Che piaccia o no, viviamo nell’epoca della politica minima, nel senso che è ridotta ai minimi termini e vaga in cerca d’identità, d’autore e d’autorità sulla scena della storia d’Italia. E questa politica perplessa, povera di energia e di futuro, mortificata da tecnici professorali e da politici inetti, delegittimata come parassitaria, si esprime, ed è compresa, attraverso una lingua politica indebolita e profondamente trasformata.
Dai giornali, dalla radio, dalla televisione e, in ultimo, anche dai social network come facebook e twitter un ininterrotto profluvio di parole arriva ogni giorno a noi per riversarsi nelle conversazioni e nelle mille chiacchiere che popolano la nostra quotidianità. A volte si tratta di parole dalla vita breve, che passano di moda con la stessa rapidità con cui sono entrate in auge per far posto a nuovi termini. E allora il rischio costante è che di tale flusso comunicativo vada smarrito il significato più autentico. A tale pericolo rimedia qui Carlo Galli che sceglie, spiega e restituisce il senso proprio a un ampio numero delle parole più presenti nella cronaca del nostro tempo, fornendo al lettore un valido strumento per orientarsi nel mare magnum dell’attualità politica.
Carlo Galli insegna Storia delle dottrine politiche nell’Università di Bologna ed è editorialista di «Repubblica». Per Il Mulino ha tra l’altro pubblicato: «Spazi politici» (2001), «Lo sguardo di Giano. Saggi su Carl Schmitt» (2008), «L’umanità multiculturale» (2009), «Genealogia della politica» (2010).
Abbiccì della cronaca politica, Collana "Contemporanea", Il Mulino, 2012, pp. 136.
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