Le elezioni europee sono ormai alle porte. A segnalarcelo, non sono solo i poster elettorali che iniziano a comparire sui viali delle nostre città, bensì, in maniera meno affettata, le discussioni tra partiti. La stessa maggioranza di governo è apparsa in questi giorni in fibrillazione dopo l’incontro, lo scorso 3 dicembre, tra leader e rappresentanti di Identità e democrazia (Id), il gruppo collocato all’estrema destra dell’emiciclo parlamentare europeo. Le dichiarazioni pronunciate dai sovranisti radunatisi nel capoluogo fiorentino (pur con diverse rinunce alla presenza fisica, tra cui quelle assai significative di Marine Le Pen e Geert Wilders), rimbalzate da giornali e telegiornali, sono state motivo di dibattito all’interno della stessa maggioranza di governo italiana, con esponenti tanto di Fratelli d’Italia quanto di Forza Italia a ribatterle e contestarle.

Non potrebbe essere altrimenti, considerato come il governo guidato da Giorgia Meloni rappresenti tre diverse realtà politiche se proiettato all’interno del Parlamento europeo. Un microcosmo della non-sinistra europea i cui punti di contatto sono ben compensati da quelli di frizione: il centro-destra del Partito popolare europeo (Ppe) di cui è parte Forza Italia, la destra-destra di Id che ospita la Lega e, grosso modo a metà tra i due, il gruppo dei Conservatori e riformisti europei (Ecr), a cui appartiene Fratelli d’Italia.

A chi non conosce o segue la politica parlamentare europea, i botta e risposta tra “salviniani” e “meloniani” devono però essere apparsi poco comprensibili. Del resto, non sono passati così tanti anni da quando era Meloni a corteggiare Marine Le Pen – ora collega di gruppo di Salvini –, pubblicando selfie orgogliosi con la leader francese e auspicando la vittoria dei sovranisti europei. Cosa è cambiato nel frattempo, tanto da spingere Meloni non solo ad affiliarsi al gruppo parlamentare conservatore, ma persino ad assumere la leadership del Partito conservatore e riformista europeo a esso collegato? Quali sono, poi, le differenze e le somiglianze tra Ecr e Id, i due gruppi alla destra del Ppe?

Iniziamo con il primo interrogativo: il graduale distanziamento di Meloni dallo schieramento rappresentato dal gruppo Id – caratterizzato da un forte euroscetticismo e collocato decisamente alla destra dello spazio politico – per unirsi alla formazione dei Conservatori e riformisti. Pur certamente non europeista e moderata, quest’ultima formazione è comunque meno radicale rispetto al gruppo a cui è affiliata la Lega. Quando Fratelli d’Italia riuscì, alle elezioni europee del 2019, a superare per la prima volta la soglia di sbarramento del 4 per cento ed eleggere così sei europarlamentari (la delegazione è nel frattempo cresciuta, contando oggi otto uomini e una donna), molti osservatori diedero per scontato che questi sarebbero entrati a far parte del gruppo più euroscettico.

Un tale posizionamento sarebbe apparso in linea con la collocazione del partito tanto sull’asse destra-sinistra – dove viene spesso descritto come partito della destra radicale e populista, se non post-fascista – quanto sull’asse relativo all’integrazione europea – stanti le pesanti critiche all’Unione e le dichiarazioni a favore di un’uscita dall’area dell’Euro.Possiamo ricordare, a titolo d’esempio, che nel primo punto del programma per le elezioni europee del 2014 si affermava “lo scioglimento concordato dell’Eurozona”. Eppure, Meloni scelse per la delegazione del suo partito il gruppo Ecr, rifiutando le successive e reiterate proposte dell’alleato di governo Salvini di creare un grande gruppo sovranista.

Incuriositi dal puzzle creato dal contrasto tra la collocazione ideologica di Fratelli d’Italia e la scelta da questo compiuta all’atto di costituzione dei gruppi nel nono Parlamento europeo, abbiamo analizzato in maniera sistematica il comportamento di voto della delegazione di Fratelli d’Italia nei primi tre anni della nuova legislatura (dal luglio 2019 al giugno 2022). La nostra analisi – che si basa su più di 1.200 voti finali, legislativi e non, nelle sedute plenarie del Parlamento europeo, e un approfondimento qualitativo dei voti sulla pandemia di Covid e le successive misure per la ripresa economica – dimostra che Fratelli d’Italia ha assunto una posizione in assoluto più moderata, pur mantenendo elementi di radicalità in particolari aree di policy.

