Nell’ultimo decennio Bologna ha visto un’importante espansione del proprio mercato turistico. Dal 2008, infatti, l’aeroporto cittadino ha quasi raddoppiato il numero di passeggeri, passati da 4.225.446 a 8.198.15. Di pari passo è cresciuta la presenza turistica in città, al punto da toccare i 2 milioni e mezzo di presenze nel 2016. In questo contesto si inserisce il piano di sviluppo di attività e promozione che il Comune di Bologna, la Città Metropolitana e soggetti privati hanno intrapreso.
Il mercato del turismo negli ultimi anni ha profondamente cambiato le proprie connotazioni, non solamente grazie allo sviluppo di infrastrutture legate alla mobilità, alla forte espansione della mobilità rapida a costi accessibili (compagnie low cost e treni), ma anche grazie alla capacità di identificare e trovare soluzioni turistiche in grado di soddisfare nuove esigenze e al contempo ridurre i costi stessi. Si fa nello specifico riferimento all’abbattimento dei costi di ricerca alloggi e transazione dovuti alla disintermediazione dell’offerta locativa. Internet e i portali di ricerca hanno infatti influenzato in maniera profonda questo mercato, aprendo a nuove soluzioni locative: l’affitto turistico a breve, ossia il fenomeno Airbnb, sta avendo incisive ripercussioni su tutte le principali città turistiche del mondo e, sebbene con numeri minori, anche su Bologna.
Tramite l’utilizzo di fonti di monitoraggio riconosciute quali AirDNA.co e il blog di Tom Slee (esperto del settore che da anni monitora il fenomeno), l’Istituto Cattaneo, in un capitolo della sua ricerca sulla condizione del mercato locativo a Bologna, ha evidenziato come nel capoluogo emiliano vi siano circa 2.000 annunci attivi (Fonte AirDNA.co) per case intere, con un potenziale di espansione che può rapidamente raggiungere le 4.000 unità. Come si evince dalla distribuzione degli annunci, l’incremento è chiaro tra il 2016 e 2017 e si concentra nel centro cittadino e nelle aree adiacenti alla fiera e alle zone ospedaliere. Utilizzando i dati disponibili, è emerso come, dati i tassi di occupazione degli stessi e la frequenza di annunci ascrivibili a un’unica origine, vi sia un introito medio annuo di circa 20 mila euro per le case intere in Airbnb a fronte di un affitto medio a canoni di mercato di 8.300 euro. Potenzialmente, a domanda turistica inalterata (e le previsioni sono di crescita) e data l’attuale tassazione, si prevede un raddoppio dell’offerta che sebbene inciderebbe sulla profittabilità dei singoli annunci, non renderebbe meno conveniente per i proprietari l’affitto turistico a breve rispetto alle modalità di affitto classiche. Recentemente, Airbnb ha diffuso i propri dati sulle presenze a Bologna, che però non collimano con quelli rilevati dall’Istituto Cattaneo. Come presentato in una nota specifica dallo stesso Istituto, la discrepanza è dovuta in massima parte alla metodologia usata da Airbnb stesso per la valutazione. La piattaforma infatti ha proiettato i valori sul parco annunci attivi al primo gennaio 2017. Poiché sulla piattaforma gli annunci sono attivabili e disattivabili liberamente dai proprietari l’osservazione su di un solo giorno deforma i risultati ottenuti. Appare per altro chiaro come la scelta del primo gennaio ampiamente sovrastimi gli andamenti per le mete vacanziere attraenti in quel periodo dell’anno e fortemente sottostimi località, fra cui Bologna, che non sono certamente annoverabili come polo turistico di interesse per il capodanno. Dati i numeri forniti da Airbnb è tuttavia facilmente identificabile la peculiarità dei valori presentati sul portale. 150 mila ospiti, 2.900 dollari di introiti per annuncio (2.500 euro circa al cambio del tempo) per 38 notti di permanenza in media per ciascun host. È facile verificare come il prezzo medio sia di 76 dollari per notte (compatibile coi valori di AirDNA.co). Supponendo una media di 2 notti per ospite (inferiore alla permanenza media stimata dall’Istat) si arriva a un gettito totale di circa 23 milioni di dollari (compatibile coi 26 milioni stimati da AirDNA.co utilizzando una presenza media maggiore). A questo punto o a Bologna vi sono circa 8.000 host che affittano in media per brevi periodi (in una città in cui la ricerca dell’Istituto evidenzia una strutturale carenza di offerta locativa) rinunciando a maggiori profitti, o compatibilmente con quanto evidenziato da portali indipendenti gli host sono meno (tra i 2.000 e i 3.000) con entrate nettamente maggiori. Sebbene una risposta definitiva richieda maggiore analisi dal punto di vista economico la strategia appare chiara.
Esiste inoltre un altro fenomeno da monitorare che è quello definito nella ricerca come questione “Halldis” ovvero la società di intermediazione immobiliare con oltre 1.600 appartamenti in 26 città e luoghi di vacanza in Italia ed Europa. In generale ad oggi sono 5 gli host che possiedono più di 10 unità abitative intere in affitto su Airbnb a Bologna. Fra essi capofila è la società con sede a Parigi che detiene 74 singoli annunci. Questo fenomeno di hôtellerie diffusa sul territorio diventa di complessa normativa (per altro il legislatore attualmente insegue un fenomeno nuovo e quindi tutto da conoscere e studiare) e quantomeno di interesse anche per la legge sulla concorrenza. Si tratta infatti di un business, quantomeno sulla carta, in concorrenza con le strutture ricettive tradizionali e con potenzialmente effetti distorsivi sia del mercato turistico che di quello abitativo.
In questo contesto, complesso e di cui si sa particolarmente poco essendo il fenomeno nuovo e al contempo essendo le fonti dati ancora in divenire, si colloca la questione locativa in generale. L’espansione dell’offerta locativa turistica a breve termine ha risvolti rilevanti in termini di impatto sociale. Bologna, a fronte di uno stock immobiliare fondamentalmente piatto (su cui hanno impattato prima la crisi economica – vero dissuasore del comparto immobiliare – e successivamente la nuova legge sul consumo del suolo), ha registrato un consistente aumento degli studenti fuorisede (circa 5.000 in più nella decade – 36.000 circa in totale) e appunto una contrazione dell’offerta dovuta alla riallocazione delle case verso mercati più profittevoli. Nonostante la cedolare secca al 10% e gli interventi sul canone concordato abbiano dato buoni esisti nel calmierare i prezzi, il livello medio dei prezzi al metro quadro in affitto a Bologna è secondo in Italia solo a Milano, Roma, Venezia e Firenze. Milano e Roma non sono paragonabili per dimensione e Venezia e Firenze per la capacità di attrattiva turistica. La questione abitativa e quella che gli organi di stampa riportano come emergenza casa a Bologna è sintetizzata dal fatto che per una famiglia di reddito mediano solo il 25% delle locazioni appare sostenibile (definendo con sostenibile un affitto inferiore al 30% del reddito stesso) e con una metratura e composizione adatte alle necessità della stessa. Per le famiglie che fanno domanda presso le graduatorie di supporto economico per l’affitto quasi nessuna casa è generalmente sostenibile, ovvero lo sono in alcuni casi specifici che generalmente risultano incompatibili con la struttura della famiglia stessa.
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