Comunque vada, per Cesena sarà una svolta epocale: la fine dell'egemonia del Pd dopo il doppio mandato di Paolo Lucchi, piglio manageriale e presa ferrea sul partito, un cursus honorum vecchio stile dalla segreteria del Pci alla direzione di Confesercenti passando per il Consiglio regionale. Tendenza egemonica sfociata nell'autosufficienza di una giunta monocolore, inossidabile nonostante gli strali da destra e da sinistra, le dimissioni di un assessore accusato di conflitto d'interesse, le manifestazioni di piazza, i comitati e le raccolte di firme. Contestazioni tra le più svariate, dalla pedonalizzazione di piazza della Libertà al taglio dei lecci dinanzi alla Biblioteca Malatestiana. La seconda capitale di una provincia bicefala – ma Forlì è sempre più lontana, anche politicamente – dovrà cambiare pelle anche se il centrosinistra riuscisse a evitare di ammainare la bandiera. 

Sul piatto restano i temi centrali del dibattito politico di questi ultimi anni. Su tutti la desertificazione del centro storico e la sicurezza. Il primo è da sempre il punto dolente del confronto tra Pd e le opposizioni che imputano all'amministrazione uscente una politica di favoritismi verso la grande distribuzione, a partire dall'autorizzazione all'ampliamento del centro commerciale Montefiore. Lo scenario è così quello (per la verità comune a molti centri urbani) di un'epidemia di vetrine spente. L'accusa è quella di una scarsa accessibilità del cuore cittadino dovuta alla carenza di parcheggi e al rigore dei varchi di accesso alla Ztl controllati da telecamere.

L'allarme sicurezza, invece, risente sicuramente dell'onda d'urto nazionale, ma si incardina anche in un'obiettiva crescita dei furti nelle abitazioni e nei negozi. Il piano di videosorveglianza dell'amministrazione comunale (400 telecamere con una centrale operativa interconnessa anche a impianti privati) non è bastato a tacitare le critiche di sottovalutazione del problema. Cesena però sconta una carenza di organico delle forze di polizia: città delle sue stesse dimensioni, per il solo fatto di essere sede di questura, dispongono di un numero doppio di agenti. 

Per il Pd il successore designato di Lucchi è Enzo Lattuca, 31 anni, avvocato, ex deputato (il più giovane della storia repubblicana) nella precedente legislatura. Apparentemente un figlio della storia comunista trasmigrata nel Pd, subito entrato in collisione con la svolta renziana (abbracciata invece dal sindaco Lucchi), per lui bissare l'exploit di un'elezione al primo turno è pura illusione. Il Pd ha approntato un'alleanza mai così multicolore: c'è l'area ex Sel e Mdp nella lista “A Sinistra”, la lista civica “Cesena 2020” dell'assessore allo sport Christian Castorri, il Pri – che in Romagna resta una presenza significativa – e addirittura la lista dei Popolari capitanata da Gilberto Zoffoli, ex candidato sindaco del centrodestra alle precedenti elezioni. Una coalizione ampia che per forza di cose deve mostrare uno spericolato mix tra continuità e cambiamento. Per questo fa leva sul recupero del ruolo dei quartieri (finora a Cesena si è discusso molto di centro storico, commercio e parcheggi) e sul potenziamento del Welfare, con la proposta di rendere gratuito per tutti l'accesso alle scuole materne.

Il candidato sindaco della coalizione di centrodestra è invece Andrea Rossi, imprenditore e manager molto stimato in città, proprietario del Teatro Verdi, nessuna precedente esperienza politica. Si presenta con una sua lista civica in alleanza con Lega, Forza Italia, Fratelli d'Italia e Popolo della famiglia. Rossi punta molto sull'idea di alternativa alla gestione del potere marcata Pd, mette in primo piano la sua identità di civico oltre i partiti per smarcarsi dall'ipoteca dell'uomo forte leghista, il sottosegretario alla giustizia Jacopo Morrone. Gestione manageriale del municipio, ascolto delle categorie economiche e imprenditoriali e sicurezza sono tra i temi forti della campagna elettorale di Rossi.

La platea degli altri contendenti è particolarmente affollata. Quello che doveva essere uno dei protagonisti della contesa elettorale, il Movimento 5 Stelle, in virtù del 30% guadagnato alle ultime elezioni politiche, è rimasto impantanato in una lotta intestina. Il “bollino” di Di Maio a una delle due liste contrapposte è arrivato in extremis. La campagna elettorale del candidato sindaco grillino, il medico ed ex consigliere comunale Claudio Capponcini, è iniziata in salita. Particolarmente attiva è invece la lista civica “Cesena Siamo Noi” guidata da Vittorio Valletta, ex grillino e già consigliere comunale. Completano il quadro la lista civica “Cesena in Comune”, che candida sindaco l'ex consigliere comunale verde Davide Fabbri, la lista alternativa di sinistra “Fondamenta” con il giovane Luca Capacci e la lista di Casapound guidata dall'editore Antonio Barzanti.

Il dibattito elettorale finora si è arroventato attorno ai temi del “cambio di regime” (scontato per una città governata da mezzo secolo dalla sinistra) e della sicurezza. Si stenta a riconoscere nei programmi un'idea di futuro non stereotipata e soprattutto nessuno fa i conti con il possibile scenario di una Romagna, territorio integrato per eccellenza ma piagato dai municipalismi, governato a macchia di leopardo da diverse forze politiche. Se n'è avuta l'avvisaglia in Provincia, ormai un ectoplasma politico-amministrativo, dove i partiti di centrodestra hanno rifiutato di collaborare col centrosinistra nella gestione dell'ente. Oltre alle polemiche per la desertificazione del centro storico, qualche decina di milioni di euro di crediti inesigibili e la sconfitta nel processo contro un cittadino accusato di stalking (dopo aver presentato 200 esposti contro il Comune, tutti archiviati), il sindaco Paolo Lucchi lascia in eredità al suo successore un Campus universitario di prim'ordine da completare e un ospedale che è solo sulla carta ma ha già un finanziamento statale di 156 milioni: opere che per essere portate a termine necessiteranno di capacità politica, coesione del territorio e sintonia con la Regione.

Circolano già ampiamente sondaggi, ipotesi, previsioni. Il centrosinistra è stimato in partenza dieci punti avanti al centrodestra, ma decisamente lontano da una vittoria al primo turno. Il ballottaggio potrebbe allora rivelarsi un'opportunità più per Rossi che per Lattuca. La polemica anti-Pd che viene dalle altre liste spinge per quel “cambio di regime” che ormai è un mantra.

 

[Questo approfondimento sulle amministrative di maggio tocca le quindici città più popolose in cui si rinnovano i Consigli comunali: BariBergamoCesena, Ferrara, FirenzeFoggia, Livorno, Modena, PerugiaPescara, PratoReggio Emilia, insieme a Cagliari e Sassari dove, in ragione dell’autonomia dell’Isola, si voterà il 16 giugno.]