A chi giunge sull’isola d’Ischia per la prima volta verrà certamente consigliato di visitare la località chiamata Ischia Ponte. È la consuetudine. La cartolina da ammirare. Lì infatti troverà uno dei simboli del luogo: il Castello Aragonese. L’itinerario è obbligato ed è preferibile che lo si faccia a piedi, percorrendo così l’unica strada che conduce a uno slargo di fronte al castello, il Piazzale delle Alghe. In una svolta di questa strada, nel cuore di un borgo antico, s’incontra la libreria Imagaenaria. Collocata al pianterreno di un palazzo del sedicesimo secolo, la Torre dell’Orologio, la libreria vive in quell’angolo di passaggio con garbo delicato. L’insegna è discreta. Non ci sono vetrine. Sulla facciata del palazzo, a metà della sua altezza, si legge Museo del Mare (che è ospitato al primo e secondo piano dello stesso). Se si solleva ancora un po’ lo sguardo si scorgono il quadrante dell’orologio e una campana.

Imagaenaria (Aenaria è il nome di un insediamento romano sorto sull’isola nel IV secolo a.C.) nasce nei primi anni Duemila, avendo però per sede un locale più piccolo, a pochi passi da quella attuale, dove si stabilisce nel 2010. L’impronta erratica è la medesima del suo fondatore Enzo Migliaccio, calabrese, il quale comincia a frequentare assiduamente Ischia negli anni Settanta, per poi sceglierla come casa. La sua storia, infatti, precorre quella che sarà la storia della libreria. Già gestore di un’edicola, apre poi la sua prima libreria, La Gaia Scienza, sempre all’interno del Borgo del Ponte. Anni dopo, un altro cambiamento, con la nascita di una nuova libreria, Imagaenaria, che riprende il nome che già aveva scelto per contrassegnare i libri che stampa e pubblica sin dal 1998. In quell’anno, infatti, fonda la sua casa editrice indipendente. Un’impresa coraggiosa e consapevole. Una linea editoriale di ampio respiro, con un timbro di forte qualità sia nella scelta dei titoli sia nella cura con la quale produce i suoi volumi.

Si provi a immaginare che cosa poteva significare per un lettore famelico ed esigente procacciarsi nuovi libri su un'isola, quando "il lungo braccio" di Internet e degli store online non esisteva ancora

Il catalogo editoriale di Imagaenaria comprende, sin dagli esordi, pubblicazioni dedicate all’isola d’Ischia e al contesto del Golfo, senza alcun limite di genere, abbracciando titoli di valore storico, lo studio e l’osservazione delle tradizioni (ad esempio la collana «Meridione» e «Miliaria Italica»), la geologia e la botanica, oltre che l’arte e la fotografia. Inoltre raccoglie nel tempo e va via via ampliando la sua biblioteca di letteratura. In questa vi sono collane come «Libreria Imagaenaria», la quale ha il merito di riproporre libri dimenticati, specie della letteratura dell’Est Europa, come Il fiore rosso di Vsevolod Garšin, L’abisso di Leonìd Andréev e Stupidaggini di Ion Luca Caragiale. A queste, e a molte altre, in tempi più recenti, si è aggiunta anche «Opere da tre soldi per quattro gatti», collana economica, nella quale vengono pubblicati e così riscoperti brevi testi, sia dedicati all’isola (Ischia dai tempi favolosi al 1799 di Dumas e Gli Ischiesi di Nicolovius), sia di altra natura, con autori classici come Gerard De Nerval, Nathaniel Hawthorne, Anatole France, Gustave Flaubert e Karel Capek.

La libreria conserva ancora oggi un tocco sobrio e delicato. Così come io la scoprii molti anni fa. La sua personalità però va rintracciata oltre quelli che ne sono stati e ancora sono i meriti più spiccati e visibili: la ricchezza e il pregio elevatissimo della proposta e la grande professionalità e competenza di chi la gestisce.

Per far ciò bisogna che si indaghi su quella che è l’attività e il significato di una libreria su di una piccola isola come è Ischia. Specie per quelli che sono i suoi abitanti. I quali rappresentano per buona parte dell’anno i fruitori principali. Sull’isola ormai non si patiscono più di tanto la distanza e l'isolamento dalla «terraferma». Eppure la percezione e il senso dello spazio subiscono una leggera alterazione. Ogni isolano vive in una specie d’eterna provincia e comprende ciò che sono i limiti che questo comporta. Il mare inoltre lo rende un po’ abulico, restio a compiere tragitti che ci sembrano vere e proprie traversate. Una specie di tenue cappa attenua gli stimoli.

