Questo articolo fa parte dello speciale Amministrative 2019
E se Firenze diventasse il Piave del Pd? Se il momento d'oro della Lega finisse qui, in riva all'Arno? “Firenze sarà la battaglia delle battaglie, ma Nardella vincerà e sarà la nostra riscossa”, andava dicendo ancora qualche mese fa l’ex premier Matteo Renzi ai suoi. E i renziani, che a Firenze possono contare sull'ultimo vero bunker d’Italia, ancora credono davvero possibile il colpaccio al primo turno: “Qui non vedo tutta questa forza della Lega. E vedremo quante volte verrà Salvini”, avvertiva non a caso il sindaco uscente e candidato del Pd Dario Nardella nelle scorse settimane, quasi col senso della sfida. Il problema è che Matteo Salvini pare averla presa come una provocazione. Dopo aver a lungo ignorato, o quasi, la sfida per Palazzo Vecchio, il leader leghista un mese fa ad Arcore con Berlusconi e Meloni ha trovato l'accordo sul candidato a Firenze, il sessantaduenne manager Ubaldo Bocci. E ha già lanciato l’assalto.
Salvini avrebbe probabilmente preferito un altro volto per la scalata in riva all’Arno, quello della costituzionalista Ginevra Cerrina Feroni, ma lei ha declinato. Il “Capitano” ha quindi ripiegato e sta già mettendo le tende a Firenze. Ha trovato l'incastro in agenda per venire lui stesso a presentare Bocci. Non in un hotel del centro ma in periferia, nell'Isolotto di La Pira e di Don Enzo Mazzi, uno dei vecchi quartieri rossi della città. “Firenze è in salita, ma se arriviamo al ballottaggio possiamo farcela. Le periferie votano Salvini, non Nardella” si galvanizzano i leghisti di Toscana, guidati da Susanna Ceccardi, sindaca di Cascina, nel Pisano, e pupilla del ministro.
Va detto che né all’Isolotto né nella seconda tappa fiorentina già fatta al Galluzzo Salvini ha fatto il pienone. E Bocci non sta facendo una campagna da manuale: ha snobbato il 25 aprile facendo infuriare mezza città, ha detto che al posto della nuova stazione Tav vedrebbe bene un campo da cricket, è pure saltato fuori che 5 anni fa era un po’ renziano pure lui, tanto da invitare Nardella a cena a casa sua. Per di più nei confronti tra candidati non sta brillando. Eppure, a pochi giorni dal voto, il tentativo di spallata nell’ultima roccaforte del renzismo e del Pd è in corso.
Nemmeno Berlusconi ci è mai riuscito. Negli anni ruggenti di Forza Italia l'ex Cavaliere teorizzava la necessità di “detoscanizzare l'Italia”, ma non riuscì a prendersi che i capoluoghi storicamente bianchi come Lucca e Arezzo. In riva all’Arno il miglior risultato lo fece l'ex portiere del Milan e della Nazionale Giovanni Galli, che almeno costrinse Renzi al ballottaggio. Laddove Silvio ha fallito è ora “l'altro Matteo” a provarci. “Salvini vuole vincere a Firenze per vendicarsi dello smacco delle Europee 2014 subito da Renzi”, raccontano i leghisti toscani. Quando un mese fa è saltata fuori la notizia della storia d'amore del ministro dell'Interno con Francesca Verdini, la figlia di Denis, ex plenipotenziario di Forza Italia, l'uomo delle eterne sconfitte in Toscana, qualche vecchio dirigente della destra fiorentina ha iniziato a malignare: “Ecco, vuol dire che pure stavolta si perde”.
Ma il profilo di Ubaldo Bocci – manager della società di investimenti Azimut, ex presidente nazionale dell'Unitalsi, che si occupa di disabili e amicissimo del tenore Andrea Bocelli – non sembra pensato per quello. “Ha un passato da giovane nell’Msi ma oggi non è un piccolo Salvini, si è dedicato tutta la vita agli ultimi. Non potranno accusarlo di essere un fascista né un pericoloso estremista. E in più amministra i soldi della Firenze bene, ce la può fare”, ritengono gli strateghi della sua candidatura. Tutto un pezzo della destra dura e pura fiorentina non ha mai digerito fino in fondo la scelta: “Ubaldo non è un sovranista”, ha detto spesso il senatore di Fratelli d'Italia Achille Totaro, citando a dimostrazione della tesi le vecchie foto di Bocci con Renzi all’Expo di Milano. Pure il candidato di Casapound Saverio Di Giulio lo attacca: “La destra c’est moi, Bocci non c’entra nulla”.
