Mancano meno di cinque mesi al primo atto delle primarie repubblicane che prenderanno il via, come dal 1976 a oggi, dai caucus dell’Iowa e, nonostante la serie di incriminazioni senza precedenti per un ex presidente e la scelta di non prendere parte al primo dibattito televisivo della lunga corsa alle presidenziali del 2024, Donald Trump continua a occupare incontrastato il centro della scena politica repubblicana. Ne era stata una prova piuttosto lampante l’Iowa State Fair, tradizionale appuntamento fieristico di agosto del Midwest più profondo, che dalla prima visita di Dwight D. Eisenhower nel 1954, vede sfilare presidenti, aspiranti presidenti, governatori e candidati di ogni livello, tra bagni di folla molto informali, comizi sulle caratteristiche soapbox organizzati dal quotidiano locale “Des Moines Register”, botta e risposta con il pubblico e discorsi improvvisati tra balle di fieno, stand agricoli, chioschi di corn dog e cibo di strada tendenzialmente a base di burro fritto.

Donald Trump, giunto a Des Moines il 13 agosto con un entourage di suoi fedelissimi eletti nello Stato di DeSantis è stato accolto da migliaia di curiosi e sostenitori rubando la scena agli altri leader e aspiranti leader del Grand Old Party (Gop), grazie al sostegno di suoi accoliti e troll di professione il suo ex vice Mike Pence, diventato nemico giurato della base trumpiana dopo l’assalto a Capitol Hill, e Ron DeSantis, governatore della Florida e avversario potenzialmente più temibile per la nomination presidenziale, sono stati presi di mira con volantini, striscioni e cori da migliaia di presenti.

Al primo dibattito ufficiale del 23 agosto, trasmesso da Fox e ospitato a Milwaukee, Wisconsin – la stessa città in cui si chiuderà la corsa alla nomination del luglio 2024 – sono stati ammessi tutti i candidati con almeno l’1% di consensi in tre sondaggi nazionali (oppure su due nazionali e due statali) che avevano ottenuto sostegno da almeno quarantamila donatori individuali. C’è chi come Doug Bergum ha ovviato regalando delle gift card del valore di 20 dollari in cambio di una donazione di un dollaro e chi come Trump non ha mai chiarito di aver firmato l’impegno a sostenere qualunque nomination espressa dal partito alla fine delle primarie altro criterio richiesto per partecipare.

Trump ha scelto di non prendere parte al dibattito di Milwaukee perché, a suo modo di dire, non c’è alcuna utilità nel ripresentarsi davanti al suo potenziale elettorato che lo conosce bene

Come preannunciato, infatti, l’ex presidente ha scelto di non prendere parte al dibattito di Milwaukee perché, a suo modo di dire, non c’è alcuna utilità nel ripresentarsi davanti al suo potenziale elettorato che lo conosce bene.

Tra gli otto potenziali sfidanti ammessi al confronto moderato da Bret Baier e Martha MacCallum figuravano quindi oltre a Ron DeSantis e Mike Pence, ex vice del presidente Trump diventato nemico pubblico dei suoi supporter dal giorno dell’assalto a Capitol Hill, e tra governatori ed ex governatori e governatrici, l’ex ambasciatrice Onu di Trump Nikky Haley (South Carolina), Chris Christie (New Jersey), Doug Bergum (North Dakota) e Asa Hutchinson (Arkansas).

Tra gli outsider hanno partecipato, il senatore afroamericano del South Carolina Tim Scott, la potenziale risposta repubblicana a Barack Obama, e il tycoon Vivek Ramaswamy. In assenza del favorito si è fatto notare il trentottenne imprenditore bio-tech di origini indiane che sta cercando di accreditarsi al posto dello sfidante DeSantis come possibile megafono dei culture warriorsnella crociata delle destre contro il politicamente corretto e i temi cari ai progressisti. Presentatosi come unico candidato svincolato da poteri forti, lobby e gruppi di interesse ha indugiato negli attacchi contro Haley e Christie.

Sulla politica estera e la questione ucraina sono emerse le nette divisioni del partito tra l’interventismo dai toni quasi post-reaganiani e maniche di Haley e Pence e le prese di posizione meno atlantiste di DeSantis, che ha chiesto un sostegno più deciso dell’Europa negli aiuti a Kyiv e soprattutto di Ramaswamy, che più inequivocabilmente ha dichiarato che gli Stati Uniti non hanno alcun interesse nel sostenere militarmente Zelensky.

