I fatti principali sono ormai noti a tutti: il 18 febbraio due studenti del liceo Michelangiolo di Firenze vengono aggrediti da tre maggiorenni e tre minorenni militanti di un’organizzazione neofascista; il 21 febbraio Annalisa Savino, nella sua veste di preside del liceo Da Vinci di Firenze, invia una comunicazione agli studenti e alle famiglie della sua scuola, per non lasciarli soli e avvisare di non restare indifferenti a episodi del genere, perché il fascismo nasce “ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici […] lasciata a sé stessa da passanti indifferenti”. Il 23 febbraio il ministro dell’Istruzione e del merito Valditara sferra un attacco all’autonomia professionale della dirigente Savino, la accusa di essere uscita dal “solco della correttezza istituzionale” e di essere venuta meno ai suoi compiti educativi, irride il significato del suo messaggio e minaccia provvedimenti disciplinari. La reazione è tempestiva: le incaute dichiarazioni del ministro suscitano un’alzata di scudi a difesa di Annalisa Savino.

Nella nostra veste di coordinatori del movimento di genitori, studenti e docenti denominato Priorità alla Scuola abbiamo contribuito a questa ondata di solidarietà lanciando già nella tarda mattinata del 23 febbraio una lettera in difesa e solidarietà a Savino, dove si sottolineava che la dirigente del Da Vinci non solo non aveva affatto ecceduto i compiti del suo lavoro istituzionale, ma, invitando i suoi alunni a non restare indifferenti di fronte agli episodi di aggressione squadrista, aveva fatto letteralmente scuola, dando prova di responsabilità civile e fedeltà allo spirito e alla lettera della Costituzione. Priorità alla Scuola esplicitava anche il preciso motivo che, verosimilmente, aveva scatenato la funesta ira ministeriale: l’invito di Savino a lasciare solo chi “decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri”. A Giuseppe Valditara, teorico accademico dei muri anti-immigrazione, non è sfuggito il riferimento a lasciare solo proprio lui, quel ministro che dal 18 febbraio aveva lasciato soli studenti, genitori e scuola, restando in silenzio sui fatti accaduti davanti al liceo Michelangiolo.

La dirigente del liceo Da Vinci non solo non ha ecceduto i compiti del suo lavoro istituzionale, ma, invitando i suoi alunni a non restare indifferenti di fronte agli episodi di aggressione squadrista, ha fatto letteralmente scuola, dando prova di responsabilità civile e fedeltà allo spirito e alla lettera della Costituzione

Una prima concreta prova di solidarietà sono state le 130 mila sottoscrizioni alla lettera di Priorità alla scuola, pubblicata sulla piattaforma Avaaz. Un’ondata che ha dato forza alla convocazione di una manifestazione, annunciata dai sindacati già sabato 25 febbraio, che poi sabato 4 marzo ha riempito Firenze.

All’indomani dei gravi fatti del 18 febbraio, dirigenti, collegi docenti, comunità educanti di tante scuole fiorentine avevano subito preso la parola, riempiendo di comunicazioni e lettere i siti o gli albi o i registri elettronici: invitando, con toni diversi, a riflettere sull’accaduto e stigmatizzando il silenzio del ministro. Tutti – con la notevole eccezione del ministro – si sono mostrati consapevoli che la questione riguardava non un istituto, ma tutta la scuola e chi la frequenta. Queste comunicazioni hanno avuto ampia diffusione in città, e oltre, tra genitori, studenti e studentesse, insegnanti.

Dal 23 febbraio, l’attacco del ministro Valditara ha reso definitivamente “virale” quella della dirigente del liceo Da Vinci, perché il caso è diventato nazionale e addirittura internazionale. Ci è dunque dispiaciuto constatare che tutta questa vicenda, sulle pagine del “Mulino”, sia stata affidata unicamente a un intervento di Mariangela Caprara, vicepreside del liceo Michelangiolo, pubblicato il 27 febbraio. Intervento in cui l’autrice sembra soprattutto dolersi, con ripetute invocazioni alla filologia, che siano apparsi articoli in cui c’è uno scambio di persone o meglio di ruoli, poiché ad Annalisa Savino è stata attribuita la dirigenza del Michelangiolo, la cui titolare è invece Rita Gaeta: un presunto “falso storico”, per riprendere Caprara, che sarebbe foriero di altre distorsioni. Nel suo argomentare l’autrice approda persino a un’ipotesi controfattuale: che Valditara, il 23 febbraio, pensasse proprio di inveire contro la preside del Michelangiolo, e pensa un po’ se avesse dato seguito alle minacce… allora l’innocente titolare Rita Gaeta ne avrebbe subito le conseguenze al posto della Savino (una sconcertante sfiducia nei confronti dell’efficienza della burocrazia ministeriale). Con buona pace di Caprara, Valditara sapeva bene chi aveva scritto la lettera (come risulta dai primi lanci stampa), e perché ne è rimasto così infastidito: le ragioni le abbiamo già spiegate, e riguardano non le analogie storiche, ma il fascismo del XXI secolo.

