidare ai genitori la responsabilità di mantenere i figli ben oltre la maggiore età, stanti i tassi di disoccupazione giovanile e l’assenza di una rete di protezione adeguata, di sussidiarli per l’acquisto di una abitazione, di aiutarli nella cura dei piccoli quando lavorano, vista la scarsità e il costo dei servizi, il governo e in particolare il suo presidente intendono rafforzarne il potere di scelta educativa. Già questo porrebbe problemi di bilanciamento delicato, tra libertà dei genitori e libertà e diritto dei figli di sperimentare e confrontarsi con punti di vista diversi.
Ma il modo apparentemente rozzo con cui Silvio Berlusconi ha formulato la questione – in termini di “valori” delle famiglie minacciati dalla cultura degli insegnanti della scuola pubblica, rappresentata come una sorta di luogo di indottrinamento di stampo sovietico – mostra non solo l’implicita agenda politica di questa operazione (acquistare benemerenze in casa cattolica).
Mostra, inoltre, la sua incapacità di pensare se non in modo dicotomico, noi contro loro. Di qui l’attacco alla scuola pubblica, curiosamente definita come “di parte” solo perché non è di una parte sola.
Se fosse un Imam a proclamare il diritto dei genitori a educare i propri figli secondo i propri valori proteggendoli dalla esposizione a modelli diversi, questo primo ministro e questo governo sarebbero i primi a stracciarsi le vesti e a denunciarne il fondamentalismo, sottolineando viceversa la positività, anzi la obbligatorietà, della scuola pubblica come scuola di tutti. È chiaro che a far problema a Berlusconi e a chi la pensa come lui non è la pretesa totalizzante di una parte, ma l’esistenza stessa di differenze da quella “parte” che è per loro l’unica legittima, per convinzione o per tattica politica.
Per questo costoro non riescono a concepire il pluralismo altro che nella forma di parti che si contrappongono, ciascuna con la pretesa della totalità e del controllo su chi non può scegliere. Non come spazio di confronto e dialogo tra posizioni diverse che possono mutuamente anche modificarsi e arricchirsi. Per questo, nella affabulazione berlusconiana, la società, il pensiero, la cultura sono sempre dicotomici e la parte “cattiva” è sempre identificata con la personale ossessione di uno che non ha ancora superato il maccartismo e la sua caccia alle streghe. E che disinvoltamente finge di ignorare che ai famosi “valori” hanno fatto più danni le sue televisioni e lo spettacolo di cinismo offerto dalla politica sotto la sua regia (per non parlare dei suoi comportamenti pubblici e privati), che non qualche lezione di storia o di letteratura data da qualche insegnante mal pagato.
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