editoriale
Il 2018 apre un nuovo triennio del «Mulino». Con un nuovo direttore, un comitato di direzione rinnovato, una nuova redazione. E una nuova copertina, disegnata e colorata quanto basta per mettere in evidenza il filo conduttore del fascicolo. Qui è il concetto di «rivoluzione»: la sua origine, la sua tentata – più o meno fallita, più o meno riuscita – applicazione. Un concetto da riconsiderare in un mondo dove le disparità e le diseguaglianze non accennano a diminuire all’interno dei diversi Paesi e solo in parte si rimodulano su larga scala. Ma quella delle rivoluzioni è un’«incerta scienza». Che non ha regole o schemi precostituiti, ma si muove per eruzioni, eclissi e ingorghi lungo la storia. Apriamo con un lungo racconto sul Venezuela di Maduro, ma certo senza trascurare il Novecento, con la Rivoluzione d’Ottobre, la rivoluzione tedesca del ’18, e poi Praga, il Sessantotto e molto altro. Riprendiamo una rubrica che sarà presente su tutti i numeri, «l’azione di governo», che qui discute l’ultima legge di bilancio. Poi un’intervista a Michael Walzer, e «cinque domande a» Marc Lazar su Macron e l’Europa. Sono solo alcuni dei temi che troverete in questo numero, il 495 nella storia del Mulino. Una storia che alla fine dell’anno ci porterà a festeggiare il numero 500.
Non è solo la tanto citata «fuga dei cervelli» che viene analizzata in questo volume. Ma più in generale il fenomeno di una nuova emigrazione (spesso non caratterizzata da lavori altamente qualificati). In particolare, si parla di coloro che, in ragione della loro età, dovrebbero costituire l’architrave del Paese in cui sono nati. Quanti sono? Da dove vengono e dove vanno? Che cosa li ha spinti a lasciare l’Italia? Come vedono la loro esperienza di vita? Suddivisi per area geografica – dai principali Paesi che oggi accolgono l’emigrazione italiana in Europa alle aree meno scontate dell’Est europeo, al continente americano, all’Oceania, all’Africa, al Giappone – quaranta italiani che hanno scelto di vivere all’estero si raccontano in altrettante storie autobiografiche. Qualcuno torna. Ma per quasi tutti la vita prende una strada che li allontana progressivamente. È anche questo il segno di un declino che, per essere arrestato, richiede all’Italia una visione che possa ridare la fiducia nel futuro che in tanti hanno scelto di cercare altrove. I racconti autobiografici sono preceduti da alcuni saggi di inquadramento sulle caratteristiche qualitative e quantitative dell’emigrazione italiana contemporanea e sono accompagnati da tre contributi dedicati rispettivamente alle forme di rappresentazione dell’emigrazione durante la grande epopea migratoria del secolo scorso, all’autonarrazione all’epoca dei social network, alla rappresentazione cinematografica.
Esiste - come si chiede Massimo Livi Bacci - una “questione demografica” nel nostro Paese? Una situazione di fatto, di natura strutturale, che rappresenta un ostacolo al buon funzionamento della società?
Com'è cambiato il lavoro in Italia? Quali sono i caratteri distintivi delle nuove occupazioni, dei rapporti tra lavoratori e datori di lavoro?
La spaccatura dell’Europa era evidente da molto tempo. Ma se sinora sembrava possibile una qualche forma di ricomposizione, almeno all’interno del cosiddetto fronte anti-sovranista, i cambi di governo che hanno alterato gli equilibri politici continentali, a cominciare da quello italiano, modificano profondamente lo scenario.
La crisi politica che blocca l’Italia richiede analisi di lungo periodo, più che pezzi di colore. Per quanto la politica italiana ci abbia abituato, in particolare nell’ultimo quarto di secolo, a non poco colore.