Dove nascono i libri? Prima di acquistare un volume e di leggerlo subito, più in là o anche mai (va bene lo stesso), lo sfogliamo distrattamente in libreria o ne accarezziamo le pagine, guardinghi e voluttuosi. Talvolta lo «mangiamo con gli occhi» trasognando una sorpresa, una luce o magari la conferma di una nostra idea, spesso ignari del luogo in cui quel libro è stato concepito e preparato, anzi «cucinato». Perché nel gergo della stampa, incluso il giornalismo, si definisce proprio «cucina» il lavoro redazionale di correzione, revisione, titolazione e illustrazione di un testo. Editoria, case e cucina. In sintesi, ecco detto il senso di Andare per i luoghi dell’editoria, di Roberto Cicala (pp. 192), che esce per i tipi settantennali del Mulino giusto nei giorni del Salone Internazionale del Libro di Torino, dove sarà presentato l’11 maggio.
Non è certo un caso se nel gergo della stampa, incluso il giornalismo, si definisce proprio "cucina" il lavoro redazionale
Cicala, filologo e italianista, insegna Editoria libraria e multimediale all’Università Cattolica di Milano ed è editore in proprio della novarese Interlinea. Ha intrapreso questo viaggio, come s’addice alla collana «Ritrovare l’Italia», senza la pretesa di un’impossibile esaustività e assecondando le suggestioni/digressioni che dalle grandi città lo portano verso la provincia, non di rado feconda di iniziative. «Tuttavia l’interesse primario è per il genere della cosiddetta “varia”, tralasciando la produzione dei periodici e un po’ la scolastica», scrive l'autore nella premessa, dove fa capolino il concetto di «bibliodiversità», cioè la ricerca di un equilibro e di una nitidezza nel lavoro dell’editore e nelle scelte del lettore affinché siano al riparo, per quanto possibile, dalla dismisura del mercato e dalla pubblicità.
Si parte da Torino – donde sennò? – prima capitale dell’Italia unita e prima città industriale per l’automobile, come per il cinema delle iniziali produzioni lungo il Po (Cabiria di Pastrone e D’Annunzio). Nella Torino del tardo Ottocento ripercorriamo i passi di Edmondo De Amicis e del veronese Emilio Salgari, vale a dire la pedagogia e la fantasia per i ragazzi dello Stato nascente che di lì a poco dovrà fare i conti con le contraddizioni sociali e il bisogno di giustizia che ispirano le pagine di Piero Gobetti (anche «editore ideale») e di Antonio Gramsci. La generazione successiva, che diventa maggiorenne al debutto degli anni Venti del fascismo incombente, è quella degli ex allievi al liceo classico D’Azeglio del professor Augusto Monti, intento a «spiemontizzare» il canone letterario sotto la Mole, secondo quanto avrebbe teorizzato Carlo Dionisotti per Vittorio Alfieri e Giuseppe Baretti. In quelle aule erano passati Cesare Pavese e Tullio Pinelli (futuro sceneggiatore di Fellini), Vittorio Foa e Norberto Bobbio, Massimo Mila e Giulio Einaudi… Ed è subito Struzzo. «Al numero 2 di via Biancamano sul portone sta ancora il marchio dello struzzo che morde un chiodo», scrive Cicala. Il disegno è un’insegna cavalleresca del Cinquecento (per i Tascabili Einaudi sarà Picasso a tratteggiarne una variazione) e l’iscrizione latina Spiritus durissima coquit («Lo spirito digerisce anche le cose più dure») assume una valenza resistenziale durante il regime mussoliniano, come del resto, molto più a Sud, la locuzione della casa editrice barese Laterza con il suo invito alla tenacia e alla pazienza, Constanter et non trepide («Costantemente e senza trepidare»).
