Editoriale
Com'è cambiato il lavoro in Italia? Quali sono i caratteri distintivi delle nuove occupazioni, dei rapporti tra lavoratori e datori di lavoro? Le trasformazioni profonde del mercato del lavoro e le interconnessioni con l'apertura a nuovi mercati sovranazionali hanno portato una vera e propria rivoluzione che, poco alla volta, ha trasformato profondamente gli equilibri cui il Novecento ci aveva abituati. La sezione monografica di questo numero, aperto da un ampio reportage di Giuseppe Berta dalla Rust Belt dell’industria dell’auto americana, lascia la parola a chi fa ricerca su questi temi, indagando le posizioni di molti lavoratori in un mercato frammentato e instabile, dove spesso parole come flessibilità sono a senso unico. Accompagnate da una difficile rappresentanza, nuove figure professionali, spesso legate alle applicazioni della tecnologia informatica e dell'automazione, cercano un riconoscimento, mentre le forme tradizionali di Welfare si vanno via via riducendo e occorre trovare nuovi equilibri tra spazi di vita e di lavoro in una società sempre più complessa e varia, dove l'insicurezza è la premessa di difficoltà che coinvolgono la storia di molti individui.
Non è solo la tanto citata «fuga dei cervelli» che viene analizzata in questo volume. Ma più in generale il fenomeno di una nuova emigrazione (spesso non caratterizzata da lavori altamente qualificati). In particolare, si parla di coloro che, in ragione della loro età, dovrebbero costituire l’architrave del Paese in cui sono nati. Quanti sono? Da dove vengono e dove vanno? Che cosa li ha spinti a lasciare l’Italia? Come vedono la loro esperienza di vita? Suddivisi per area geografica – dai principali Paesi che oggi accolgono l’emigrazione italiana in Europa alle aree meno scontate dell’Est europeo, al continente americano, all’Oceania, all’Africa, al Giappone – quaranta italiani che hanno scelto di vivere all’estero si raccontano in altrettante storie autobiografiche. Qualcuno torna. Ma per quasi tutti la vita prende una strada che li allontana progressivamente. È anche questo il segno di un declino che, per essere arrestato, richiede all’Italia una visione che possa ridare la fiducia nel futuro che in tanti hanno scelto di cercare altrove. I racconti autobiografici sono preceduti da alcuni saggi di inquadramento sulle caratteristiche qualitative e quantitative dell’emigrazione italiana contemporanea e sono accompagnati da tre contributi dedicati rispettivamente alle forme di rappresentazione dell’emigrazione durante la grande epopea migratoria del secolo scorso, all’autonarrazione all’epoca dei social network, alla rappresentazione cinematografica.
Esiste - come si chiede Massimo Livi Bacci - una “questione demografica” nel nostro Paese? Una situazione di fatto, di natura strutturale, che rappresenta un ostacolo al buon funzionamento della società?
La spaccatura dell’Europa era evidente da molto tempo. Ma se sinora sembrava possibile una qualche forma di ricomposizione, almeno all’interno del cosiddetto fronte anti-sovranista, i cambi di governo che hanno alterato gli equilibri politici continentali, a cominciare da quello italiano, modificano profondamente lo scenario.
La crisi politica che blocca l’Italia richiede analisi di lungo periodo, più che pezzi di colore. Per quanto la politica italiana ci abbia abituato, in particolare nell’ultimo quarto di secolo, a non poco colore.
Il 2018 apre un nuovo triennio del «Mulino». Con un nuovo direttore, un comitato di direzione rinnovato, una nuova redazione. E una nuova copertina, disegnata e colorata quanto basta per mettere in evidenza il filo conduttore del fascicolo.