editoriale
Il saggio d’apertura di J.H.H. Weiler chiarisce subito una verità drammatica: sta crollando un quadro relativamente stabile e prevedibile di rapporti di forza internazionali. E non sono good news per noi europei. Europei alle prese con l’irresolubile problema della loro Unione: in questo numero Piergiorgio Gawronski se la prende con uno dei suoi snodi centrali, la Banca, e Macroeconomicus ne tempera l’impeto polemico.
Ma veniamo all’Italia, e, in primis ad analisi esplicitamente politiche: Paolo Pombeni torna su Matteo Renzi con una analisi storicamente approfondita, alla fine della quale egli paventa che, nonostante la spinta del leader, possa prevalere la viscosità del sistema politico ereditata dalla fine della Prima Repubblica. I due Pasquino, Gianfranco e Pasquale, affrontano il tema delle riforme istituzionali promosse dal governo: in modo più lineare e con sostanziale approvazione Pasquale; accentuando aporie, sbavature e approssimazioni Gianfranco. Appartengono agli aspetti politici del «caso italiano» anche le riflessioni ospitate nelle rubriche «Cattaneo ricerca» e «confronto»: un’analisi esauriente e precisa della presenza femminile nei consigli comunali e regionali (Biancalana e Regalia) e un dialogo sul perché i sondaggisti italiani hanno così clamorosamente fallito nelle ultime elezioni (Corbetta e Callegaro).
Riguardano ancora la storia italiana i due articoli delle rubriche «l’anno scorso a Marienbad» e «repliche». Storia recente il bell’intervento di Marcello Flores che prende spunto dal film di Veltroni su Berlinguer; storia recente e soprattutto lontana la replica di Emanuele Felice alle critiche che, nel numero scorso, D’Antone, Federico, Giannetti e Toninelli avevano rivolto al suo libro, Perché il Sud è rimasto indietro.
È iniziato l’anno scolastico e la scuola è, da sempre, uno dei nostri temi preferiti. Quattro pezzi raccolti sotto un «lessico scolastico», per iniziare un percorso di attenzione che continuerà durante l’anno. Va poi citato – ché l’Università è scuola – il saggio di Maurizio Bettini, Dal palio di Siena alle abilitazioni universitarie: un lavoro di tale saggezza, brio e qualità di scrittura che anche i non accademici potranno leggerlo con profitto e diletto.
Il saggio d’apertura di Francesco Tuccari è una guida densa ed efficace alle ragioni profonde della crisi attuale; ad esso sono utili complementi l’articolo sul ritorno della diseguaglianza di Melloni e Soci e la recensione di Magali Sarfatti Larson all’importante libro di Block e Somers su The Power of Market Fundamentalism.
I lettori avranno tra le mani la rivista dopo le ferie estive, mentre questo editoriale viene scritto prima: ci auguriamo che il clima sarà allora cambiato, perché quello che si percepisce adesso, e trapela da questo numero, non è certo entusiasmante.
Apriamo con Avishai Margalit e la sua tesi originale e profonda, che fa riflettere se si pensa all’Europa e all’assenza di un demos europeo: la vera libertà si può esercitare solo quando «ci si sente a casa», nel proprio Paese.
Con le elezioni europee quest’anno è in gioco qualcosa di più importante del solito: un censimento pro o contro il tentativo di procedere e insistere sulla strada dell’unità europea. È in questo modo che gli autori degli articoli europei qui presentati leggono la crisi del grande progetto di Unione.
Il numero è aperto da un saggio di Michele Salvati che, richiamandosi ironicamente ai vecchi standard da congresso di partito, tenta quella che si sarebbe detta un tempo l’«analisi della fase».