"Torino è la città ideale per scrivere", pensa Italo Calvino; ma anche per pubblicare, stando alla pletora di sigle editoriali passate in rassegna nel libro
«Torino è la città ideale per scrivere», pensa Italo Calvino; ma anche per pubblicare, stando alla pletora di sigle editoriali passate in rassegna da Cicala, ciascuna con la sua storia e i sapidi aneddoti storico-culturali: Utet, Pomba, Lattes, Giappichelli, Paravia, De Silva, Esi, Sei, Bollati Boringhieri… Eppure la capitale del libro resta sempre Milano, fin dall’Ottocento, quando Manzoni tentò di farsi editore di se stesso. All’ombra del Duomo operano Vallardi e Sonzogno, Treves e Hoepli, Mondadori e Rizzoli, Ricciardi e Longanesi, Garzanti e Bompiani, Rusconi e Neri Pozza (origini venete), Mauri e Spagnol, Feltrinelli e Mursia. E molti altri marchi, tra cui Adelphi, da Bazlen e Foà a Calasso e Cremisi. Milano è il cuore dell’industria culturale, simboleggiato dalla «grande astronave» progettata cinquant’anni fa dall’architetto brasiliano Oscar Niemeyer per farne la sede della Mondadori a Segrate, non lontano da dove nel 1972 fu trovato senza vita Giangiacomo Feltrinelli. Città delle occasioni di fama e di ricchezza per gli autori, ma anche di delusioni cocenti, della «vita agra» di Luciano Bianciardi (che fu traduttore e redattore editoriale). Milano dei gialli venduti come il pane in edicola e degli Oscar, della civiltà politecnica cara a Vittorini e a Sinisgalli, delle antiche librerie in Galleria e dell’ambizione sfrenata di Berlusconi che, non pago dei successi da editore televisivo, comprerà la Mondadori.
Centri propulsivi dell’editoria sono poi considerati sia Venezia, dalle stampe cinquecentesche di Aldo Manuzio sino alla Marsilio fondata a Padova da un gruppetto di studiosi fra cui Toni Negri (prima di passare alle cure di Cesare De Michelis), sia Napoli, con le sue bancarelle di testi usati intorno a San Biagio dei Librai e le memorie sempreverdi di Benedetto Croce, nume tutelare vesuviano non meno di Totò ed Eduardo. Crociano è l’imprintig della Gius. Laterza e Figli, a Bari, città anche di altri coraggiosi marchi novecenteschi: la Dedalo di Raimondo Coga (primo editore del “manifesto” quand’era ancora una rivista di Rossanda, Pintor e compagni), il catalogo di Diego De Donato votatosi al marxismo eretico della école barisienne e ai primi volumi fotografici, e ancora Adda per la divulgazione geografica e Cacucci per gli studi giuridici; mentre a Lecce operano con rigore letterario le edizioni Manni.
Nel viaggio di Cicala, ecco Firenze con il successo del Pinocchio di Collodi a fondamento di una tradizione nutrita da Eugenio Montale assunto dall’editore Bemporad e habitué ai tavoli del celebre caffè «Le Giubbe Rosse». Una spinta che va oltre grazie a Vallecchi, Giunti, Salani, Olschki… Tappa a Parma per rendere omaggio a Giambattista Bodoni, «il tipografo piemontese che rese la città una delle capitali mondiali della stampa a partire dalla seconda metà del Settecento». Bologna custodisce la matrice scientifica e linguistica della Zanichelli, nonché quella dei «mugnai» (i fondatori del Mulino editore nel 1954, mentre tre anni prima era nata la rivista) attivi nelle stesse stanze dove abitò Carducci e a pochi passi dalla dimora natale di Pasolini. Ma Bologna è pure il fermento suscitato dal Dams di Eco, Fabbri, Scabia, Anceschi e le opere dei suoi allievi Pazienza, Tondelli e Palandri.
Facciamo un tuffo mediterraneo a Palermo con Sciascia, i coniugi Elvira ed Enzo Sellerio, Bufalino, Camilleri e i grandi successi della collana «La memoria», dalle eleganti copertine blu. Infine Roma, dove l’arte tipografica arriva nel 1465 da un eremo benedettino della vicina Subiaco – scrive Cicala – «a opera di due chierici allievi di Gutenberg, Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz, che raggiungono la capitale con un giorno intero di cammino (oggi un’ora in auto) per essere ospitati dalla famiglia Massimo in Campo de’ Fiori, in una casa che diventa bottega, con edizioni curate dall’umanista e vescovo Giovanni Andrea Bussi, primo responsabile della nascente Biblioteca Apostolica Vaticana».
D’altro canto, c’è una Roma laica, irriverente alla stregua delle proverbiali pasquinate, le brevi satire popolari contro il papa. Roma indolente e conviviale nei caffè d’arte in cui si danno appuntamento scrittori e sceneggiatori quali Moravia, Morante, Pasolini e Flaiano, o nei rituali estivi del premio Strega al Ninfeo di Villa Giulia. Roma sempre cinica o almeno disincantata tra politica e cinematografo, eppure capace di sfornare successi mondiali come L’amica geniale di Elena Ferrante grazie all’intuito di Sandro Ferri e Sandra Ozzola delle edizioni e/o (est/ovest), «con il logo della cicogna che viaggia nel mondo portando storie». La stessa Roma che, oggi, guarda al futuro attraverso la Nuvola dove si tiene l’annuale fiera «Più libri più liberi».
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