La sfida del futuro? Da una parte Matteo Renzi, che si incamera il bagno di folla e di consensi per la nuova Leopolda; dall’altra Beppe Grillo, che tuona prima al Senato e poi alla Camera contro tutto e contro tutti. Con Monti in disarmo e Berlusconi in piena difficoltà, sembrano i primi due a rappresentare oggi i veri punti di riferimento dell’elettorato italiano. E non se le mandano a dire.

Per il leader del Movimento 5 stelle, Renzi era “l’ebetino di Firenze”, il “carrierista” per antonomasia. Ora è diventato “un cartone animato”; lo chiamano copia-e-disincolla. Lui copia e dice: “se noi facciamo le cose che fa Grillo, Grillo non esisterebbe”.

Per il sindaco di Firenze, Grillo è un venditore di fumo, senza arrosto. E continua: “un governo che faccia quel che deve fare e poi al voto. E basta inseguire Grillo, l'agenda la dobbiamo dettare noi”.

È possibile che, con il partito del cavaliere alla ricerca di nuovi o nuove leader, sarà questa la vera sfida del futuro: Renzi, a capo di qualcosa che assomiglia al centrosinistra attuale (senza trattino), contro Grillo, profeta indiscusso di quel movimento magmatico e multiforme delle 5 stelle. Entrambi peraltro con qualche problema che devono affrontare e risolvere rapidamente.

Il sindaco di Firenze, comunque oggi il leader più amato dalla popolazione (con un tasso di fiducia superiore al 50%), deve riuscire a superare 2 prove. La prima è legata alle numerose critiche, soprattutto interne al Pd, che lo equiparano ad un nuovo piccolo Berlusconi, quanto meno per il tipo di comunicazione che adotta; un contenitore vuoto, soltanto parole senza contenuto, programmi inesistenti, e così via.

La seconda è quasi l’esatto opposto, cioè quella di star diventando, giorno dopo giorno, il ricettacolo di coloro che, visto il suo possibile successo, tentano oggi di salire sul carro del futuro vincitore, tentando addirittura di condurre truppe cammellate, nelle primarie locali, per accreditarsi preventivamente ai suoi occhi. Si chiama “effetto bandwagon”, ed è quello che era capitato nel2001 inparticolare in Sicilia, quando il capo di Forza Italia ottenne l’en plein in tutti i collegi. Anche in questi giorni, in concomitanza con la Leopolda, non si contano le occasioni in cui – a livello locale o centrale – gli antichi avversari mutano casacca, e si affiliano al probabile nuovo segretario del Pd e in futuro, chissà, al candidato premier della coalizione.

Per Renzi non sarà comunque facile riportare gli antichi elettori a credere di nuovo nel partito, sia pur in via di rinnovamento. Sebbene molto ben considerato dall’opinione pubblica, farà anche lui fatica, se ne diverrà il nuovo leader, a ridare le speranze perdute nel Pd.

L’ex-comico genovese, da parte sua, ha anche lui buon gioco nello stigmatizzare l’attuale governo guidato da Letta come il consueto proseguimento dei tradizionali giochi tra politici, incuranti dell’anatema che li ha colpiti nelle ultime elezioni, con il loro drastico ridimensionamento. Ma ha a sua volta un evidente nodo da risolvere, che riguarda il percorso di fidelizzazione di quegli elettori che gli hanno dato un consenso, alle scorse politiche, più sulla base delle sue invettive contro la casta che per le proposte politiche di reale mutamento del paese. Come si è recentemente notato in tutte le amministrative, da Roma al Friuli, fino alla recente consultazione trentina: una parte significativa di chi aveva votato M5S a febbraio non ha ribadito il suo voto, molti di loro si sono astenuti, sono tornati a quella indifferenza nei confronti della politica che li aveva caratterizzati prima della discesa in campo di Grillo. Complici gli stessi eletti del Movimento, che non sono parsi avere idee molto chiare sul governo del paese e sul percorso da effettuare per giungere a governare. Scarse competenze, difficoltose elaborazioni, linee di comportamento ondivaghe non sono stati segnali utili a cementare una scelta giunta da numerose anime, in cerca di un collante più solido, al di là del comune distacco anti-partitico.

E comunque il duello tra Renzi e Grillo già inizia a proiettarsi sul futuro della nostra politica. Entrambi sono ben consci di essere loro i veri antagonisti, nei prossimi mesi che condurranno a nuove elezioni, nella perdurante incapacità degli altri leader – con Berlusconi in scadenza - di divenire punto di riferimento di un elettorato deluso un po’ da tutti, senza più partiti di riferimento. Almeno per ora. Sono gli unici che riescono a scaldare le folle, che riescono a proporre una prospettiva (certo, a volte solamente utopica) al dissesto delle forze politiche, a ridare agli elettori il sogno di un cambiamento delle forme e delle modalità di avvicinarsi alla politica stessa. È ovvio che, con rispetto parlando, nessuno di loro è un nuovo Bob Kennedy, e neppure un Obama, e nemmeno un nuovo Blair. Ma noi italiani dobbiamo un poco accontentarci. Questo è quello che passa il convento: il simbolo di un declino politico che dura da almeno trent’anni. Un giorno, certamente, ci risolleveremo.


"Questioni Primarie" è un progetto di Candidate & Leader Selection e dell'Osservatorio sulla Comunicazione Politica dell'Università di Torino, realizzato in collaborazione con rivistailmulino.it. In vista delle primarie del Pd, ogni settimana, sino all'8 dicembre, verranno ripresi contributi pubblicati nell'ambito dell'iniziativa tutti disponibili anche in pdf sul sito di Candidate & Leader Selection. Questa settimana contributi di Stefano Rombi, Antonella Seddone, Paolo Natale, Fulvio Venturino, Marino De Luca, Luciano Fasano.