Il frate cappuccino Padre Pio da Pietrelcina, al secolo Francesco Forgione, uno dei santi più popolari e controversi anche grazie alla fama di santità in vita, da sempre sospetta all’istituzione ecclesiastica, moriva a San Giovanni Rotondo il 23 settembre 1968.

Era nato il 25 maggio 1887 ed era stato ordinato sacerdote nel 1910. Il fenomeno Padre Pio era iniziato nel 1918 con le attribuzioni delle stimmate e di altri eventi portentosi: levitazioni, bilocazioni, miracoli di guarigione. Tra le questioni controverse attorno al frate non c’erano soltanto il meraviglioso e il miracolistico: la presenza di donne nel suo circolo a San Giovanni Rotondo, i contatti con personaggi con un passato compromesso col regime fascista, l’afflusso e uso del denaro nel santuario e per l’ospedale da lui fondato e inaugurato nel 1956. Iniziava una storia di rapporti tesi con il Vaticano e le gerarchie ecclesiastiche. Si era aperta ben presto, dopo i racconti delle stimmate, una lunga serie di scontri con il clero locale, col suo stesso ordine religioso e con la Suprema Congregazione del Sant’Uffizio in Vaticano. Dopo la visita nel 1920 del padre Agostino Gemelli, francescano, medico e fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano, nel 1923 iniziava una vicenda inquisitoriale punteggiata da provvedimenti delle autorità ecclesiastiche che cercarono di limitare il raggio di azione del ministero di Padre Pio, senza essere capaci di arginarne la popolarità.

La storia dei rapporti con Roma è una storia di denunce, sospetti, indagini e provvedimenti diversi a seconda dei diversi pontefici: da un papato ancora influenzato da quel cattolicesimo lombardo, tridentino e controriformista, con cui Padre Pio aveva avuto le maggiori difficoltà, da padre Gemelli e Giovanni XXIII, a rapporti più distesi grazie all’ultimo papa lombardo, Paolo VI, che fin dall’inizio del pontificato, nel 1964, aveva mostrato simpatia per il ministero del frate cappuccino ordinando al Sant’Uffizio di revocare le sanzioni a cui era stato sottoposto.

Padre Pio moriva tre giorni dopo le celebrazioni per il cinquantesimo anniversario della stimmatizzazione: le immagini del convegno dei “Gruppi di preghiera Padre Pio” e la fiaccolata a San Giovanni Rotondo del 20 settembre 1968 offrono un controcanto all’iconografia del Sessantotto – anche cattolico. Per tre giorni una fiumana di fedeli dava l’addio a Padre Pio. Era la fine dell’estate del 1968, un anno e una stagione che pareva essere la fine di un’epoca, tra il maggio parigino e la pubblicazione della Humanae Vitae di Paolo VI, la sua ultima enciclica che innescava la crisi di autorità più grave per il papato moderno a causa del dissenso aperto o silenzioso di gran parte dei cattolici nei confronti di quel pronunciamento contro la contraccezione. Quella cesura storica pareva segnare l’inizio di un cattolicesimo più laicale e meno clericale, meno devozionale e più illuministico. Ci si attendeva che gli anni Sessanta avrebbero fatto voltare pagina alla Chiesa, verso un cattolicesimo meno magico e più razionale. La vicenda di Padre Pio, prima ma soprattutto dopo la morte, racconta un’altra storia.

La morte di Padre Pio è una di quelle date che fa del 1968 la chiusa degli anni Sessanta per la Chiesa cattolica e l’inizio dei lunghi anni Settanta. Le traiettorie del cattolicesimo sono state in parte diverse da quelle pronosticate: fa parte di questo panorama un ritorno delle devozioni, anche grazie al papato, da Giovanni Paolo II a Francesco, tutti papi devoti di Padre Pio. Quella delle devozioni popolari è soltanto uno dei ritorni rispetto alla Chiesa del Concilio Vaticano II. Anche l’attaccamento di Padre Pio alla messa preconciliare può suonare profetica oggi per i militanti del nuovo tradizionalismo e anti-liberalismo cattolico.

