Una campagna elettorale all’insegna del «contro». Il primo luglio 2016 verrà ricordato come il giorno della «grande figuraccia dell’Austria». In quella data la Corte costituzionale austriaca aveva invalidato il ballottaggio delle elezioni presidenziali per «errori formali» nello scrutinio.

Il 24 aprile si era svolta la prima tornata elettorale. Poiché nessun candidato aveva raggiunto la maggioranza assoluta, il 22 maggio si era proceduto al ballottaggio che aveva visto prevalere sul filo di lana l’ex portavoce federale dei Verdi Alexander Van der Bellen sul candidato Norbert Hofer della Fpö, il partito populista nazional-liberale. Il distacco tra i due era stato di soli 31.000 voti (pari allo 0,3% del totale). E poi il ricorso della Fpö. Un nuovo ballottaggio si terrà fra due giorni, domenica 4 dicembre.

La campagna per la nuova tornata elettorale ha ricalcato quella precedente, ma con alcune differenze nell’accentuazione dei messaggi. I due candidati possono far sicuro affidamento solo sulle quote di elettori e simpatizzanti dei rispettivi partiti: un quarto per Van der Bellen e circa un terzo per Hofer. Gli altri consensi devono provenire da altri partiti, soprattutto dai due di governo: l’Spö (il Partito socialdemocratico) e l’ Övp (il Partito popolare). Per questo entrambi i candidati si sono rivolti specialmente all’elettorato conservatore, consapevoli che la maggioranza dei votanti avrebbe seguito la logica del «male minore»: votando Van der Bellen oppure Hofer per impedire in primo luogo l’elezione del concorrente.

I due candidati hanno dovuto quindi mettere in atto vari equilibrismi per non irritare i propri elettori di appartenenza avvicinandosi troppo ai desideri di altre culture politiche e per mobilitare soprattutto gli indecisi e i non votanti. Fino alla fine i sondaggi hanno fatto registrare uno scarto minimo nelle preferenze per i due candidati.

Van der Bellen ha ammiccato agli elettori conservatori presentandosi come austriaco consapevole dei valori patriottici, pur aperto verso il contesto europeo. Il motivo del radicamento patriottico non sembra comunque adattarsi perfettamente alla personalità cosmopolita dell’economista. Hofer, invece, ha fatto ricorso sui manifesti allo slogan «So wahr mit Got helfe» (che Dio mi aiuti), utilizzando un’ormai desueta formula di giuramento ufficiale. In tal modo ha ammiccato all’elettorato cattolico, nonostante il suo passaggio alla Chiesa evangelica, un paio d’anni fa, accompagnato da una polemica anticlericale contro la Chiesa ufficiale cattolica.

Van der Bellen ha cercato anche di far leva sul pericolo che, con l’elezione di Hofer, l’immagine internazionale dell’Austria possa indebolirsi per poi ritrovarsi in una situazione di isolamento politico, proprio come avvenne con la coalizione tra l’Övp e i nazional-liberali della Fpö (2000) e le conseguenti sanzioni dell’Unione europea contro l’Austria. Hofer dal canto suo ha rinfacciato all’avversario la sua giovanile simpatia per il comunismo.

Nella campagna elettorale di maggio Hofer, sull’onda del Brexit, aveva ventilato un possibile referendum per l’uscita dell’Austria dall’Unione (una cosiddetta «Öxit»); Van der Bellen ha messo in guardia dai rischi e dagli svantaggi economici che deriverebbero al Paese da un tale passo. A sua volta Hofer ha scelto di insistere sulla questione degli stranieri, uno dei cavalli di battaglia preferiti della destra populista, austriaca e non solo. Si tenga presente che il presidente del partito nazional-liberale Heinz Christian Strache ha parlato persino di un pericolo di guerra civile in Austria se dovesse continuare il flusso di stranieri.

Nell’ultima fase della campagna entrambi i candidati hanno mobilitato testimonial a proprio favore, e in questo campo Van der Bellen sembra essersi mosso meglio. L’ex ministro dei Popolari nonché Commissario Ue all’agricoltura Franz Fischler ha guidato una vasta campagna «anti-Öxit». Ma anche personaggi popolari – come ad esempio la vincitrice dell’Eurofestival (il famoso Song-Contest) del 2014, Conchita Wurst – si sono schierati a favore del candidato verde, mentre Hofer è sostenuto solo da singoli leader dei Popolari.

Alcuni già si domandano se tra i testimonial non possa rivelarsi decisiva l’ottantanovenne Gertrud, pensionata viennese sopravvissuta ad Auschwitz, che nel video postato sulla pagina Facebook di Van der Bellen denuncia i colpi bassi della campagna elettorale di Hofer. Riferendosi agli anni Trenta del secolo scorso, ricorda come già una volta in Austria dal «popolo» siano venute le cose peggiori, non le più nobili. In poco tempo il video ha avuto oltre tre milioni di visualizzazioni.