I fan del manager di Azimut non se ne curano. Anche perché sanno che i 5 Stelle, che qui rispondono ai comandi del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e candidano Roberto De Blasi, dipendente di banca che non sembra avere così grande consenso, al secondo turno non dovrebbero avere difficoltà a una convergenza sulla destra. Il punto è arrivarci al ballottaggio. In effetti la debolezza dei 5 Stelle potrebbe rivelarsi un boomerang per la destra: senza i grillini forti, il Pd potrebbe pure farcela il 26 maggio. E poi gli inciampi di Bocci negli ultimi giorni hanno diffuso un certo scoramento nelle sue truppe. Per questo a dar man forte è già arrivata una volta Giorgia Meloni. E Salvini stesso dovrebbe tornare il 19.
E Nardella? Il sindaco è la lepre, il candidato da rincorrere. Nei confronti sfoggia la preparazione del primo della classe. Può vantare l'appoggio di liste civiche molto forti, tra cui quella dove corre anche Angela Staude Terzani, la moglie del grande scrittore. Per di più Nardella ha un programma ambizioso che Bocci non ha: scudo verde modello area C di Milano, due nuove linee di tramvia. Il violinista ed ex deputato che guida Firenze dal 2014 aveva pure tentato di riunire la sinistra intorno a sé, ma questa non gli è riuscita: oltre a lui, nella gauche corrono in 5. Ci sono il biologo dei Verdi Andres Lasso, lo studente comunista Gabriele Giacomelli, il calciante Fabrizio Valleri, protagonista del calcio storico che i fiorentini adorano, il farmacista musulmano Mustafa Watte, sostenuto dall’assessore sceriffo dei Ds Graziano Cioni, e poi Antonella Bundu, che è la più forte a sinistra di Nardella. Cinquantenne volontaria per i diritti umani, di colore, l'ex compagna di Piero Pelù che il “Guardian” ha definito un “baluardo” contro Salvini, è sostenuta pure dallo storico dell’arte Tomaso Montanari. È a lei che Nardella dovrà rivolgersi in caso di ballottaggio. Ma gli strateghi di Nardella sperano che non ce ne sia bisogno.
“Dario ha cambiato questa città e la sta portando nel futuro”, rivendicano spesso i fan del sindaco uscente. Il quale ha ricevuto già garanzia di supporto dal segretario Pd Nicola Zingaretti e dal governatore ex Leu Enrico Rossi. Dalla sua avrà soprattutto i numeri: in 4 anni può rivendicare il record di aver completato altre due linee di tramvia, può dire di aver arginato il “mangificio” del centro bloccando le nuove aperture alimentari e ha rifatto piazze importanti della città. Per acchiappare il voto dei grillini delusi e spaccati ha proposto comitati di controllo composti da cittadini sui servizi pubblici e “instant poll” sulle decisioni amministrative. Non si può nemmeno dire che abbia sottovalutato il problema della sicurezza: ha installato oltre 500 telecamere in questi anni, sta assumendo 100 nuovi vigili e sfida sempre Salvini perché mandi a Firenze 250 nuovi agenti delle forze dell’ordine. Chissà se basterà al Pd per mantenere Firenze. “Il vento di Salvini ci porterà a Palazzo Vecchio. E dopo esserci presi già Pisa e Siena, nel 2020 la Regione sarà nostra”, sognano i leghisti. Chissà se il Piave mormorerà davvero.
[Questo approfondimento sulle amministrative di maggio tocca le quindici città più popolose in cui si rinnovano i Consigli comunali: Bari, Bergamo, Cesena, Ferrara, Firenze, Foggia, Livorno, Modena, Perugia, Pescara, Prato, Reggio Emilia, insieme a Cagliari e Sassari dove, in ragione dell’autonomia dell’Isola, si voterà il 16 giugno.]
Riproduzione riservata