«Chi fermerà la musica?» è il titolo di una petizione che in questi giorni sta raccogliendo migliaia di adesioni online. Di che si tratta? Dell’ennesimo pasticcio italiano, in questo caso riferito ai licei musicali e coreutici.
Nate a partire dal settembre 2010, queste scuole, vera novità della riforma Gelmini, oggi sono sono quasi 200, distribuite su tutto il territorio nazionale. Sino ad ora, soprattutto nei licei musicali, hanno insegnato o docenti provenienti dalle scuole medie (in termine tecnico gli «utilizzati») o docenti precari e non abilitati assunti come supplenti annuali, spesso grazie a bandi basati soprattutto sul merito artistico. Ebbene, in questi giorni sono uscite due norme che rischiano, con il loro combinato disposto, di lasciare a casa tutti questi insegnanti, costringendo i licei musicale e coreutici a ripartire da capo azzerando quello stesso personale che li ha costruiti.
Le norme in questione sono il DpR n. 19/2016 sulle Classi di concorso e l’indizione del concorso a cattedre. Peccato che al concorso a cattedre possano partecipare solo i docenti che sono in possesso di abilitazione all’insegnamento. Ma non coloro che sono già di ruolo. Ma essere abilitati è impossibile, perché le classi di concorso appena pubblicate (cioè gli insegnamenti per cui si può fare domanda) sono nuove e nessuno può averle (per i musicali: teoria, analisi e composizione, tecnologia musicale, strumento musicale negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, storia della musica; per i coreutici: tecnica della danza - moderna e contemporanea; pianista accompagnatore). E i docenti che sono già di ruolo e hanno insegnato in questi anni al musicale hanno, sì, la possibilità di acquisire automaticamente l’abilitazione nelle nuove classi di concorso e chiedere il trasferimento alle superiori; peccato, però, che nelle procedure di mobilità in vigore (la nuova ordinanza ministeriale è attesa a giorni), la precedenza sia data ai vincitori dei concorsi.
Insomma, un paradosso.
Per i coreutici poi il DpR sulla classi di concorso fa registrare assurdità altrettanto significative: non esiste una classe di concorso specifica per storia della danza; sono state eliminate le ore di accompagnamento alle lezioni di tecnica della danza per i pianisti accompagnatori (previste solo per i laboratori coreutici e coreografici), è stata introdotta la possibilità di insegnare le tecniche e il repertorio (laboratorio coreografico) anche ai diplomati del corso di composizione coreografica, per i quali non è previsto un piano di studi in cui sono presenti le discipline specifiche per le docenze nei licei.
Ma questo disastro era evitabile? La risposta è si. Ma non lo si è voluto evitare.
Per quanto riguarda le classi di concorso, la cabina di regia della rete dei licei musicali e coreutici, assieme ai maestri Paolo Troncon (presidente della Conferenza dei direttori di Conservatori italiani) e Bruno Carioti (direttore dell’Accademia nazionale di danza), aveva presentato al Miur, al Senato e alla Camera un documento e una proposta di alto valore culturale. Il documento conteneva, a mio parere, la soluzione a molti dei problemi emersi in questi giorni. La proposta sulle classi di concorso è stata accolta positivamente dalle commissioni cultura del Senato e della Camera – come attestano gli atti parlamentari: si vedano, ad esempio, gli atti del Senato. Ma nella stesura del documento finale tali pareri non sono stati tenuti in minima considerazione. Il decisore politico ha scelto un’altra strada seguendo, immagino, le indicazioni provenienti da altri soggetti.
Ci troviamo così di fronte a due documenti normativi (il bando di concorso e il DpR sulle classi di concorso) che realizzano alla perfezione ciò che avevo preconozizzato il 19 novembre 2015 inviando al Miur, al Senato e alla Camera un documento intitolato «I paradossi del “combinato disposto”». Come se ne esce?
A questo punto ritrovare il bandolo di una matassa che da sei anni si arrotola su se stessa attorcigliandosi giorno dopo giorno mi pare davvero difficile.
La commissione che ha elaborato il documento sulle classi di concorso e il decisore politico che l’ha fatto proprio sono stati sordi non solo nei confronti di quanti sono esperti della materia (i licei musicali e coreutici, i conservatori, l’Accademia nazionale di danza) ma anche del potere legislativo che nei suoi pareri consultivi aveva fornito tutt’altre indicazioni.
Tutto ciò detto resta un dato a mio parere certo. Se a settembre ci dovessimo trovare costretti a cambiare il 90 o il 100% dei docenti di area musicale non ci resterà che recitare tutti assieme il requiem per questa esperienza assolutamente innovativa, che non è stata compresa da chi l’ha creata con la riforma del 2010.
I licei musicali e coreutici sono vino nuovo che non può essere messo in otri vecchi: sarebbe piuttosto il caso di guardare a questi due licei come modelli organizzativi delle scuole nuove cui pensa la legge 107: scuole aperte dalle 7 e 30 alle 20 e 30; centrate sulla didattica personalizzata e sulla logica delle competenze; aperte al territorio; luogo della massima flessibilità. E invece si pensa di governarle come si governa un liceo scientifico.
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