“Sono assolutamente contraria alla richiesta di contributi alle famiglie, va evitata questa prassi un po’ lamentosa e in pochi casi giustificata”. Così il ministro Gelmini in un’intervista a “Il Messaggero” del 24 marzo. E ancora: “Viene però da chiedersi come mai, a fronte di risorse limitate per tutti, alcune scuole chiedono il contributo volontario alle famiglie e altre no. Qui entra in gioco la capacità gestionale dei dirigenti”.
Giusto un anno fa, su queste stesse pagine, si era cercato di aiutare il ministro a rispondere alla domanda che si pone sulla base dell’esperienza sul campo di un genitore, presidente di consiglio d’istituto.
Di fronte però all'interpretazione che viene offerta nell’intervista a “la Repubblica” di ieri, 7.4.2011 (“La richiesta da parte dei presidi di contributi ai genitori degli alunni avviene in tutta Italia. Ed è per questo che dico che è una forma per criticarci, per far passare il messaggio che noi affamiamo la scuola per costringere le famiglie a pagare […] Penso che scaricare le spese di “funzionamento” della scuola sia un meccanismo che non condivido perché oggi le risorse ci sono e sono sufficienti”), credo che l’aiutino offerto lo scorso anno debba essere integrato da alcune considerazioni.
I contributi volontari dei genitori non servono a finanziare il “funzionamento” della scuola pubblica, ma sono finalizzati “all'innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica e all'ampliamento dell'offerta formativa”: è questa la motivazione che ne giustifica anche la detraibilità fiscale in base alla legge 40/2007 di conversione del decreto “Bersani”. In effetti, secondo il Rapporto Censis sul 2010, il 53% delle scuole chiede un contributo economico, che viene fornito dall'82,7% dei genitori. Con il contributo volontario dei genitori le scuole acquistano materiali didattici (77,2%), migliorano le dotazioni informatiche, i laboratori o le palestre (58,3%) e forniscono persino supporto economico agli studenti più indigenti per assicurare la loro partecipazione nelle attività didattico-formative (43,1%).
Avere costretto le scuole ad anticipazioni di cassa, attingendo anche ai contributi volontari dei genitori, su finanziamenti ministeriali destinati al funzionamento è all’origine dei crediti (residui attivi), stimati tra 1 e 1,7 miliardi di euro, che sono vantati nei confronti del ministero. Nel mese di dicembre 2010 il Miur ha restituito circa 160 milioni a 2.902 scuole, pari al 27,7% delle scuole pubbliche italiane (fonte Flc); anche se non sono chiari i criteri delle erogazioni ministeriali, del chi e del quanto.
I contributi volontari monetari che entrano nel bilancio sono, in aggiunta a quelli in natura, più propriamente rivolti a supplire alle carenze nel funzionamento delle scuole: carta igienica, fondo cassa di classe, ricavati da feste di autofinanziamento, lavori artigianali – tinteggiature aule, riparazione infissi ecc. – dallo status incerto quando si dovesse verificare qualche incidente dentro la scuola (chi paga in caso di infortunio, a sé o agli altri, di un genitore volontario?). Il Rapporto Censis sul 2010 ha documentato che nell'ultimo anno scolastico le famiglie "hanno collaborato alla manutenzione o al mantenimento degli spazi" nel 13,6% delle scuole. Il 65,7% ha eseguito la pulizia e tintura delle pareti, il 22,9% ha ripulito tendi e suppellettili, il 13,6% ha riparato sedie, tavoli e armadi”.
I contributi volontari dei genitori sono deliberati dai genitori. Questi, attraverso i loro rappresentanti nel consiglio di istituto (se scuole secondarie) o di circolo (se elementari e medie), approvano il piano dell’offerta formativa annuale comprensivo di ampliamenti rispetto ai livelli essenziali garantiti dallo Stato, e contestualmente la richiesta dei contributi e il loro ammontare. Non dovrebbe essere sorprendente che la distribuzione geografica dei contributi volontari tra le diverse zone d’Italia si sovrapponga con quella degli esiti dei test Pisa e Invalsi spesso evocati dal ministro. Sembra inoltre improbabile che prèsidi incapaci nella gestione, su cui anche nell’intervista rilasciata ieri il ministro scarica le colpe, siano invece così abili nell’indurre a versare contributi volontari senza motivi plausibili percentuali così elevate di genitori, persone presumibilmente attente a “non farsi mettere le mani nelle tasche”.
Il riscontro quotidiano con la realtà in cui sono immersi i propri figli rispetto alle “epocali” riforme annunciate a ogni piè sospinto certamente ha effetti di natura politica. Ma nel senso alto di una decostruzione dell’universo parallelo in cui si vorrebbe domiciliata la scuola pubblica italiana.
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