La coalizione di centrodestra ha perso circa 9 milioni di voti, uscendo quasi dimezzata rispetto al 2008. Il Partito democratico ha perso circa 3 milioni e mezzo di voti, quasi un quarto in meno di quelli presi Veltroni (e 3 milioni in meno di quelli presi da Occhetto). Che cosa è successo? 

Il Partito democratico si ritrova di nuovo accerchiato nelle regioni rosse. Secondo l’analisi di Matteo Cavallaro su YouTrend, le dieci province in cui il Pd è più forte sono tutte comprese tra Toscana ed Emilia-Romagna, mentre nel Sud tutto il centrosinistra arriva appena al 25% dei consensi. Il Pd ha perso meno voti nei grandi centri urbani (dove Berlusconi ha perso di più) ed è crollato maggiormente nei centri urbani medio-piccoli (tra i 15.000 e i 100.000 abitanti). In termini di voti reali le grandi province del Nord restano al centrosinistra soltanto grazie ai risultati delle metropoli; nelle cittadine di provincia in cui vivono due terzi degli italiani (quelle sotto i 50.000 abitanti), invece, il centrodestra raccoglie ancora il 31% dei consensi, contro il 28% del centrosinistra e il 25% di Grillo.

La sconfitta di Bersani ha un parallelo in quella del laburista inglese Neil Kinnock nel 1992: dato in testa da tutti i sondaggi dopo il collasso della Thatcher, Kinnock fece una campagna elettorale di consolidamento del consenso che non convinse il cuore del Paese, i piccoli centri urbani. Passò alla storia il suo “We’re all right!”, gridato come fosse una rockstar a una folla di militanti in visibilio. Lo scherzo divenne uno slogan, e i laburisti diedero per scontata la vittoria perdendo però per la quarta volta di fila.

Dove sono finiti i voti? Soprattutto nel Movimento di Grillo (8 milioni e mezzo) e, in misura minore, nella lista Monti (2 milioni e mezzo). Sulla mappa elettorale di YouTrend il M5s appare come un vero e proprio partito nazionale forte sia al Nord che al Sud (mappa), ma i picchi di consenso sono nei comuni in cui il centrosinistra ha perso di più (mappa).

In Lombardia, in Puglia e nelle Marche il crollo del centrosinistra coincide in buona parte con il successo di Grillo. Un’eccezione in questo senso è il Veneto, dove Grillo ha risucchiato soprattutto i voti della Lega e il Pd ha avuto un risultato meno negativo della media (-8%).

L’errore più grande, ora, consisterebbe nel credere che il M5s sia un’esuberanza passeggera, come alcuni dissero di Berlusconi nel 1994; non è così, e Grillo si è già rivelato molto più scaltro di quanto non si pensasse. Con il vantaggio di cui dispone Berlusconi in regioni chiave (+6% in Puglia, +9% in Campania, +7% il Lombardia, +8% in Veneto), anche con nuove elezioni non ci sarebbe una maggioranza in Parlamento, poiché nessun sistema elettorale può dare la maggioranza parlamentare a una coalizione votata da meno di un terzo degli italiani. Come fecero i laburisti dopo il 1992 con i conservatori, il centrosinistra deve finalmente sfidare i grillini sul loro terreno, anziché cercare di rieducarli. Ma da cosa incominciare?

Primo. È ormai chiaro che l’Italia ha bisogno di nuove leggi sui costi della politica e sulla corruzione. Ripensare il finanziamento pubblico ai partiti è un buon inizio, ma ancora più importante delle singole policies è far passare l’idea che a proporre l’agenda sia il Pd, che non segue al traino dei populisti. È questa percezione a fare tutta la differenza, dal momento che oggi è molto meglio rischiare di andare troppo forte che restare fermi ed essere travolti.

Secondo. Il centrosinistra deve rivolgersi direttamente a un’Italia che non ha più appartenenze politiche “a vita” e che non si sente rappresentata dalla società civile organizzata (sindacati o unioni industriali). Grillo ha successo perché si rivolge direttamente agli elettori, senza intermediazioni, dalla rete alle piazze. Il prossimo governo, per esempio, potrebbe aprire un portale per le petizioni on-line impegnandosi a rispondere a quelle che ricevono più sostegno, esattamente come fa l’amministrazione Obama sul sito “We Are the People”.

I più critici risponderanno che gli stipendi dei parlamentari e le petizioni online sono poco più che una facciata, e che occupazione e crescita restano la vera emergenza. Hanno certamente ragione: l’Italia è in una spirale depressiva senza precedenti.; ma la situazione di stallo è così profonda che il centrosinistra deve ripartire dalle basi: dalla fiducia. Solo dando l’esempio si può ristabilire la fiducia verso la democrazia rappresentativa, e in questo momento ricreare fiducia è più importante di qualsiasi programma politico. È la precondizione per cambiare il Paese, ed è la nostra ultima chance.