Tutto ha avuto inizio con un corso di formazione a cui hanno partecipato 78 educatrici delle scuole materne e dei nidi di Venezia, promosso nel 2013 dal Comune di Venezia, nella persona di Camilla Seibezzi, delegata ai diritti civili e alla lotta alle discriminazioni, e realizzato da Chiara Baiamonte e dalla sottoscritta. Durante il corso presentiamo e leggiamo assieme alle insegnanti libri per l’infanzia che aiutano a decostruire stereotipi e pregiudizi sul genere forieri di violenza e di ineguaglianza. Il corso è molto partecipato e le insegnanti si mostrano attive, attente e pronte a impegnarsi in una corretta e necessaria educazione alla conoscenza delle differenze tra le persone e al rispetto di ogni differenza. La bibliografia che consigliamo, integrata dai libri per l’infanzia indicati dal progetto “leggere senza stereotipi”, viene acquistata da Seibezzi, che pensa sia giusto dotare le educatrici e le scuole in cui lavorano dei libri che sono stati utilizzati per la formazione.
Le polemiche iniziano subito dopo la fine del corso. Alcuni rappresentanti di forze politiche di estrema destra o ispirate a un cattolicesimo integralista, omofobi e poco edotti in materia di narrativa per l’infanzia, né tantomeno di educazione alle differenze, ritengono gravemente lesiva per un armonico sviluppo dei bambini la lettura di 3 dei 49 libri proposti. Tutti e tre parlano di omogenitorialità: E con Tango siamo in tre, di Peter Parnell e Justin Richardson, Piccolo Uovo, di Francesca Pardi con illustrazioni di Altan, e Jean a deux mamans, di Ophelie Texier. Una storia vera, la prima, accaduta allo zoo di New York, dove due pinguini maschi, grazie all’aiuto del custode, riescono prima a covare e far schiudere un uovo abbandonato da una coppia di pinguini eterosessuali e quindi ad allevare il nuovo nato. Nel libro di Altan, premio Andersen 2012 e noto per gli attacchi di Forza Nuova, che lo voleva al rogo, si narra la storia di un uovo che prima di nascere vuole conoscere tutte le possibili famiglie esistenti per scegliere la propria. Nel terzo libro si narra la quotidianità di una famiglia omogenitoriale utilizzando un’ambientazione animale. Tutti e tre, con le rispettive differenze, documentano in maniera efficace e attenta realtà quotidiane minoritarie che consentono a quei bambini e ai loro genitori di ri-trovarsi nelle storie narrate e di ri-conoscersi nelle immagini proposte: diritti innegabili e fondamentali per ciascun bambino.
Eppure qualcuno trova qualcosa da ridire e si scatenano polemiche violente. Il 7 febbraio 2014 "il Giornale" attacca, con un breve articolo di Luisa De Montis che titola: Il Comune di Venezia distribuisce fiabe gay nelle scuole (è qui che compare per la prima volta l’impropria definizione di "fiabe gay" per una lista di albi illustrati che possono essere utilizzati per diffondere la consapevolezza e l’accettazione della diversità). Lo stesso giorno "La Nuova Venezia" riferisce della richiesta al sindaco Orsoni da parte di un parlamentare Udc di sospendere l’iniziativa; concorde Carlo Giovanardi, che allo stesso quotidiano dichiara che "i piccoli non possono essere cavie di cervellotici esperimenti che segnalano soltanto la confusione mentale di chi li vuole imporre a creature innocenti". Non si esime dal dire la propria neppure il Patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, che il 13 febbraio al "Corriere della Sera" puntualizza: "È necessario combattere gli stereotipi, ma io quei libretti non li distribuirei". Nello stesso articolo, il consigliere comunale Simone Venturini, capogruppo Udc, ammette di non aver letto i libri oggetto della polemica, "e non è nemmeno opportuno che la politica li legga per fare censura".
Lo scandalo Mose, il commissariamento del Comune e la necessità di procedere con nuove elezioni distraggono i veneziani dalla crociata gender, ma nella campagna elettorale uno dei candidati, Luigi Brugnaro, che non ha aperto neppure uno dei 49 libri in questione, si fa carico della questione autoproclamandosi difensore dell’innocenza dei bambini dalla corruzione imposta dalle teorie gender. Sarà lui il nuovo sindaco, e prima ancora di insediare la giunta e tenere il primo consiglio comunale, il 25 giugno 2015, emette una circolare: via i "libri gender" dalle scuole di Venezia. Sembra che lo possa fare: i libri sono cespiti patrimoniali inventariati e di proprietà del Comune e, come tali, il Comune può disporre il loro ritiro a scapito del diritto alla libertà di insegnamento (art. 33. c. 1) sancito dalla nostra Costituzione.
Ma il ritiro ordinato dal sindaco sembra piuttosto assimilabile a un "sequestro", esplicitamente consentito dalla Costituzione (art. 21, c. 3) solo "per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi". Non lo sono sicuramente i 49 libri sequestrati.
A questo punto si innesca la mobilitazione. Nei giorni immediatamente successivi Ibby Italia (con Nati per Leggere e Commissione Ragazzi AIB), ICWA Italia, AIB e AIE (quest’ultima solo il 7 luglio, con un ritardo difficilmente comprensibile) prendono ufficialmente posizione contro il provvedimento. Tace il ministero per i Beni culturali, interviene tardivamente il Centro per il libro e la lettura.
La mattina del 3 luglio due associazioni veneziane (Noi La Città – Venezia 2015 e Veneto Radicale) organizzano un incontro pubblico, invitando il sindaco a partecipare a quello che veniva proposto come un dibattito democratico con la partecipazione di un libraio, della sottoscritta, responsabile del corso, e di Seibezzi. La sala, nonostante l’orario e il caldo, è gremita di insegnanti e di cittadini che non si riconoscono in questa Venezia omofoba e violenta. Il sindaco non partecipa, ma è invece molto attivo su Twitter e prolifico di dichiarazioni con la stampa (tutti i dettagli nella rassegna stampa sul sito Luigi Brugnaro sindaco e sulla sua pagina Twitter).
Finalmente l’8 luglio il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, per tramite del sottosegretario Davide Faraone, rilascia la seguente dichiarazione: "Nessun sindaco può intervenire in tal senso, né meno che mai può decidere quali libri possono stare o meno all’interno di un istituto: è un ambito di competenza comune della comunità scolastica, fatta di famiglie e operatori della scuola".
Ma è troppo poco, non ci basta. A ciascuno di noi il compito di restituire dignità, libertà e cultura al nostro Paese, ai nostri concittadini, ai nostri bambini e ragazzi.
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