Quella di Padre Pio è una storia di cattolicesimo italiano; una miscela di miracoli e politica che attira devoti cattolici e devoti di altre cause; una devozione che sopravvive ai sospetti, prospera sui miti e riesce ad avere la meglio sulle indagini del Sant’Uffizio. È anche una storia di cattolicesimo italiano nel mondo: dal punto di vista estetico e di storia materiale, dal santuario di San Giovanni Rotondo completato nel 2004 progettato da uno degli architetti più famosi nel mondo, Renzo Piano, al merchandising della pietà popolare, all’onnipresenza di statue del santo nei locali gestiti da italiani in tutto il mondo. Il cattolicesimo italiano è una delle matrici del cattolicesimo mondiale. Ma il cattolicesimo italiano da esportazione non è quello dei prìncipi (laici o ecclesiastici) riformatori, o dei preti eruditi come monsignor Giuseppe De Luca, o dei “preti folli” come don Lorenzo Milani. È soprattutto quello delle devozioni ai santi, come quella a Padre Pio, uno degli italiani più famosi nel mondo e più presenti nei luoghi degli italiani del mondo. Nonostante la limitata presenza geografica del santo – quella zona dell’Italia meridionale tra la Campania (dove nasce), il Molise (dove inizia a esercitare il ministero sacerdotale) e la Puglia (San Giovanni Rotondo, dove risiede dal 1918 fino alle morte senza mai allontanarsene) – Padre Pio conta su una rete globale di devoti su cui la Chiesa istituzionale vigila, ma conta.

Quello di Padre Pio in vita era un cattolicesimo e un mondo in cui sia i fedeli sia i lontani dalla Chiesa si accontentavano ancora, almeno in pubblico, delle versioni ufficiali. La devozione a Padre Pio dovette combattere, durante la vita del santo, contro indagini vaticane inviate da un papato che non aveva bisogno come oggi di un proprio braccio mediatico in lotta con altre potenze mediatiche, laiche e cattoliche. Ma già allora la lotta tra i devoti a Padre Pio tra di loro e contro la Chiesa istituzionale rendeva visibile quella componente anarchica che anche nella Chiesa cattolica non ascolta la chiamata al rispetto dell’autorità gerarchica, ma piuttosto trova il riferimento in santuari e devozioni, culti personali e della personalità.

Dopo aver lungamente sospettato Padre Pio, il papato si convertiva alla forza della devozione fino a dare avallo, con la beatificazione del 1999 e la canonizzazione del 2002, a una sequela che non aveva bisogno dell’imprimatur vaticano e che anzi aveva prosperato nonostante le autorità ecclesiastiche. Quel papato che tende, nel corso degli ultimi tre decenni, a canonizzare se stesso tramite la canonizzazione dei predecessori, anche nel caso di Padre Pio usa la politica della santità per tentare di farsi tutto a tutti. È un’ambivalenza visibile specialmente con Giovanni Paolo II: il papato che riabilita Galileo ma anche eleva il santo degli episodi di bilocazione; che abbraccia il dialogo interreligioso e con gli ebrei ma anche addita l’esempio di un frate cappuccino compromesso con la cultura fascista dei personaggi che lo aiutarono a costruire la Casa Sollievo della Sofferenza. Il cattolicesimo che cerca di tenere sotto controllo la devozione a Padre Pio è un cattolicesimo onnivoro che cerca di tenere insieme tutto: il premoderno e il post-moderno; il miracolistico e il razionale; il politico e il movimentismo; la dimensione carismatica e quella istituzionale.

Il successo planetario della devozione di Padre Pio è uno degli esempi della coesistenza tra il religioso e il magico e delle delusioni per le attese di una asettica religiosità razionale. In qualche modo è anche una rivincita del Sud – d’Italia e del mondo “global south” – sull’emisfero nord secolarizzato e dello “spiritual but not religious”. Dice qualcosa delle molteplici varianti d’opera nel progetto per un cattolicesimo moderno; della persistenza, se non dell’ascesa, di un cattolicesimo più dei santuari che delle accademie; della necessità e della difficoltà, per la Chiesa globale, di tenere insieme tutte queste componenti. Il trionfo di popolo della pietà antimoderna di Padre Pio apre uno spaccato sulle traiettorie della Chiesa cattolica post-Vaticano II.