L’autonomia speciale dell'Alto Adige ha influito significativamente sulla mentalità dei suoi abitanti, che si percepiscono un po' diversi dagli altri, un po' «speciali». Anche per quanto riguarda la sicurezza. Risparmiati dall'influenza aviaria e suina, dall'Ebola e dalla Sars, coltivavano l’illusione che anche il Covid19 si fermasse ai confini della provincia.

Il 23 febbraio l'Alto Adige viene svegliato dal suo sonno tranquillo. In tutto il nord Italia asili, scuole e università vengono chiuse e i comuni più colpiti dal virus dichiarati zona rossa. L'Alto Adige segue l'esempio e chiude gli istituti scolastici. Molti parlano di misure esagerate.

In questo periodo di fine febbraio l'Alto Adige vive nella febbre del biathlon e i Campionati del mondo di Anterselva si avviano verso il loro culmine. Domenica 23 febbraio, Roma prende misure drastiche. Lo stesso giorno si assiste all'evento clou del biathlon con la partenza di massa femminile e maschile, con migliaia di spettatori. Il giorno prima c'erano state frenetiche trattative con Roma per non dover annullare l'evento. The show must go on!

I leader politici della provincia, ieri ancora indifferenti a Anterselva in occasione dell'evento sportivo finale, si confrontano il giorno dopo con una nuova situazione, che in parte porta a misure contraddittorie. Le scuole vengono chiuse, ma non le piste da sci. Nessuno pensa di anticipare la chiusura della stagione invernale. Quando l'Istituto germanico Robert Koch, l'istituzione centrale del governo tedesco nel campo del monitoraggio e della prevenzione delle malattie, dichiara l'Alto Adige zona «a rischio oronavirus», i politici e i funzionari del turismo altoatesini protestano. L'Alto Adige non è un'area a rischio, la decisione dell'Istituto Koch sta danneggiando il turismo! La politica altoatesina interviene in Germania, ma senza successo. Poco prima Bolzano era riuscita a sventare tale minaccia da parte austriaca. Il tentativo di distinguersi dal resto d'Italia di fronte ai Paesi di lingua tedesca si concluderà definitivamente il 9 marzo, quando tutta l'Italia sarà dichiarata zona rossa. Mercoledì 11 marzo l'Austria chiuderà i suoi confini con l'Italia. La decisione colpisce l'Alto Adige forse di più del virus.

Anche l'Alto Adige, come tutte le altre regioni, ha sottovalutato il pericolo dell'epidemia. Il sistema sanitario altoatesino si presenta bene, dopotutto la provincia può permettersi un servizio sanitario efficente. Il bilancio provinciale per il 2020 ammonta a 6,2 miliardi di euro a fronte di una popolazione di poco più di 500.000 abitanti. Del resto, secondo Eurostat (2017), l'Alto Adige è ai vertici delle regioni e delle province autonome italiane riguardo al prodotto interno lordo per abitante, espresso in termini di potere d'acquisto rispetto alla media europea, con 42.900 euro. Primi in Italia.

Ciononostante anche l'Alto Adige ha dovuto far fronte a delle carenze quando è scoppiata l'epidemia. Mancavano soprattutto maschere e tute protettive.  Un imprenditore sudtirolese ha fornito assistenza logistica. Ha organizzato una grande consegna di 1,5 milioni di maschere e 430.000 tute protettive dalla Cina e ha anticipato i 10 milioni di euro per conto del servizio sanitario provinciale. Per la Protezione civile italiana ha acquistato altri 15 milioni di maschere, sempre in Cina. Il problema, però, era il trasporto della preziosa merce dalla Cina verso l’Alto Adige. Il presidente provinciale Arno Kompatscher ha chiesto al cancelliere austriaco Sebastian Kurz assistenza logistica che prontamente è arrivata. La maggior parte del prezioso carico è stato portato per via aerea a Vienna, per poi essere trasferito a Bolzano. Una parte della spedizione è arrivata in Italia con un volo dell'esercito italiano. Una parte della consegna arrivata in Sudtirolo è stata ceduta alla protezione civile. Un altra ai vicini del Tirolo. Da un lato il Sudtirolo ha aiutato i suoi vicini del Nordtirolo con 300.000 maschere e 3.000 tute protettive, dall’altro il Tirolo, il Vorarlberg, la Germania, hanno preso in carico alcuni pazienti altoatesini in terapia intensiva.

