editoriale
Apriamo con Avishai Margalit e la sua tesi originale e profonda, che fa riflettere se si pensa all’Europa e all’assenza di un demos europeo: la vera libertà si può esercitare solo quando «ci si sente a casa», nel proprio Paese. Al voto per il rinnovo del Parlamento europeo dedichiamo diversi articoli importanti (uno dei quali scaricabile liberamente), ma ci torneremo sopra nel corso del semestre italiano. Tra gli altri contributi, segnaliamo Emanuela Ceva e Maria Paola Ferretti sull’obiezione di coscienza dei medici all’interruzione di gravidanza (l’analisi è spietata) e Gabriele Della Morte sul sovraffollamento delle carceri. Nella sezione monografica intitolata Statalisti? Florio e Onida discutono un appassionato articolo di Mariana Mazzucato. Un cenno almeno meritano l’intervento di Ugo Cardinale, che denuncia L’equivoco del neo-umanesimo, in polemica con un precedente saggio di Asor Rosa, Esposito e Galli della Loggia, e il “profilo” di Ezio Raimondi che abbiamo chiesto ad Andrea Battistini, cui si aggiunge il ricordo personale di Ugo Berti.
Il saggio d’apertura di Francesco Tuccari è una guida densa ed efficace alle ragioni profonde della crisi attuale; ad esso sono utili complementi l’articolo sul ritorno della diseguaglianza di Melloni e Soci e la recensione di Magali Sarfatti Larson all’importante libro di Block e Somers su The Power of Market Fundamentalism.
Il saggio d’apertura di J.H.H. Weiler chiarisce subito una verità drammatica: sta crollando un quadro relativamente stabile e prevedibile di rapporti di forza internazionali. E non sono good news per noi europei.
I lettori avranno tra le mani la rivista dopo le ferie estive, mentre questo editoriale viene scritto prima: ci auguriamo che il clima sarà allora cambiato, perché quello che si percepisce adesso, e trapela da questo numero, non è certo entusiasmante.
Con le elezioni europee quest’anno è in gioco qualcosa di più importante del solito: un censimento pro o contro il tentativo di procedere e insistere sulla strada dell’unità europea. È in questo modo che gli autori degli articoli europei qui presentati leggono la crisi del grande progetto di Unione.
Il numero è aperto da un saggio di Michele Salvati che, richiamandosi ironicamente ai vecchi standard da congresso di partito, tenta quella che si sarebbe detta un tempo l’«analisi della fase».