Nella scuola italiana c’è sempre più bisogno di parlare di come e perché gli esseri umani si muovono nel mondo. Innanzitutto, perché molti dei più giovani protagonisti di tali spostamenti sono oggi seduti sui banchi delle nostre scuole. In secondo luogo, perché il deterioramento delle relazioni internazionali produce nuove, drammatiche ragioni di migrazione. Si tratta di temi molto delicati per i docenti, poiché richiedono equilibrio: da un lato, bisogna evitare di rinforzare una distinzione fra migranti e non migranti, mostrando invece come i presunti “autoctoni” siano il risultato di migrazioni meno recenti; dall’altro, non si deve negare la realtà dei processi migratori, di cui molti studenti sono protagonisti in prima persona, bensì usarla come spunto per superare una visione troppo locale della storia umana, in favore di una prospettiva mondialista (sul tema, consigliamo Eric Vanhaute, Introduzione alla World History, Il Mulino, 2015).
Non è facile, ovviamente, eppure la scuola ha il diritto e il dovere di provarci. Qui raccontiamo un tentativo in tal senso, sperimentato con successo già da alcuni anni nelle classi prime della scuola secondaria di primo grado Don Milani di Genova. Merita attenzione non solo perché funziona bene, ma anche perché non richiede particolari attrezzature ed è facile da esportare altrove.
“Ognuno di voi deve calcolare i chilometri migratori compiuti nella propria famiglia in tre generazioni: nel calcolo dovete inserire voi stessi e i vostri fratelli e sorelle, i vostri genitori e nonni”. Con questa consegna, ogni anno gli studenti di prima media della Don Milani iniziano una frenetica ricerca. È la prima attività di geografia nella classe che si è appena formata e diventa un’occasione per presentarsi.
La competizione con le altre prime crea un senso di appartenenza al nuovo gruppo classe, dove ciascuno cerca di portare il proprio contributo. I siti che consentono di calcolare le distanze diventano il mezzo con cui contare i chilometri e un foglio di calcolo tiene traccia dei contributi di tutti. A casa iniziano le interviste a genitori e nonni, si ricostruiscono storie familiari e si disegnano rotte migratorie.
Nel frattempo, a scuola si definiscono regole sempre più ferree affinché nella competizione tutte le classi rispettino gli stessi criteri. “Gli zii contano? E la compagna del papà?”. Rispondere a queste domande significa delimitare insieme il concetto di nucleo familiare, talvolta arrampicandosi sugli specchi. Si giunge alla conclusione che zii e cugini non possono essere inclusi, ma la compagna del papà sì, purché la si consideri parte della propria famiglia. Allo stesso tempo occorre definire il concetto di migrazione, che è altra cosa da un soggiorno all’estero: il fratello che ha studiato negli Usa per sei mesi non lo contiamo, mentre validiamo i chilometri della sorella maggiore che si è trasferita in Belgio dopo la laurea e che sembra non avere intenzione di tornare.
Quando ciascuno arriva con i propri dati, inizia la compilazione di un foglio di calcolo e dalle singole celle si intravedono storie. A volte ci accorgiamo che per gli stessi alunni queste storie erano quasi sconosciute: arrivano stupiti dai percorsi compiuti da genitori e nonni, scoprono luoghi di cui ignoravano l’esistenza. Più spesso invece raccontano di luoghi cari, dove tornano appena possono, luoghi che in qualche modo sono ancora casa e che lasciano tracce nel lessico familiare e nei piatti delle feste. Spesso i nonni contribuiscono al conteggio complessivo con più chilometri dei genitori: in tanti casi sono arrivati dal sud Italia, talvolta con tappe intermedie in altre città del Nord, e sono approdati a Genova quando era ancora vertice del triangolo industriale. I viaggi dei nonni consentono di raccontare di una città in crescita, dove insieme alla popolazione aumentavano gli insediamenti sulle alture, con la nascita di quei quartieri da cui a volte provengono gli stessi alunni.
I viaggi dei nonni consentono di raccontare di una città – Genova – in crescita, dove insieme alla popolazione aumentavano gli insediamenti sulle alture, con la nascita di quei quartieri da cui a volte provengono gli stessi alunni
I genitori recuperano sui nonni quando sono di origine straniera. Le celle a loro dedicate sul foglio di calcolo raccontano la varietà delle migrazioni che scelgono Genova come destinazione: Ecuador e Perù spesso sono tra i luoghi di partenza che ricorrono maggiormente, da qualche anno incalzati dal Bangladesh.