La nostra analisi dimostra che Fratelli d’Italia ha assunto una posizione in assoluto più moderata, pur mantenendo elementi di radicalità in particolari aree di policy

Il partito di Giorgia Meloni non è stato relegato – o non si è volutamente collocato – ai margini del sistema partitico del Parlamento europeo. Complessivamente, le scelte di voto dei deputati di Fratelli d’Italia riflettono maggiormente quelle del Ppe piuttosto che quelle degli europarlamentari di Id. In più di 7 voti su 10, Fratelli d’Italia vota con la maggioranza del Ppe; solamente in circa metà delle votazioni, Fratelli d’Italia si schiera con la maggioranza di Id. In aggiunta, la delegazione di Fratelli d’Italia è molto spesso parte della coalizione vincente all’interno del Parlamento. Sebbene le coalizioni vincenti siano spesso “grandi coalizioni”, e pur in assenza delle dinamiche tra governo e opposizione tipiche dei sistemi parlamentari, sorprende il tasso di partecipazione del partito di Giorgia Meloni alle scelte legislative e strategiche del Parlamento. Ad esempio, Fratelli d’Italia vota con la maggioranza in più di 7 voti su 10 in politica estera e sul bilancio comunitario.

Tuttavia, la nostra ricerca evidenzia un aspetto che consideriamo cruciale per comprendere appieno l’identità e il comportamento del partito nell’arena europea. Ovvero, la generale moderazione dimostrata dai “meloniani” nel corso dell’attuale legislatura europea ha come contrappeso la persistenza di un atteggiamento più radicale in specifiche aree di policy. Così, sui temi identitari e socioculturali, come ad esempio le politiche di genere e quelle ambientali, Fratelli d’Italia si trova più raramente tra i gruppi di maggioranza. Anche su temi che hanno a che fare con il processo di integrazione europea, in particolare sul rispetto dei valori dell’Unione e lo Stato di diritto, Fratelli d’Italia abbraccia spesso una posizione più dura, a supporto degli alleati del partito polacco Diritto e giustizia (la principale delegazione del gruppo Ecr) e dell’Ungheria di Viktor Orbán.

Su temi che hanno a che fare con il processo di integrazione europea, Fratelli d’Italia abbraccia spesso una posizione più dura, a supporto degli alleati del partito polacco Diritto e giustizia e dell’Ungheria di Viktor Orbán

Quali sono, quindi, le differenze tra Id ed Ecr? Sono queste tali da giustificare le diatribe delle ultime settimane all’interno della maggioranza di governo? Spiccano, tra queste, le questioni internazionali, dal conflitto tra Russia e Ucraina a quello più recente tra Israele e Palestina. Durante l’incontro a Firenze di qualche settimana fa, Tino Chrupalla, leader di AfD (Alternative für Deutschland), partito dell’estrema destra tedesca, ha categorizzato il conflitto in Ucraina come una guerra non “nostra”. In risposta, un esponente di spicco del governo, il ministro Francesco Lollobrigida, ha escluso la possibilità di alleanze “con chi è contro Kiev e Israele”, come dichiarato in un’intervista al “Corriere della Sera” del 4 dicembre scorso. Nonostante ciò, su tematiche altrettanto cruciali, come la questione immigrazione e il Green Deal, le divergenze si attenuano, se non scompaiono addirittura del tutto.

È possibile quindi ipotizzare un’eventuale convergenza di questi due gruppi, dati dai sondaggi in crescita vertiginosa all’imminente tornata elettorale europea? Sembra questa un’eventualità da escludere. Non solo a causa di questioni strategiche – alle delegazioni più numerose (tra cui proprio la Lega e FdI), che al momento godono di un’ampia influenza sulle dinamiche interne dei rispettivi gruppi, non risulterebbe vantaggioso convergere in un gruppo unico. Ma non converrebbe, del resto, anche a Meloni stessa, la quale deve parte della autorevolezza (faticosamente) acquisita sulla scena internazionale al fatto di essere presidente dell’euro-partito affiliato al gruppo Ecr. Una scelta del genere striderebbe infine anche da un punto di vista più sostanzialmente “politico”.

Esaminando le posizioni di voto adottate a Bruxelles, la nostra ricerca evidenzia che Ecr e Id rappresentano gruppi sì contigui sullo spettro politico ma comunque distinti. In altre parole, quanto stiamo osservando negli ultimi anni è l’evoluzione della destra europea, con l’emergere di due poli a destra del Ppe. Le elezioni europee della prossima primavera e la successiva legislatura ci forniranno ulteriori indicazioni su quale estremità del pendolo il gruppo Ecr, e con esso Fratelli d’Italia, inclinerà: verso quella più moderata vicina al Ppe o verso quella più radicale vicina a Id.