In Alto Adige si nota un leggero allentamento della diffusione dell’epidemia, anche se la tendenza non si è ancora consolidata. Grazie alle esperienze maturate in Lombardia, l'Alto Adige ha avuto la possibilità di attuare misure preventive in modo più rapido e rigoroso e di ottimizzare le forze. Purtroppo il numero dei decessi è in costante aumento (6 aprile: 164; per giorni l’amministrazione sanitaria si era dimenticata di includere i decessi nelle case di riposo), ma come un po’ in tutta l’Italia i reparti di terapia intensiva degli ospedali sono un po’ meno sotto pressione. Le case di riposo e il personale che vi lavora sono particolarmente colpiti. Tuttavia, la riduzione del traffico ha anche portato a una notevole diminuzione dell'inquinamento atmosferico. Secondo gli esperti, l'aria pulita è un sollievo per le persone con malattie respiratorie, che sono tra i gruppi a rischio nell'attuale crisi.

La mancanza del requisito del bilinguismo da parte di alcuni medici, previsto dalla normativa statutaria per il settore pubblico, non è attualmente oggetto di discussione. Indipendentemente dalle competenze linguistiche, tutti i medici, anche quelli in pensione, vengono accolti a braccia aperte.

L'Istituto provinciale di statistica Astat ha pubblicato una prima stima delle conseguenze economiche della crisi per l'Alto Adige. Si presume che circa il 60% di tutte le attività economiche siano state chiuse (agricoltura esclusa). Se rimanessero chiuse per un mese, la perdita del Pil si aggirerebbe intorno all'1,6%; se rimanessero chiuse per due mesi, la perdita aumenterebbe al 3,8%; se per tre mesi, si arriverebbe al 5,6%.  Il calcolo ha dimostrato che circa il 40% delle attività economiche locali sono rimaste aperte e in attività (o almeno in parte), ovvero molte di più rispetto a quelle previste dell’elenco Ateco (classificazione delle attività economiche).

Il presidente Kompatscher ha intenzione di integrare gli aiuti statali con fondi provinciali. Si parla di due miliardi. Per far ciò, l'Alto Adige dovrà indebitarsi. Tuttavia, l'indebitamento è sopportabile per una provincia con il rating Aaa. Per sostenere l'economia provincial, l'Alto Adige pensa, tra l'altro, a garanzie dirette presso le banche affinché queste possano prestare denaro alle imprese. La provincia garantirebbe i prestiti, in cambio il tasso di interesse dovrebbe rimanere basso. Inoltre, ci saranno aiuti fiscali, come il differimento della scadenza di imposte e tasse. Nel frattempo le piccole imprese individuali hanno ripreso il lavoro.

Come in tutti i Paesi che si trovano ad affrontare i grandi problemi dell'epidemia, anche in Alto Adige l'attenzione politica si è spostata dal potere legislativo a quello esecutivo. Eppure dopo due settimane di inattività del Consiglio provinciale c'è stata una novità. Durante una videoconferenza con tutti i capigruppo delle singole forze politiche e l’ufficio di presidenza del Consiglio, il president Kompatscher ha riferito sulla situazione della provincia. I capigruppo hanno dato il loro consenso per un iter legislativo abbreviato in deroga al regolamento del Consiglio. Le opinioni divergono ancora su come dovrebbe avvenire la ratifica dei decreti del governatore da parte del parlamento provinciale. Nel frattempo i tecnici del Consiglio stanno verificando la possibilità di tenere una seduta consiliare digitale.

Come tanti altri ordinamenti, anche l’autonomia speciale dell’Alto Adige/Südtirol è poco attrezzata per fronteggiare l’emergenza. Mancano procedure chiare e di garanzia per derogare alla normale organizzazione dei poteri. Un riordinamento dovrebbe, tra l’altro, coinvolgere non solo queste procedure, ma in generale anche i rapporti tra i livelli di governo, come quelli tra le autonomie speciali (e non solo) e il potere centrale.  Non mancano le polemiche: da alcuni partiti dell'opposizione il presidente Kompatscher è stato criticato perché permette ai genitori (insieme) di andare a spasso con i loro figli. Lo stesso vale per l’obbligo di coprirsi naso e bocca con una mascherina, bandana o quant’altro quando si esce di casa.

 

 

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