All’indomani dei gravi fatti del 18 febbraio, dirigenti e docenti di tante scuole fiorentine hanno subito preso la parola, invitando a riflettere sull’accaduto e stigmatizzando il silenzio del ministro. Tutti si sono mostrati consapevoli che la questione riguardava non un istituto, ma la scuola nel suo complesso e chi la frequenta

Sul “Mulino” sono così emersi non tanto gli eventi che hanno segnato la vita politica, culturale e sociale italiana in queste ultime settimane, bensì le differenze di opinione presenti all’interno del liceo Michelangiolo, e nella comunità educante di tutta di Firenze, rispetto alla linea di condotta della dirigente Gaeta, come documenta Tomaso Montanari su un articolo uscito sul “Fatto quotidiano” il 24 febbraio. A dimostrare queste differenze sono soprattutto le richieste, arrivate da dentro le mura scolastiche, di un collegio docenti e di un Consiglio di istituto straordinari che nei documenti approvati il 22 e 23 febbraio hanno rilevato “ritardi, reticenze ed omissioni di sorta” nelle prime reazioni ufficiali del liceo all’aggressione neofascista del 18 febbraio.

Evidentemente ancora scossi dalle mancate telefonate alle famiglie degli aggrediti e al ricorso ai sanitari per accertarne subito le condizioni da parte della dirigenza dell’istituto, e delusi dai toni della dichiarazione pubblicata dalla dirigente Gaeta il 20 febbraio, i componenti del Consiglio di istituto hanno recepito il documento ben più esplicito del collegio docenti e hanno dichiarato di impegnarsi a costituirsi parte civile qualora ci siano processi penali. Docenti, studenti e genitori, in una parola tutta la comunità educante del liceo Michelangiolo, hanno richiesto alla dirigente Gaeta riunioni straordinarie perché non intendevano restare indifferenti e volevano evitare che proprio la scuola oggetto di aggressione apparisse la più tiepida nella condanna all’aggressione neofascista, nel momento in cui tutta la comunità fiorentina (antifascista) si stava esprimendo attraverso circolari dei dirigenti, lettere dei docenti e manifestazioni degli studenti.

Noi crediamo che sia proprio nell’inaspettata tiepidezza delle dichiarazioni di Rita Gaeta che vada cercata la radice di alcune sviste di stampa, non in fantomatici “archetipi” nell’era dei media digitali.

Scrive Caprara giustamente: “Tutti coloro che stavano seguendo la vicenda del pestaggio davanti al liceo Michelangiolo aspettavano con ansia una dichiarazione della sua dirigente”. È proprio così, l’aspettavano e non l’hanno avuta. Caprara, inoltre, attribuisce la diffusione “virale” della lettera della preside Savino al “volto giovane” e alla “benefica rassicurazione materna” veicolata nel suo messaggio, nonché al fatto che la preside Savino si troverebbe “nei giri giusti”. Al contrario, la circolare di Gaeta sarebbe rimasta confinata nell’albo del Michelangiolo perché la dirigente ha voluto rimanere “nel solco della correttezza istituzionale”. È questa ricostruzione ad apparire a nostro giudizio assai discutibile. Entrambe le dirigenti si sono mosse infatti nel solco della “correttezza istituzionale”, pubblicando le loro comunicazioni nelle sedi deputate delle rispettive scuole. Entrambe sono state lette dentro e fuori dall’istituto che dirigono. Ma una comunicazione è rimasta lì confinata per la sua tiepidezza, mentre l’altra ha fatto il giro del mondo della scuola per poi uscirne e trovare ascolto in tutti gli ambiti della società. Non strumentalizzazione, ma ascolto, in molti casi riconoscenza.

Ci pare dunque che l’articolo di Caprara manchi la vera questione in gioco nel nostro Paese, in queste settimane, quella portata in piazza a Firenze il 4 marzo. Del resto studentesse e studenti del liceo Michelangiolo hanno dovuto commentare con amarezza l’assenza della loro preside alla manifestazione. È anche per questi studenti e studentesse che ci siamo decisi a intervenire.