In alcuni casi i primi in classifica nei fogli di calcolo delle singole classi sono proprio gli alunni: succede quando il viaggio verso l’Italia è anche un viaggio verso la propria famiglia adottiva. Il conteggio dei chilometri migratori della classe diventa l’occasione per gli alunni adottati di raccontare la propria storia. Spesso viene citata solo la città in cui sono nati e i compagni possono notare che è una città diversa da quella dei genitori; in qualche caso i protagonisti di quel viaggio decidono di spiegare l’origine del proprio nome o condividono un ricordo legato al loro arrivo in Italia.
Nello spirito del gioco e della competizione scherzosa la provenienza da un altro Paese lontano assume un significato diverso: in genere, in una classe di preadolescenti che si sentono rassicurati dall’essere omogenei, tutti vogliono sentire di appartenere allo stesso luogo, ed è quindi difficile spiegare loro perché non tutti siano cittadini italiani. Inoltre, fuori dalle mura della classe percepiscono che nel sentire comune l’essere “stranieri” viene a volte associato allo stigma della povertà e della inadeguatezza sociale. Qui invece porta a un punteggio più alto nel gioco, obiettivo che appare importantissimo, in quel momento. Per questo motivo alunni con famiglie benestanti e radicate da generazioni nel territorio esibiscono i propri pochi chilometri quasi scusandosi, mentre viene visto con ammirazione il bambino la cui intera famiglia proviene da molto lontano, per esempio da Dacca o da Quito: “Con Zoy vinciamo sicuramente…”, “Voi venite tutti da Quito, fantastico!”.
Fuori dalle mura della classe percepiscono che nel sentire comune l’essere “stranieri” viene a volte associato allo stigma della povertà e della inadeguatezza sociale
Mentre sul foglio di calcolo si riempiono le celle, sul planisfero compaiono tanti puntini e comincia a formarsi una rete di itinerari che hanno Genova come nodo centrale. Alunni che fino a pochi mesi prima studiavano le regioni italiane, si trovano catapultati a maneggiare il mondo intero. La fisionomia dei continenti per molti è ancora un traguardo lontano, ma tutti cominciano ad avere alcuni punti di riferimento: il luogo dove è nata la compagna di banco, la città da cui viene tutta la famiglia del primo classificato, lo Stato in cui si concentra il maggior numero di puntini.
Nella maggior parte dei casi abbiamo di fronte storie di migrazioni che si sono concluse da tempo e in cui tutti si sentono, più o meno felicemente, a casa. Negli ultimi tempi però alcuni dati si portano dietro delle ombre inquietanti: l'atmosfera giocosa cede il passo a nostalgie e sofferenze di chi è stato strappato dalle proprie case dallo scoppio di una guerra. In questi casi il numero di chilometri segna non tanto la distanza dal luogo di partenza quanto le peripezie attraversate prima di trovare un approdo sicuro e stabile. Negli ultimi anni nelle nostre classi sono arrivati alunni e alunne appena fuggiti dall’Afghanistan prima e dall’Ucraina poi, accolti in classi che avevano ben presente da cosa questi coetanei fortemente spaesati stessero fuggendo, coetanei che sono testimoni diretti di quanto tutti abbiamo visto nei notiziari. I loro chilometri sono un’integrazione dolorosa al gioco iniziale.
L’attività, che ha inizio nei primi giorni di scuola, si sviluppa in modo da concludersi intorno al 3 ottobre, in cui si celebra la Giornata della Memoria e dell'Accoglienza, istituita dopo il tragico naufragio del 2013 al largo di Lampedusa. Una gara tra le classi diventa occasione di riflessione sull’attualità, un modo per comprendere quanto le emergenze del momento si inseriscono in un disegno complessivo di movimenti tra e dentro i continenti.
Seppur situata in un preciso e limitato momento del percorso di Geografia, la gara è all’interno di un curricolo di Storia e Geografia che dà ampio respiro alla mondialità, con un approccio che pone attenzione alle interdipendenze degli eventi, allontanando l’idea di una storia locale che non tenga conto della storia di tutto il mondo. Questo è quindi un modo molto immediato per far realizzare agli alunni come il grande fenomeno delle migrazioni sia strettamente intrecciato alla loro quotidianità.
Quando il foglio di calcolo è completo, cioè quando la raccolta di dati arriva al termine e tutti sono riusciti a ricostruire le proprie rotte, si proclama vincitrice la classe che ha totalizzato il maggior numero di chilometri. Mentre le altre classi esprimono stupore e delusione (“Ma come è possibile? Con tutti i chilometri della famiglia di Marilyn!"), un attestato campeggia sulla parete di quella classe prima che ha il numero più alto. È un riconoscimento modesto, un semplice foglio di carta, lontano dalle aspettative di molti che si attendevano chissà quale premio; però racconta di una ricerca comune in cui le dimensioni dello spazio e del tempo si intrecciano e restituiscono un tessuto fitto, che attraversa generazioni e continenti, che racconta di nonni che risalgono gli Appennini o di genitori che arrivano dalle Ande.
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