Nel 1993 il 16 per cento degli italiani aveva 65 anni o più, circa il 4 per cento 80 o più. Queste quote, oggi, sono salite rispettivamente al 20 e al 6 per cento e, secondo le ultime proiezioni demografiche dell’Istat, raggiungeranno il 33 e il 13,5 per cento nel 2050. L’invecchiamento della popolazione, che riflette il calo delle nascite e l’allungamento della vita media, ha implicazioni importanti per l’economia. Senza scendere in dettagli, per mantenere l’equilibrio macroeconomico occorre quindi lavorare più a lungo e in più persone, a meno di poter contare su un sufficiente aumento della produttività per ora di lavoro [i].
Il prevedibile calo dell’offerta di lavoro potrà essere compensato solo con un prolungamento della vita lavorativa, salvo ipotizzare un’insostenibile accelerazione dei flussi migratori. Le stime dell’Istat già incorporano un afflusso netto di immigrati di oltre 170.000 unità all’anno nei prossimi quarant’anni. Nel 2050 gli stranieri residenti supererebbero i 10,5 milioni, oltre il 17 per cento della popolazione totale. Si stima che, comprendendo anche le seconde generazioni, circa il 37 per cento delle persone di età compresa tra i 15 e i 54 anni sarà nato all’estero o in Italia da genitori immigrati.
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