Mike Pence – che ha parlato più di ogni altro partecipante, quasi tredici minuti, spiegando come il “consenso sia l’opposto della leadership” – si è dimostrato il più duro in termini di divieto all’aborto proponendo una legge che lo vieti in ogni caso dopo cinque settimane.

Il dibattito si è surriscaldato molto più che in ambito pro-life, sui temi ambientali, quando, ai candidati è stato chiesto se, come evidenziano gli ultimi disastri ambientali in California del Sud e alle Hawaii e le ultime rilevazioni sull’aumento della temperatura delle acque degli oceani, il comportamento degli esseri umani ha delle responsabilità. Se DeSantis ha divagato spiegando che serve un dibattito approfondito, non da scolari, Ramaswamy ha parlato di “bufala”, accusando le politiche contro l’emergenza ambientale di essere responsabili di catastrofi e morti più del cambiamento climatico stesso. Chris Christie ha attaccato il giovane sfidante definendolo come una persona che si esprime come una ChatGPT, mentre Nikky Haley, che ha ammesso l’evidenza di un cambiamento climatico e delle rischiose ripercussioni sul pianeta, ha sottolineato l’importanza di rivolgersi alla Cina e all’India come soggetti responsabili dell’emergenza ambientale.

Dopo un’ora di dibattito, Bret Baier ha finalmente provato a evocare il convitato di pietra Donald Trump (“l’elefante non presente nella stanza”) per chiedere chi avrebbe continuato a sostenerlo in caso di condanna. Tutti i presenti hanno alzato la mano, eccetto Christie e Hutchinson, mentre lo stesso DeSantis in un primo momento ha mostrato dei tentennamenti. Poco presente e molto cauto, il governatore della Florida non ha brillato e non è riuscito esprimersi sui suoi topic più popolari, come le sue posizioni anti-Disney e anti-woke.

È difficile prevedere il peso che avranno sui consensi le due nuove incriminazioni, di cui una federale per l’assalto al Congresso del 2021 e per cospirazione criminale con l’obiettivo di sovvertire il risultato delle elezioni del 2020 in Georgia, come definita tra i 13 nuovi capi d’accusa emessi nei confronti dell’ex presidente dalla procuratrice distrettuale della contea di Fulton, Fani Willis.

Per i repubblicani il piccolo Stato del Midwest sarà ancora una volta uno Stato chiave e strategicamente centrale

Come testimoniano le ultime medie aggregate dei sondaggi Donald Trump non ha rivali: il suo indice di gradimento, oscilla da un minimo di 52.1% calcolato da FiveThirtyEight (con un vantaggio di 37,7 punti su DeSantis, attestato al 14,4%) a un massimo di 56,6% secondo le rilevazioni prese in considerazione da 270 to Win (43,4 punti il vantaggio su DeSantis, fermo 13,3%). Vivek Ramaswamy segue in terza posizione ed è al momento l’unico ad avvicinarsi alla doppia cifra con una media tra il 7% e il 9%, unico rivale in un trend di popolarità in ascesa negli ultimi mesi, mentre da inizio anno a oggi il governatore della Florida ha visto dimezzare i suoi consensi.

Donald Trump, che alla fine del 2022 era sotto la maggioranza assoluta di preferenze, è tornato ai suoi massimi dopo il leggero calo che ha fatto seguito all’incriminazione federale di giugno per i documenti classificati portati dalla Casa Bianca a Mar-a-Lago. Si tratta del primo ex presidente a puntare alla nomination nel partito dopo una sconfitta alle presidenziali dai tempi di Hoover, che nel 1940 aveva sfidato Wendell Willkie, poi nominato dal Gop e sconfitto da Franklin D. Roosevelt e, in caso di nomination, del primo repubblicano nominato consecutivamente per tre volte. Se dovesse conquistare la nomination e battere i democratici a novembre 2024 sarebbe il primo presidente in due mandati non consecutivi dai tempi del democratico Groover Cleveland, eletto nel 1884 e rieletto nel 1892 dopo aver prevalso contro Benjamin Harrison, che lo aveva sconfitto quattro anni prima.

Se per i democratici, con il nuovo calendario delle primarie, sarà il South Carolina ad assumere rilevanza, aprendo dopo mezzo secolo, al posto dell’Iowa, le primarie del partito, per i repubblicani il piccolo Stato del Midwest sarà ancora una volta uno Stato chiave e strategicamente centrale di qui al 15 gennaio dell’anno prossimo per capire chi verosimilmente avrà qualche chance per insidiare Donald Trump nella sfida a Joe Biden.