Si provi perciò a immaginare che cosa poteva significare per un lettore famelico ed esigente procacciarsi nuovi libri quando «il lungo braccio» di Internet e degli store online non esisteva. Ampliare le proprie conoscenze era certamente più complicato. Scoprire nuovi autori richiedeva un sovrappiù di lavoro che non tutti erano portati a compiere. Avere perciò a un passo una libreria come Imagaenaria ha contribuito e contribuisce a che queste distanze possano essere colmate con minor fatica.

Oggi si è accolti da Barbara, Antonietta e Fabio. Purtroppo non c’è più Enzo. Da poco ci ha lasciati anche la gatta Cenerella (la cui elegante ospitalità felina non passava certo inosservata). Tuttavia il tempo sembra qui subire un distacco dal consueto fluire. È un po’ questa una peculiarità comune di un certo tipo di libreria. Un luogo al cui interno il rintocco dell’orologio diviene un suono senza scopo. Ma qui per me quest’effetto ha sempre avuto un suo potere, più intenso, più significativo. Ovviamente ciò potrebbe essere dovuto soprattutto al fatto che questa è la prima libreria che ho frequentato. Una motivazione autobiografica, perciò, sentimentale (che del resto ha contribuito a fare in modo che io accettassi di scrivere questo articolo). Tuttavia credo che nel mio giudizio contino pure elementi che trascendono quella che è la spiegazione più immediata e plausibile. Ho sempre creduto che per fare sì che un certo evento, un certo luogo, un certo fenomeno, ci affascini, ci parli, si debba manifestare un connubio quasi miracoloso tra ciò che è volontario, deciso, progettato, e ciò che invece è meramente dovuto al caso. Forse all’ambiente, alle volte; altre invece a quello che l’essere umano inavvertitamente compie o agli esiti inaspettati di un agire meditato per altro scopo. Si pensi ad esempio all’Orologio che dà il nome al palazzo nel quale è ospitata la libreria. Oppure al Museo del Mare. Si pensi a questi nomi. Ecco, il connubio, l’accostamento, sono casuali. L’effetto è però stimolante, vivo, articolato. Perché credo si possa cominciare a leggere questo posto come si farebbe con un libro. E ci sono libri che più d’altri dimostrano la loro vividezza e pregnanza. Mentre altri ci sembrano, già a una prima scorsa, illeggibili, quasi molesti.

Il tempo sembra qui subire un distacco dal consueto fluire. È un po’ questa una peculiarità comune di un certo tipo di libreria. Un luogo al cui interno il rintocco dell’orologio diviene un suono senza scopo

Ora, provando a compiere nuovamente un piccolo tour intorno e attraverso i luoghi prospicienti la libreria, mediante però un linguaggio diverso, seguendo le tracce che quei nomi ci indicano, osserviamo il mare che s’ingrossa, oltrepassa l’argine del Piazzale delle Alghe, coprendolo di una pellicola d’acqua scura che presto raggiunge le strade. La popolazione si prepara a quei disagi ai quali ormai è abituata. Le mareggiate sono sempre più frequenti. Il traffico resta bloccato per uno o due giorni. Seguiamo l’acqua. Essa giunge alle serrande della libreria e ne lambisce i battenti. Qui però sembra volersi arrestare, o doverlo fare, come se avesse riguardo, come se temesse un richiamo. Ecco, è questo un fenomeno che ha a che vedere con questa libreria e che racconta qualcosa di lei. È un evento che custodisce un suo simbolismo delicato, romantico. Rafforza l’idea di una libreria-«isola». Un’isola, minuscola, nell’Isola maggiore. Un luogo nel quale fare scoperte. Compiere ricognizioni. Adocchiare volumi segreti. Come se questi fossero reperti che il libraio colloca in seconda o terza fila. Come se fossero il negativo di quello che va messo in risalto accanto alla cassa oppure in vetrina. Sfilarlo, dunque, dallo scaffale e tenerlo per le mani, magari osservandosi attorno. Come se si fosse compiuto un gesto inappropriato. E spesso capita di ricevere lo stesso sguardo da parte di qualcun altro. Quasi fosse il mutuo riconoscimento dell’adeguarsi alle formule di un rito. Quasi come se si scrutasse l’altro per capire se anche lui è, come te, alla ricerca della sua isola deserta.