Le europee come ramoscello di ulivo. Creazione di due Stati per formalizzare la riunificazione di Cipro in "quadro europeo" e la possibilità per i turco-ciprioti di votare già alle prossime elezioni europee di maggio: sono i due elementi in base ai quali potrebbe finalmente partire una nuova era sul problema cipriota, irrisolto sin da quando nel 1974 in risposta a un tentativo di colpo di Stato ellenico, 50mila militari turchi invasero il 47% dell'isola. Rimanendovi fino a oggi.

Il Gruppo di crisi internazionale (International Crisis Group) propone una soluzione tecnica: l'idea è di creare due Stati ma con precisi rilievi nella parte greco-cipriota circa le proprietà che dal '74 sono state occupate dai turchi, senza dimenticare la delicatissima questione delle risorse naturali, presenti nel sottosuolo e già oggetto di un accordo tra Nicosia e Tel Aviv osteggiato platealmente da Ankara.

Secondo la bozza dell 'International Crisis Group (ICG) ogni accordo dovrà essere consensuale e supportato volontariamente da greco-ciprioti. Per ottenere l'accordo dei greco-ciprioti in uno Stato turco-cipriota indipendente, sia la Turchia sia i turco-ciprioti dovrebbero accettare di ritirare del tutto o quasi le truppe turche e abbandonare quindi il Trattato di Garanzia siglato nel 1960, per compensare i greco-ciprioti di oltre 2/3 della tenuta del Nord di loro appartenenza. Ciò si intreccia inevitabilmente con la strategica partita degli idrocarburi e tutto fa credere che alla base di una nuova forma di accordo ci potrebbe essere una sorta di do ut des, in base al quale mentre da un lato i greco-ciprioti ereditano la loro parte di costa sfruttabile (sottrattagli dai militari turchi nel 1974), dall'altro in cambio sosterranno l'ingresso dello Stato turco-cipriota nell'Ue.

Si tratta di un passaggio, quest'ultimo, sul quale non solo andranno approfondite le questioni burocratiche secondo i dettami di Bruxelles, ma sul quale si concentrano anche le maggior critiche alla bozza, dal momento che l'ingresso nella famiglia europea dello Stato turco-cipriota potrebbe essere visto come l'anticamera per quello della Turchia (anche se la stessa Ankara ha raffreddato la pista Ue), che ancora non sarebbe pronta a diventare europea, così come hanno dimostrato le recenti prese di posizione del premier Erdogan, tra l'uso della forza con cui ha reagito alle proteste di Gezi Park e la sua crociata contro i social network.

Intenzione primaria della bozza dell'ICG è quella di evitare un fallimento così come avvenne nel 2004 in occasione del Piano Annan, quando l'allora numero uno delle Nazioni Unite approntò una forma di accordo che venne poi bocciata dai greco-ciprioti con un referendum, in quanto palesemente favorevole alla parte turca, senza dimenticare l'ombra di un coinvolgimento personale del figlio di Annan, su cui ci furono dei sospetti diffusi da alcuni media circa la disponibilità di un'intera isola al largo della Turchia. Ragion per cui, al fine di evitare un altro stop and go, la comunità internazionale dovrebbe ripartire da alcune certezze.

Innanzitutto quella che secondo alcuni critici ha nella separazione dei due popoli, che di fatto hanno diversità in lingua, infrastrutture e parametri economici, un deterrente: in molti temono che una nuova amministrazione unificata possa essere una minaccia al tranquillo status quo. La parte invasa è di fatto sottosviluppata e può contare solo su nuovi resort che stanno sorgendo sulla costa settentrionale (la più bella morfologicamente). Secondo l'ICG un nuovo approccio realistico potrebbe essere il modo migliore per approfittare di nuova volontà politica delle due parti a una soluzione condivisa.

Ma la maggioranza greco-cipriota rimane del tutto contraria a una partizione formale, dal momento che nel 1974 è andata in scena una vera e propria invasione, con i 50mila militari turchi (ancora presenti in loco) che in questi quarant'anni hanno provveduto alla distruzione colposa di tutti i simboli che non appartenessero alla religione islamica, con perfino un cimitero maronita devastato dai carri armati così come dimostrato dal volume di Haralambos Chotzakoglou, docente di Byzantine Art and Archaeology all’Hellenic Open University di Atene e al Museum of Kykkos Monastery di Cipro, Monumenti religiosi nella parte di Cipro occupata dalla Turchia – Fatti e testimonianze di una continua distruzione, tradotto anche in italiano.

Al momento, secondo fonti dei funzionari coinvolti nel tour di colloqui su una possibile riunificazione andati in scena il mese scorso, emerge una volontà comune di immaginare una federazione, anche se non mancano i punti di domanda come quelli relativi ai tempi e alla reale volontà delle parti, dal momento che solo i colloqui circa la dichiarazione di apertura dei negoziati si è trascinata per cinque mesi. Lo scetticismo è alto anche in riferimento allo sfruttamento degli idrocarburi, su cui Nicosia ha da tempo trovato un accordo di collaborazione comune con Tel Aviv che non è stato digerito da Ankara.

Il tutto mentre la Camera dei rappresentanti di Cipro ha deciso che alle prossime elezioni per il Parlamento europeo potranno partecipare i turco-ciprioti iscritti nell’anagrafe della Repubblica. In tutto 95mila cittadini di lingua turca e religione musulmana con diritto di voto. Se il buongiorno si vede dal mattino, potremmo essere vicini a una nuova era dopo i fatti del 1974.